Colette, Keira Knightley al cinema nei panni della scrittrice francese simbolo rivoluzionario della Belle Époque
Colette, il biopic diretto da Wash Westmoreland (Still Alice, La Quinceañera), dopo esser stato presentato in anteprima al Torino Film Festival 36, arriva al cinema dal 6 dicembre. Protagonista, nei panni della scrittrice francese per antonomasia, Keira Knightley (Espiazione, Anna Karenina, The Imitation Game).
Periodo d’oro per le scrittrici al cinema, figure perfette per descrivere la lotta al patriarcato. «Le scrittrici non vendono!», tuona Willy (al secolo Henry Gauthier-Villars), il marito di Colette, durante una lite. Motivo per il quale i primi romanzi di Colette, quelli del ciclo di Claudine, vennero pubblicati a nome di Willy. Problemi simili ha dovuto affrontare Mary Shelley prima di riuscire a pubblicare Frankenstein a proprio nome (la primissima edizione fu pubblicata anonima, con prefazione del marito, il poeta Percy Shelley – era insomma necessaria la garanzia di un uomo, un sigillo di qualità).
Stesse tribolazioni, sebbene in questo caso si tratti di fiction e non di biopic, quelle al centro di The Wife, dove Glenn Close interpreta la ghost writer del marito (ancora una volta un matrimonio disfunzionale) – dall’omonimo romanzo di Meg Wolitzmer, con capacità di analisi e descrizione ben superiori a quelle del film (Glenn Close è memorabile, come sempre, ma non può far tutto lei). Quella di Colette è stata una figura complessa, dalla biografia vivace e articolata – da far girare la testa (di gioia o di scoramento) a qualsiasi aspirante biografo. È stata scrittrice, giornalista, attrice teatrale e make-up artist, fuggita dalla campagna con un matrimonio in giovane età è arrivata fino alla nomination al Nobel (nel 1948, perdendo però contro Thomas Stearns Eliot).
Il film di Westmoreland si concentra sulla primissima parte della carriera di Colette, quella all’ombra del primo marito, Willy, fino al momento della sua emancipazione letteraria, quando avrà inizio una vera e propria carriera come autrice riconosciuta, stimata e -soprattutto- vendutissima. È la storia di un’autrice che spezza le sue catene di schiava letteraria.
Il film affronta in maniera leggere il mondo di Colette, restituendolo quello che si presuppone dovrebbe essere il tono dei suoi romanzi (spesso erroneamente identificati come “rosa”), pieni di vita, di avventure, amori, drammi e passioni, ma sempre tratteggiati con grazia e toni piacevoli – tralasciando però l’energia eccentrica e sovversiva che pervade la sua opera letteraria. Si sofferma sulla genesi del talento fiorito assieme all’indipendenza della protagonista, che si emancipa da un mondo che le permetteva di essere libera, sì, ma solo a certune condizioni.
Colette, dall’animo rivoluzionario e anarchico, decide di riscrivere da sé le proprie regole. Da ragazza di campagna diventa donna di mondo, di fronte a un sogno d’amore andato in frantumi si ridesta padrona di sé stessa. La pellicola racconta il risveglio di Colette soprattutto in funzione del matrimonio con Willy, tradimenti e imposizioni fanno da lente d’ingrandimento -segnali rivelatori- su come gira e il mondo e servono da carburante per la scoperta del talento multiforme di Colette. Il film sceglie una via che favorisce una lettura contemporanea (la lotta al patriarcato™) piuttosto che tentare di restituire la complessità e le contraddizioni insite nella Belle Époque. La narrazione scorre via liscia, senza imprevisti, sussulti o sorprese, è un film sontuoso e poco audace. Wash Westmoreland, da regista scalcagnato e oltraggioso (sua una parodia porno gay di The Ring, tra i vari) è diventato quello che con film innocui accompagna per mano attrici brave e laboriose verso gli Oscar (già è successo per Julianne Moore con Still Alice, e potrebbe succedere di nuovo con Keira Knightley).
L’eccentricità di Colette, nel film, sta tutta nello scoprire il suo lato lesbo e nell’intrecciare una relazione con la marchesa Mathilde de Morny, Missy, che oggi diremmo drag king, si dà poi, per allontanarsi da Willy, al teatro e alle pantomime (dando scandalo anche al Moulin Rouge). Dopodiché accadranno tante altre cose che in questo biopic non si vedono: Missy finirà malissimo, per Colette ci sarà un secondo matrimonio, una figlia trascurata e una relazione con il figliastro minorenne (lui aveva 16 anni e lei 47), e un’alacre attività editoriale, ma in un solo film non poteva starci tutto.