L’artista norvegese l’avrebbe vista esposta nel 1889 nel Museo di etnografia del Trocadero, a Parigi, e quell’immagine gli sarebbe rimasta molto impressa
Il celebre Urlo di Edvard Munch è uno di quei dipinti destinati – per diverse ragioni – ad alimentare continuamente le cronache artistiche. Periodicamente arriva uno spunto capace di far partire un dibattito e non di rado una polemica, favorito dalla popolarità dell’opera e dalla sua facilità nell’entrare nell’immaginario collettivo. Ora è la volta della mostra Edvard Munch: love and anguish, che si aprirà l’11 aprile al British Museum di Londra, che esporrà oltre cinquanta incisioni e litografie del pittore, tra cui una in bianco e nero del 1895 proprio dell’Urlo, indiscutibilmente la sua opera più famosa.
Forse anche per richiamare l’attenzione di opinione pubblica e media attorno all’evento espositivo, il museo ha deciso di rendere pubblico uno studio che aggiunge importanti elementi alla genesi del capolavoro, considerato un simbolo di angoscia e disperazione. Nel dipingere la figura centrale dell’opera, Munch sarebbe stato ispirato da una mummia peruviana della civiltà Chachapoyas, che aveva una fisionomia simile e la stessa posizione delle mani. L’artista norvegese l’avrebbe vista esposta nel 1889 nel Museo di etnografia del Trocadero, a Parigi, e quell’immagine gli sarebbe rimasta molto impressa tanto da ispirargli la sua opera capitale.