La galleria Hauser & Wirth di Los Angeles fino al 7 aprile dedica una mostra a Piero Manzoni, padre dell’Arte Concettuale. Più di 70 Achromes dell’artista italiano ne testimoniano il suo influsso rivoluzionario. Piero Manzoni. Materials of His Time parte dalla realtà, i materiali, per giungere al pensiero assoluto che l’artista ha sempre ricercato. E allora, quali sono i suoi materiali?
Naturali e sintetici. Cotone, tela, polistirolo, vernice fosforescente e persino pane, pietre e paglia. Questi i suoi materiali, i materiali di Piero Manzoni, da Soncino. Questi i materiali che si inseriscono, alimentandola, una rivoluzione artistica che ha coinvolto mezzi e obiettivi espressivi. L’artista era totalmente persuaso dall’idea di un’arte non rappresentativa ma totalizzante, immersiva, in grado di creare spazi mentali inediti. Il concetto allora, il pensiero come approdo ultimo.
“I problemi pittorici e pittorici non fanno parte del ciclo culturale moderno: sono morti molto tempo fa. La nuova lingua è una trasformazione totale, né può avere nulla a che fare con la vecchia lingua; un artista può usare solo i materiali (pensieri e forme) del suo tempo”
Piero Manzoni
L’abbandono dei materiali tradizionali e la spinta ideale lo ha condotto, tra gli altri risultati, alla realizzazione degli Achromes. Tra il 1957 e il 1963 Manzoni si è concentrato sulla creazioni di queste opere prive di colore, sospese in una dimensione di illimitata riflessione. Circa 800 gli Achromes che compongono la serie, più di 70 quelli raccolti da Hauser & Wirth Los Angeles nella mostra Piero Manzoni. Materials of His Time.
L’esibizione, curata da Rosalia Pasqualino di Marineo, direttrice della Fondazione Piero Manzoni di Milano, si concentra sulle sperimentazioni dell’artista nella sua ricerca di uno spazio assoluto. La rinuncia al colore, la graduale eliminazione di ogni riferimento reale, l’immissione di elementi inusuali nel campo artistico hanno contribuito allo sviluppo dell’arte concettuale e a rendere Manzoni un pensatore d’eccezione.
Oggi il suo sogno di uno spazio assoluto e infinito si arricchisce di una declinazione che Manzoni non è riuscito a realizzare. Partendo da una lettera che nel 1961 l’artista ha scritto all’amico Henk Peeters, Hauser & Wirth ha realizzato due stanze: una rivestita di pelliccia bianca e un’altra rivestita in vernice fluorescente. Seguendo il progetto di Stephanie Goto, le due sale avvolgono completamente lo spettatore in modo così efficace che niente, al di fuori, sembra esistere più.