Solo da bambini è un racconto che riporta il visitatore al tempo della sua infanzia, toccando corde che suonano nell’intimo di noi tutti. Dal 7 marzo al 19 maggio presso la Fondazione Merz di Torino.
“Che storia è senza infanzia né passato?” si chiedeva qualche settimana fa la scrittrice americana Jennifer Egan durante un’intervista a La Lettura. Probabilmente vivono lo stesso dilemma anche Lina Fucà, Paolo Leonardo e Daniele Gaglianone, tre artisti e tre amici, che alla Fondazione Merz di Torino sono protagonisti di Solo da bambini, dal 7 marzo al 19 maggio. Un racconto per immagini, video e installazioni in cui la potenza narrativa non soffre della mancanza della parola, ma si esalta invece nell’intrecciarsi di storie cariche di emotività.
Persuasi dell’idea che su questa terra non esistano differenze geografiche e spaziali, ma solo una dimensione temporale in cui tutti ci muoviamo, gli artisti in mostra tracciano un linea che attraversa Cuba, Sicilia, Marche, Calabria, Torino e anche l’Africa. Lungo questi paesi recuperano i ricordi d’infanzia e li restituiscono filtrati dalla loro maturità. A loro si aggiungono Mouhamed, Zakaria e Kalambani: tre richiedenti asilo di origine africana che stringendo amicizia con Lara hanno potuto contribuire con il loro vissuto personale.
Raccogliere il ferro, per poi rivenderlo, è la loro occupazione quotidiana; assemblarlo, rivelandosi fini fabbri, il loro apporto artistico. Sono loro gli artigiani de Lo stesso giro nello stesso mondo, assemblaggio di materiali di recupero che assumono la forma concreta di una giostra e la forma ideale dell’archetipo per eccellenza dell’infanzia. La giostrina, denominatore comune dei desideri e dei divertimenti dei bambini di ogni latitudine.
Un gioco simile scommettiamo ci fosse anche nel parchetto sotto casa vostra. Sicuramente è presente in un parco di Santiago, a Cuba. Cuba è il viaggio all’inizio del viaggio, quello intrapreso da Lina e Daniele, marito e moglie, insieme ai due figli. L’incontro con la popolazione locale, l’impatto con una dimensione umile ma curiosa, la capacità di donarsi e ricevere affetto in cambio. Se ne Los ojos tristes, los ojos sueño Gaglianone segue i figli catturandone i momenti più malinconici, intuendone una nostalgia che li colpirà quando lo vedranno una volta maturi, in Non bastano un milione di passi Lina Fucà realizza una ragnatela all’uncinetto dove ogni nodo rappresenta un passo, rigorosamente contato, effettuato in viaggio. Tra i fusti di questo bosco irreale si incontrano le fotografie realizzate dagli abitanti del luogo per conto dei artisti, i quali li portano oggi, idealmente, per la prima volta lontano dall’isola.
Un occhio aperto sul reale e l’altro, come lo stesso Paolo Leonardo ci racconta, sul metafisico. Un passaggio tra due dimensioni che realizza scavando nei ricordi o lasciando che la memoria stessa agisca autonomamente sotto forma d’istinto. Accade così in Altri occhi, dove la rapidità di pensiero l’ha portato a scegliere, ingrandire e trasfigurare tramite la pittura una serie di fotografie selezionate, senza un’apparente criterio se non la reminiscenza, nei luoghi più disparati.
Storie diverse impregnate di malinconia, che non si lasciano però sopraffare dalla tristezza, come sottolinea Lina. Anche se è proprio lei ad esporre l’opera forse più toccante, universale nella sua straziante semplicità. Ti ho sempre pensata documenta il ritorno, dopo 37 anni, nella casa che abitò con i genitori appena arrivati a Torino dalla Sicilia. Dopo di loro nessuno l’ha più abitata, lasciando che il tempo la consumasse. Il rientro, l’incontro con i ricordi grattati come i muri ormai precari, i lavori per sistemarla, spazzare la polvere dal pavimento e dalla memoria fino a riportare in vita la nostalgia di un tempo che fu e che sempre, in qualche modo, sopravvive in noi.