Carlo Carrà è a Palazzo Reale di Milano con una grande antologica. La mostra ripercorre l’intero percorso pittorico dell’artista: dal Divisionismo al Futurismo, dalla Metafisica al Primitivismo. Dal 4 ottobre al 3 febbraio.
“Per lo spirito non esistono contraddizioni, ma trasformazioni e sviluppi; mutare una direzione in arte non significa rinnegare tutto il passato, bensì allargarlo fino a compenetrarlo con un altro concetto estetico, scoprire nuovi rapporti ignoti, aprire meglio gli occhi per comprendere meglio una somma maggiore di realtà”
Carlo Carrà
Una citazione questa che valeva ieri come difesa dalle critiche che lo volevano semplice epigono, che vale oggi come precisa introduzione all’esposizione che vede Carlo Carrà protagonista a Palazzo Reale di Milano. Il pittore trova infatti la propria misura stilistica nella variazione dello stile e degli approcci, lasciandosi di volta in volta trascinare appassionatamente, ma con piena coscienza, dalla corrente che più lo incuriosiva.
I primi successi sgorgano dai tumultuosi anni futuristi, dove con Boccioni e Marinetti partecipa alla stesura del manifesto del movimento. La transizione dalla pennellata divisionista alla convulsa resa visiva viene colta da Carrà per le strade di Milano. Specialmente la notte è foriera di lampeggianti ispirazione scomposte e ricomposte secondo i binari impazziti della simultaneità. Fuori da teatro o sul tram, l’artista intravede la possibilità di cogliere l’avvolgente attimo che in un istante si consuma, estendendo la sua vita tramite concetti e soluzioni cubiste.
Poi Ferrara, come fu per De Chirico, è covo di fantasmi e misteri da svelare lentamente, e mai completamente. Il desiderio di suturare realtà fisica e pensiero intellettuale prende il sopravvento sulle forme frenetiche, che si rilassano rientrando nel canone del realismo. Ma un realismo magico, la cui essenza è il trascendentalismo plastico caro alla Metafisica, ma che Carrà trascina anche nei paesaggi che dipingerà quando deciderà di essere “solo se stesso”. Ogni oggetti, il mare, il cielo, il celebre pino, la figura umana sono frutto di una visione mitizzante e poetica che riesce a trasformare la contingenza in assoluto.
L’inverosimiglianza delle sue visioni è il primo strumento di sospensione della realtà, che piano piano si ammanta di un patina di ambiguità e incertezza. Una condizione straniante e feconda, una linea di confine tra onirico e reale. Un terreno solo a bagliori esistente, in cui regnano dicotomie come concretezza/irrealtà, coscienza/incoscienza, visibile/invisibile, presenza/assenza, vissuto/immaginato.
Tra le pieghe del suo mutare artistico, invariato rimane lo spessore umano dell’uomo dietro al pittore. Contenuti video, audio, documenti originale e testi poetici e critici dello stesso Carrà rendono l’idea della persona dietro il pennello. Idea che come un testamento si condensa negli autoritratti che concludono la vita e la mostra di Carlo Carrà.