Nella Sala delle Canonizzazioni della Galleria Corsini a Roma è in corso la mostra “Guido Reni, i Barberini e i Corsini“. Fino al 17 febbraio 2019.
Raggiungiamo il curatore Stefano Pierguidi: “Perché oggi questa mostra? Cosa la rende attuale”?
Sono convinto -risponde- che il pubblico d’oggi può essere affascinato da qualcosa di sorprendente come le traduzioni a mosaico e ad arazzo di un quadro o dal vedere un affresco staccato ovvero delle opere dipinte su supporti non consueti; quindi non semplicemente le tradizionali tele, senza chiaramente ad esse nulla togliere.
Una mostra, dunque, che mette il focus sullo sperimentalismo tecnico degli artisti del passato, in questo caso di Guido Reni; che ci mostra come dal dipinto si passi al mosaico e come venissero realizzate opere figurative su rame, ad arazzo ed anche, a volte, staccando degli affreschi per conservare, come se fossero quadri, dei pezzi di muro, come si può ammirare nella seconda stanza. Cuore della mostra, un’opera relativamente poco conosciuta di Reni, La visione di Sant’Andrea Corsini realizzata in occasione della canonizzazione -avvenuta nel 1629, durante il pontificato di Urbano VIII Barberini- del nobile vescovo fiorentino vissuto nel Trecento. Per l’occorrenza, i Corsini fecero omaggio al Papa di questa tela, commissionandola al suo pittore prediletto, Guido Reni appunto.
Quando, un secolo dopo, salirà al soglio pontificio un Corsini col nome di Clemente XII, verrà incaricato il pittore più accreditato, Agostino Masucci -un artista oggi dimenticato ma in vita celebre in tutta Europa soprattutto come ritrattista- di realizzare una copia ingrandita (presente in mostra) dello stesso dipinto finalizzata alla traduzione in mosaico (ad opera di Pietro Paolo Cristofari per la Basilica di San Giovanni in Laterano).
Una mostra complessa che narra due secoli di storia dell’arte intrecciati alle vicende di due grandi famiglie gentilizie -i Corsini e i Barberini– tra committenza encomiastica e sperimentazione estetica.
Diversi gli spunti offerti: Reni sperimentatore di tecniche diverse; il focus inusuale su Agostino Masucci; la fortuna di Reni nel ‘700 documentata nella saletta attigua aperta per l’occasione che aduna opere realizzate con tecniche e materiali differenti; la messa a confronto di dipinti originali con la propria copia ad olio o a mosaico.
Non possiamo concludere senza una breve incursione nell’altra prestigiosa sede del museo, quella di Palazzo Barberini, che raggiungiamo di buon passo per cogliere appena qualche suggestione dalle due piccole e preziose mostre ancora in corso, entrambe allestite nelle sale al pianterreno. Leggiamo il pannello nella prima sala: Gotico americano. I maestri della Madonna Straus. Si tratta in realtà di gotico italiano da collezione americana: tre tavole devozionali d’identico soggetto (la Madonna col Bambino): due provenienti dal Museum of Fine Arts di Houston, la terza appartenente alla collezione permanente del museo.
Si ha come l’impressione che la personalità dell’artista recedesse dinanzi all’esigenza di realizzare l’opera secondo principi e regole “archetipali”, un atteggiamento estetico e insieme operativo che verrà spazzato via dall’imminente umanesimo rinascimentale come illustrato dal confronto didatticamente pregnante con la sala vicina dove troviamo la mostra La stanza di Mantegna che raccoglie sei opere del nostro Rinascimento provenienti dal Museo Jacquemart-André di Parigi. Ci sorprende un Ecce Homo attribuito ad Andrea Mantegna per quella tensione drammatica, quasi teatrale presaga della salvifica tragedia imminente e per quel sapiente espediente prospettico che pone, suo malgrado, il riguardante “in prima fila”, testimone e insieme responsabile, al cospetto della Storia.
Informazioni utili
Guido Reni, i Barberini e i Corsini. Storia e fortuna di un capolavoro
A cura di Stefano Pierguidi
Fino al 17 febbraio 2019
Gallerie Nazionali di Arte Antica – Galleria Corsini, via della Lungara 10, Roma
*GuidoReni – Sant’Andrea Corsini, olio su tela, 1629-30 circa Firenze, Gallerie degli Uffizi, Foto Alberto Novelli