Vivian Maier, The Self-Portrait and its Double racconta la fotografa-bambinaia per molti anni trascurata. 70 autoritratti testimoniano la sua volontà di comprendersi e manifestarsi. A Trieste dal 20 luglio al 22 settembre 2019.
Una vita straordinaria coltivata nell’ordinario. 40 vissuti come bambinaia, prima a New York e a Chicago poi; un’esistenza infiammata dalla passione per la fotografia, condensata in oltre 150.000 negativi. Due percorsi quasi paralleli, ma condotti con naturale e intimo impegno. Vivian Maier (1926-2009) è un personaggio vissuto e scomparso nell’ombra, la cui opera riscoperta nel 2007 sta però contribuendo a delineare la sua interessante figura. Un corpus vastissimo di scatti, realizzato con una precisa idea di fondo: scoprire sé stessa. La sua esistenza condotta per molto tempo nelle sale di case di fondo a lei estranee, si apriva invece quando fuori di li, per strada, sentiva il richiamo di un palpitare vivo e attraente. Era un pò come rinascere un pò ogni volta, come ritrovarsi catapultati in un flusso energetico incomprensibile e ingestibile. La macchina fotografica si presentava dunque come intermediario, come chiave per riscoprire un posto nel mondo.
Per questa ragione molto spesso l’obbiettivo è puntato direttamente su di lei. Il suo riflesso in uno specchio, la sua ombra che si estende a terra, il contorno della sua figura: come in un lungo gioco a nascondino ogni autoritratto di Vivian Maier è un’affermazione della sua presenza in quel particolare luogo, in quel particolare momento. Vivian Maier, The Self-Portrait and its Double, a cura di Anne Morin, raccoglie allora 70 autoritratti, di cui 59 in bianco e nero e 11 a colori, questi ultimi mai esposti prima d’ora sul territorio italiano. L’esposizione si concentra proprio sul periodo in cui la Maier passava le giornate come un’anonima bambinaia con l’hobby della fotografia, senza sapere che grazie ai suoi scatti sarebbe entrata un giorno nella storia dell’arte. L’interesse di Vivian Maier per l’autoritratto si configurava perciò come una disperata ricerca della sua identità. Ridotta all’invisibilità, ad una sorta di inesistenza a causa dello status sociale, si mise a produrre prove inconfutabili della sua presenza in un mondo che sembrava non avere un posto per lei.
L’esposizione, ospitata dal 20 luglio al 22 settembre 2019 al Magazzino delle Idee di Trieste, ripercorre l’incredibile produzione di una fotografa che per tutta la vita non si è mai considerata tale con l’intenzione di rendere omaggio a questa straordinaria artista, capace non solo di appropriarsi del linguaggio visivo della sua epoca, ma di farlo con uno sguardo sottile e un punto di vista acuto.