Una recente ricerca ha evidenziato i principali mercati di esportazione per differenti categorie di beni culturali: “cultura”, “design” e “moda”.
La ricerca ha notevoli punti di interesse, e merita qualche riflessione soprattutto se si avvia un confronto tra i differenti macro-aggregati. I dati rilevati dalle Camere di Commercio Lombarde, in associazione con Promos, confermano una certezza di molti italiani: tra moda, design e cultura è quest’utlima ad avere un tenore degli export più basso.
Il volume d’affari delle esportazioni non lascia margine a dubbi di sorta: il Comparto Moda primeggia in modo assoluto con il suo Export pari a circa 51 miliardi di euro, seguito dal Design (21,7 miliardi). Il valore di grandezza scende bruscamente quando si parla di “prodotti culturali”, con un volume delle esportazioni al confronto irrisorio: i beni e le attività culturali esportate hanno generato un volume d’affari pari a quasi 2 miliardi.
Questi dati non raccontano esclusivamente un differenziale in termini di capacità di esportazione: il differenziale tra i vari aggregati non può spiegarsi esclusivamente attraverso una differenza in termini di posizionamento strategico, o in termini di mercati target.
Il grande divario che separa la Cultura dalla Creatività misura la differenza in termini di “industrializzazione” che mostrano i due differenti settori. Si tratta di una differenza ben più sostanziale, e che richiede un approccio consapevole e pluriennale al comparto.
>>> Non si può interpretare diversamente questo dato, soprattutto se si scende ad un maggiore livello di dettaglio. Ad alimentare l’export di Cultura e Tempo libero sono principalmente 3 settori: “Libri, periodici ed Editoria”(770 milioni), “Articoli Sportivi” (738 milioni), “Prodotti Creativi, Artistici, d’Intrattenimento” (197 milioni).
Comparando questi dati con altre sotto-categorie degli altri aggregati, emerge che i “prodotti creativi, artistici e d’intrattenimento” generano un volume d’affari in export superiore di soli 20 milioni rispetto al settore che contribuisce in modo minore all’aggregato “design”.
In altre parole, tutti i prodotti creativi, artistici e d’intrattenimento messi insieme (e non sono poche categorie di prodotto) generano soltanto 20 milioni in più rispetto alle esportazioni di materassi.
Già, materassi (177 milioni).
Il dato è ancora più allarmante se guardiamo alle esportazioni derivanti dalla vendita di giochi per computer e software. Questo settore genera nel mondo un volume d’affari più che miliardario. Stiamo parlando di volumi pari a 135 miliardi di dollari annui.
Il settore mostra tutte le caratteristiche adatte all’export: bassi costi di esportazione, potenziale capillarità a livello globale, trend di consumo in aumento in quasi tutti i Paesi del mondo e fattori critici distintivi legati spesso a dimensioni di natura tecnica più che di brand.
Bene, di fronte a tutto ciò, il valore delle nostre esportazioni nel settore videogames e software si aggira intorno ai 4 milioni. Per dare un’idea di cosa stiamo parlando, il videogioco Disney Infinity ha avuto un costo di produzione pari 100 milioni di dollari.
Se siamo famosi in tutto il mondo per la nostra cultura e per il nostro Patrimonio Culturale e poi, esportiamo più materassi che cultura, c’è evidentemente qualcosa che non va.
Significa che l’industria del materasso ha strutturato i propri processi di lavoro e i propri canali di distribuzione in modo molto più efficace di quanto abbiamo sinora fatto per la Cultura.
Quello che manca alla nostra Cultura è proprio questo: la capacità di generare processi di lavoro che conducano a prodotti e servizi che siano appetibili in sé e non perché abbiamo il Colosseo.