Icone americane e spezzoni di fumetti si susseguono per le sale del Mudec. Fino all’8 settembre, a Milano si aprono le porte di Multiple Visions, la mostra che ripercorrere -attraverso sette sezioni tematiche- la parabola artistica di Roy Lichtenstein, uno dei grandi della pop art americana.
Cultura popolare e citazioni dei maestri delle avanguardie si fondono senza soluzione di continuità sulle tele di Roy Lichtenstein, creatore di immagini-icone e lui stesso simbolo dell’estetica della moderna società americana. Le sue opere si collocano in una dimensione spazio-temporale ben precisa, quella dell’America del secondo dopo guerra, gli anni in cui la scena artistica del continente, fino ad allora considerata marginale rispetto a quella europea, inizia ad animarsi. La conquista della scena artistica internazionale parte da New York, che arriva a surclassare Parigi e ad accaparrarsi il posto di capitale del mondo artistico dell’epoca. Questo è il contesto in cui nascono l’espressionismo astratto e, in conseguenza e in opposizione ad esso, la pop art.
Lichtenstein diventa fine interprete dell’estetica consumistica, facendo delle donne ritratte sui cartelloni pubblicitari le sue musei ispiratrici. Il suo interesse non sta tanto nello studio del messaggio sotteso all’opera quanto alla sua resa formale. I suoi sono lavori che -come sottolinea Gianni Mercurio, curatore della mostra- non vogliono scatenare sentimenti interiori, ma colpire la pura percezione estetica. Il ruolo fondamentale spetta dunque all’impatto visivo che un quadro ha sul suo fruitore non appena viene guardato. Questa attenzione all’immediatezza visiva si traduce in un’attenta ricerca sui materiali utilizzati. Ecco allora spuntare tinte sgargianti, collage realizzati con metalli luccicanti ed enormi arazzi colorati.
Circa un centinaio di opere accompagnano il visitatore alla scoperta del percorso artistico di Lichtenstein, in cui si alternano oggetti di uso comune, scene di interni e immagini femminili. Le donne, in particolare, danno l’idea di come la percezione del gentil sesso della società -e quella dell’artista di conseguenza- si sia evoluta negli anni. Dalla casalinga felice degli anni ’60 si passa alla romantica protagonista delle storie a fumetti fino ad arrivare, negli anni ’80 e ’90, alle raffigurazioni di donne indipendenti e consapevoli di se stesse.
Alle note immagini fumettistiche fatte di linee scure e fitte trame di pois si alternano opere forse meno conosciute e non immediatamente riconducibili alla mano dell’artista. L’immaginario dei nativi americani e le icone del far west fanno la loro comparsa nelle tele degli anni ’50, segnando un esordio all’insegna del recupero degli archetipi della società americana. Anche l’astrazione, concettualmente opposta al netto figurativismo della pop art, trova posto nelle opere di Lichtenstein, che cerca di trasporre il gesto della pennellata nel linguaggio dei fumetti, fondendo due estetiche di per sé lontanissime.
Un linguaggio, quello di Roy Lichtenstein, fatto di icone del quotidiano, oggetti comuni della vita moderna impresse sulla tela per cercare di “dare una forma stabile a qualcosa che avviene nel momento, di dare solidità a qualcosa di effimero, di renderlo concreto”.
*Roy Lichtenstein, Crying Girl, 1963
Informazioni utili
Roy Lichtenstein. Multiple Visions
Mudec – Museo delle Culture, via Tortona 56, Milano
1 maggio – 8 settembre 2019
Lunedì 14.30-19.30, martedì / mercoledì / venerdì / domenica 09.30-19.30, giovedì / sabato 9.30-22.30