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L’anima controversa del progresso. L’arte legge la tecnologia alle Gallerie d’Italia, Milano

Giorgio deChirico, Muse metafisiche Giorgio deChirico, Muse metafisiche
Umberto Boccioni, Officine a Porta Romana
Umberto Boccioni, Officine a Porta Romana

Arte e tecnologia dialogano fino a mescolarsi nella nuova mostra alle Gallerie d’Italia, Milano. DALL’ARGILLA ALL’ALGORITMO. Arte e tecnologia presenta opere da DeChirico a Boccioni, dal Rinascimento alla Video Arte. Organizzata da Intesa Sanpaolo e Castello di Rivoli, l’esposizione è curata da Carolyn Christov-Bakargiev e Marcella Beccaria e sarà in mostra dal 31 maggio all’8 settembre 2019.

Lo spazio circolare del grande atrio delle Gallerie d’Ialia, Milano, sembra perfetto per ospitare una mostra che slega l’evoluzione della tecnica artistica da una linearità limitante. Il pensiero artistico avvolge senza limiti e pregiudizi – muovendosi dalla pittura alla scultura, dall’installazione al video – un concetto che invece si pone inevitabilmente positivista, lanciato su una linea retta che muove dritta verso il progresso: la tecnologia. La radice greca del termine, téchne, fornisce il primo nodo di unione fra le due dimensioni: essa indica l’arte nel senso di saper fare, abilità, mestiere. Da qui il fattore tecnico che confluirà poi nella più strutturata idea di tecnologia, mentre l’arte proseguirà verso spazi ideali; spazi spesso immaginifici e lontani, che non hanno però mai smesso di guardare con un occhio, e forse qualcosa di più, a quell’antica sorella abbandonata tanto tempo fa.

Michelangelo Pistoletto, Ragazza che cammina
Michelangelo Pistoletto, Ragazza che cammina

Nasce qui la mostra DALL’ARGILLA ALL’ALGORITMO. Arte e tecnologia, realizzata da Intesa Sanpaolo con il Castello di Rivoli (Torino), che avvicina opere appartenenti a epoche differenti all’evoluzione dello strumento tecnologico, alternando spesso rappresentazioni esplicite e realistiche con riflessioni poetiche e suggestive. Il fascino, la paura, le possibilità e i limiti che la tecnologia ha comportato e comporta trovano riflesso e ridondanza nella storia dell’arte, talvolta specchio e talvolta anticipatrice sfera di cristallo di ciò che l’evoluzione tecnica implica. Indispensabile protesi delle possibilità umane fin dagli albori della civiltà – utensili, macchine, apparecchi di trasporto, mezzo comunicativo – essa si ritrova oggi a rappresentare una costruzione digitale insidiatasi profondamente nei meccanismi della nostra esistenza e i cui confini – scientifici ed etici – sembrano essersi sciolti.

Mario Airò, Pulse
Mario Airò, Pulse

Nell’anomino e assordante vuoto che riempie i manichini di De Chirico possiamo immergerci allora per affrontare la depersonalizzazione con cui la macchina minaccia l’uomo, costretto all’angolo – luogo prediletto dei manichini metafisici – di città vuote e prive di contatti umani. Una potenzialità immensa che attrae e impaurisce nei Concetti Spaziali di Lucio Fontana, intramontabile e onnipresente esploratore e ispiratore di dimensioni ulteriori, campi di ricerca e spazi immensi. Tra questi due poli, la perdita dell’umanità e la sua sublimazione quasi trascendentale, si muove il complesso delle altre opere, varie ma organiche nella loro diversità contenutistica.

Giorgio deChirico, Muse metafisiche
Giorgio deChirico, Muse metafisiche

Come il contributo artistico cinquecentesco si concentra con piglio descrittivo sulle soluzioni tecniche del tempo – Cena di Emmaus (1590) di Leandro Bassano (1557 – 1622) racconta minuziosamente gli attrezzi da cucina – anche Francesco De Mura (1696 – 1782) nella Costruzione del tempio di Gerusalemme da parte del re Salomone illustra le pratiche edilizie diffuse all’epoca del pittore. L’ascesa entusiastica del mondo dell’arte nei confronti della tecnologia culmina senza dubbio nell’universo futurista, rappresentato in esposizione da Boccioni e Balla. Veramente interessante, di quest’ultimo, il dipinto Verso la notte: la figura di una donna, probabilmente ispirata da alcuni sperimenti fotografici, si scompone fino a perdersi in un soffuso paesaggio al tramonto, dove i colori carnosi risvegliano la tiepida placidità della sera che lentamente avanza. Esemplare invece nell’opera di Boccioni, Officine a Porta Romana, il sentimento positivo e ottimista che l’artista nutre per l’industrializzazione che sta ridefinendo il volto e le prospettive della città. Con tecnica ancora divisionista, l’opera apre però alla tematica futurista e rappresenta il punto più alto dell’entusiasmo verso la macchina.

Giacomo Balla, Verso la notte
Giacomo Balla, Verso la notte

Infatti, se l’Arte Povera e quella Cinetica provano a trovare una sintesi tra energia naturale e artificiale, le proposte più contemporanee esposte in mostra recuperano lo scetticismo dechirichiano e lo porteranno alle sue conseguenze più estreme. L’arte si trova infatti a promuovere una consapevolezza critica nei confronti di tematiche contemporanee come la rivoluzione digitale, lo sviluppo della realtà aumentata e l’intelligenza artificiale, ma stenta a nascondere un certo pessimismo verso le possibili derive a cui si potrebbe giungere. Un esempio perfetto è l’installazione Hisser (2015) di Ed Atkins, il quale pone gli spettatori di fronte a due schermi sui quali un malinconico soggetto si propone come inquietante esempio della solitudine esistenziale nella quale l’uomo digitalmente interconnesso può paradossalmente inciampare. Sulla stessa linea distopica si muove anche Cécile B. Evans, che con What the Heart Wants si chiede quale futuro possa corrispondere ad una prospettiva dove reale e virtuale finissero per corrispondere totalmente.

Cécile B. Evans, What the Heart Wants
Cécile B. Evans, What the Heart Wants

 

Lucio Fontana, Concetto Spaziale. Attese
Lucio Fontana, Concetto Spaziale. Attese

 

Lucio Fontana, Ambiente spaziale
Lucio Fontana, Ambiente spaziale

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