Pittore, architetto, grafico e designer, Koloman Moser è stato uno dei più importanti personaggi della Secessione viennese, e contribuì al rinnovamento artistico dell’epoca anche e soprattutto attraverso la cultura delle arti applicate di cui fu riconosciuto maestro. Pitture, disegni, accessori, pezzi d’arredamento, incisioni, raccontano la vasta e variegata produzione di questo eclettico personaggio. Al Mak di Vienna fino al 22 aprile 2019.
Pur condannata a subire la sorte di un Impero che andava sempre pi sgretolandosi, la Vienna di fine Ottocento era comunque una città vivace e culturalmente attiva, che contendeva a Parigi il ruolo di capitale dell’arte europea. A giocare un ruolo di primo piano, quella Secessione fondata nel 1897 per iniziativa di Gustav Klimt e Josef Hoffmann, ai quali si deve aggiungere anche il vulcanico Koloman Moser (1868-1918). Per una strana coincidenza, il 1918 fu un annus horribilis per l’Impero Austroungarico; non soltanto in novembre, con la sconfitta militare nella Grande Guerra sarebbe giunta la dissoluzione. In quei mesi scomparvero anche, a poca distanza l’uno dall’altro, tre dei protagonisti della Secessione: Gustav Klimt, Otto Wagner, e appunto Koloman Moser.
E a cento anni dalla scomparsa, la grande retrospettiva a cura di Elisabeth Schmuttermeier e Christian Witt-Dörring ne documenta l’instancabile attività, portata avanti nel segno del costante rinnovamento artistico. È infatti da tenere presente che mentre l’Art Nouveau francese si ispirava allo stile di Luigi XVI e il Modern Style inglese guardava ai Preraffaelliti, in Austria si cercavano soluzione estetiche radicalmente nuove, improntate a un minimalismo geometrico che si traduceva in un’estetica molto più funzionale rispetto a quanto accadeva altrove.
Molto amico di Gustav Klimt e pupillo del collega Otto Wagner, l’eclettico Moser iniziò la sua carriera come illustratore per alcuni giornali viennesi, quando ancora era studente all’Accademia, a causa della prematura perdita del padre, e quindi nella necessità di provvedere a sé, alla madre e alle sorelle. Pur assecondando il gusto dell’epoca per il disegno naturalistico e le acrobazie estetiche sulla scorta dell’arte giapponese, Moser non si sentiva appagato nell’esprimere in tal senso la sua vocazione artistica.
La sezione d’apertura della mostra ricostruisce il clima artistico accademico della fine dell’Ottocento, -dominato da figure come Hans Makart- in cui Moser avvertiva l’urgenza della novità, anche in considerazione del nuovo corso che la società europea stava prendendo: la modernità irrompeva in ogni dove, la tecnologia imponeva una semplificazione della vita quotidiana, lasciando da parte le polverose e pesanti decorazioni adatte a una società che aveva proceduto a passo ridotto. Collaborando a Ver Sacrum, l’organo ufficiale della Secessione, Moser introdusse un senso estetico spiccatamente geometrico, che per certi versi anticipa quello che sarebbe stato De Stijl in Olanda quasi venti anni dopo. Alla base dell’avvicinamento all’astrazione, non soltanto l’esigenza del nuovo, ma anche il sentimento spirituale di immaginare un universo interiore.
Le pagine di Ver Sacrum ospitarono così composizioni radicalmente innovative, immediate nella loro semplicità formale, e dal forte impatto cromatico, costruito su pochi colori a contrasto. L’ampia produzione grafica di Moser, proveniente dalla collezione del MAK e qui esposta per la prima volta su larga scala, permette comunque di apprezzare anche le sue prove legate all’estetica simbolista, come nelle illustrazioni dei racconti di Rudolf Baumbach; riecheggiano Goya e lo stile di Franz Stuck.
Architetto di formazione, Moser ambiva a riformare la cultura delle arti applicate, che venivano percepite come discipline di secondo piano rispetto alla pittura e alla scultura. Per questo, nel 1903, insieme a Josef Hoffmann e Fritz Waerndorfer, fondò la Wiener Werkstätte (letteralmente, Officina Viennese), ovvero un laboratorio cittadino di formazione e produzione in fatto di design, che oltre alla qualità dei prodotti garantisse anche un rapporto diretto fra il creativo, l’artigiano e il pubblico degli acquirenti. Una sorta di “filiera corta” ante litteram che tutelasse i guadagni degli artigiani, verso i diritti dei quali Moser si dimostrò sempre molto sensibile. La mobilia, i gioielli, l’oggettistica (dal vasellame, alle stoviglie, ai posacenere) disegnati da Moser colpiscono ancora oggi, a distanza di oltre un secolo, per la modernità della forma che li fa apparire come concepiti appena ieri.
Funzionalità e sobrietà sono le linee guida della sua concezione del design. Il grande successo della Wiener Werkstätte, la cui linea di prodotti riscosse pieno apprezzamento della clientela borghese e alto borghese, sancì una volta per tutte la “parità” delle arti applicate con la scultura e la pittura. Per la prima volta, anche un mobile o un vaso assurgevano, nella percezione del pubblico, a opera d’arte, non soltanto in virtù delle raffinate decorazioni moderniste applicate sui materiali, ma anche e soprattutto perché alla base della loro creazione stava il pensiero artistico di un professionista del settore.
Tuttavia, nel 1906 Moser lasciò la Wiener Werkstätte, in polemica con la scelta di dedicarsi alla produzione in serie, che a suo dire avrebbe sminuito il valore artistico dei prodotti e abbassato i salari dei dipendenti. In parole povere, aveva intuito il pericolo di ciò che invece, sei decenni dopo, per Andy Warhol sarebbe stato l’“affare della vita”. Ormai affermato professionista, a Moser non mancarono le committenze da parte della clientela che lo apprezzava ormai da anni, e persino la zecca imperiale gli commissionò la decorazione di banconote e francobolli, che però eseguì attenendosi ai canonici motivi decorativi di celebrazione dell’Imperatore e dell’unità del Paese.
Negli ultimi anni, già malato di quel tumore alla laringe che lo avrebbe ucciso nel 1918, tornò alla pittura, e i suoi quadri spaziano da un sobrio espressionismo sullo stile di Gerstl, a esempi di stupefacente, ossessivo realismo che non è escluso abbiano influenzato Klemens Brosch. Purtroppo prematuramente scomparso, Moser è stato una delle figure più importanti per il processo di modernizzazione del design europeo, facendo scuola in tutto il Continente, influenzando in particolare Olanda e Germania e arrivando fino ai nostri giorni.
Informazioni utili
Koloman Moser. Artista universale tra Gustav Klimt e Josef Hoffmann
Fino al 22 aprile 2019
Mak Museum, Stubenring 5, 1010 Vienna