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Dipingere ciò che si vive. Vivere ciò che si dipinge. Da Kirchner a Otto Dix, la Germania d’inizio 900 a Parma

Occhi neri (1912), Olio su tela e carta
Wassily Kandinsky, Case a Monaco, 1908, Olio su tela, © Von der Heydt-Museum Wuppertal / Photo: Antje Zeis-Loi, Medienzentrum Wuppertal
Wassily Kandinsky, Case a Monaco, 1908, Olio su tela, © Von der Heydt-Museum Wuppertal / Photo: Antje Zeis-Loi, Medienzentrum Wuppertal

Da Emil Nolde a Otto Dix, 40 opere dal Von der Heydt Museum di Wuppertal per ripercorrere la storia dell’arte tedesca di inizio Novecento, a Parma.

“L’espressionismo è un’estasi oltraggiosa della mente”. Con questa frase di Paul Ferdinand Schmidt si apre la mostra Dall’Espressionismo alla Nuova Oggettività. Avanguardia in Germania, ospitata dal Palazzo del Governatore di Parma dal 10 novembre 2018 al 24 febbraio 2019. Come preannunciato dal titolo, l’esposizione segue gli sviluppi dell’arte tedesca dall’inizio del secolo scorso agli anni del primo dopoguerra, intervallo temporale in cui clima di crescente tensione ha determinato -nel mondo dell’arte come in ogni altro aspetto della società- una netta cesura con ciò che era stato prima.

Le opere esposte, provenienti dal Von der Heydt Museum di Wuppertal (Germania), ripercorrono la nascita dell’Espressionismo e la sua successiva evoluzione nella cosiddetta Nuova Oggettività, entrambe tendenze figlie di una nazione e di un’epoca ben precise, in cui i fantasmi sono stati tanti.

Germania, inizio Novecento. Due gruppi di artisti. Il primo riunito a Dresda sotto il nome di “Die Brüke” (Il Ponte). Il secondo a Monaco con quello di “Die Blaue Reiter” (Il Cavaliere Azzurro). Entrambi rinnegano la rigida oggettività dell’arte fino ad allora in voga. Inizia la rivalsa dell’interiorità sulla realisticità, le forme diventano astratte, i colori forti. Saturi. Nasce l’Espressionismo, termine che Lorand Hegyi, uno dei curatori, definisce come una nuova consapevolezza verso la vita più che un semplice modo di “fare pittura”.

Contrariamente all’Impressionismo, che si limitava a descrivere la forma esteriore delle cose, gli intellettuali espressionisti vogliono scavare nell’interiorità dell’uomo, alla ricerca di una relazione immediata con la natura. Lo scopo non è rappresentare la realtà quale è, ma imprimere su tela i sentimenti che essa suscita.

La spiritualità è ciò che guida sia mano dell’artista che la sua vita. Due cose che vanno di pari passo: si dipinge ciò che si vive, si vive ciò che si dipinge. L’esito è una pittura materica, che da una voce e una faccia al dolore, alla sensualità, alla vita in tutta la sua crudezza. Si vede nelle pennellate dense de Ragazza con gonna rossa di Adolf Erblösh, nella giustapposizione di colori che Alexej von Jawlensky fa in Occhi Neri, nella durezza delle xilografie di Heckel, i cui tratti marcati sembrano essere stati tracciati da artigli aguzzi che hanno trapassato la superficie della tela.

Adolf Erbslöh, Ragazza con gonna rossa (1910), olio su cartoncino

La ricerca della spiritualità fa nascere negli espressionisti una sensazione di sintonia con l’arte delle popolazioni primitive, tanto che alcuni artisti -tra cui Kirchner- si recano più volte al museo etnografico di Dresda per studiarne la produzione. Le tribù antiche sono viste come portatrici di una purezza interiore che ha permesso loro di creare un’arte priva di eccessi, potente nelle forme e nei colori.

Erich Heckel, Bambini sulla panchina (1910), xilografia

Con il passare degli anni il contesto storico cambia. E con esso cambia anche l’arte. Nel 1911 molti artisti si trasferiscono a Berlino, la cui realtà cittadina li investe con le sue folle anonime e le grandiose architetture. L’impatto con la vita moderna, sommato all’influsso delle altre avanguardie dell’epoca (Futurismo, Cubismo, Fauvismo), determina un cambiamento di rotta, dalla pura spiritualità alla riflessione sui grandi temi della modernità: le macchine, l’alienazione quotidiana, la brutalità della guerra. Otto Dix, Max Beckmann, Gerd Arntz sono tra gli interpreti di questa tendenza: ancora mossi da una passione espressionista, a differenza della generazione che li ha preceduti danno un’interpretazione più fredda e impersonale della realtà, dove gli uomini stessi sono quasi ridotti a macchine.

Gerd Arntz, Tre figure (1931), olio su tela

Parma, Capitale della Cultura 2020, con questo evento inizia a collocarsi in un’ottica di rinnovamento culturale, aprendosi all’arte contemporanea e alla collaborazione internazionale. Oltre a questo, la mostra ha il merito di non concentrarsi unicamente su nomi universalmente noti, come Kandinsky o Beckmann, ma di portare anche notevoli esempi di artisti meno conosciuti (Werner Gilles, Georg Schrimpf e Karl Hofer, solo per citarne alcuni).

Essendo stato l’espressionismo un fenomeno che andò ben oltre i confini della scena pittorica, nel percorso sono inclusi anche riferimenti all’architettura, alla musica, alla letteratura. E al cinema: la visita si conclude con un video che mette insieme spezzoni di grandi film espressionisti, dal Gabinetto del Dottor Caligaris a M-il mostro di Düsseldorf.

Informazioni utili: http://www.comune.parma.it/notizie/news/CULTURA/2018-10-01/DallEspressionismo-alla-Nuova-Oggettivita-1.aspx

Occhi neri (1912), Olio su tela e carta
Carl Grossberg, Sala macchine, 1925, Olio su tela, © Von der Heydt-Museum Wuppertal / Photo: Antje Zeis-Loi, Medienzentrum Wuppertal
Carl Grossberg, Sala macchine, 1925, Olio su tela, © Von der Heydt-Museum Wuppertal / Photo: Antje Zeis-Loi, Medienzentrum Wuppertal
Ernst Ludwig Kirchner, Natura morta con brocca, 1912, Olio su tela, © Von der Heydt-Museum Wuppertal / Photo: Antje Zeis-Loi, Medienzentrum Wuppertal
Ernst Ludwig Kirchner, Natura morta con brocca, 1912, Olio su tela, © Von der Heydt-Museum Wuppertal / Photo: Antje Zeis-Loi, Medienzentrum Wuppertal
Ernst Ludwig Kirchner, Giocatore di biliardo (1914), litografia su carta gialla

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