Come può essere protetto e valorizzato il marchio di un museo o di un’istituzione culturale? Negri-Clementi Studio Legale Associato ci illustra la legislazione odierna e le possibilità di sviluppo.
Negli ultimi anni enti espositivi e musei di tutto il mondo hanno riversato un’attenzione sempre crescente nella tutela e nello sfruttamento dei propri marchi, costituiti generalmente da denominazioni (“Museo della Fotografia Contemporanea”) o una loro abbreviazione (“MUFOCO”) oppure dal nome del collezionista da cui il museo trae il nome (“Fondazione Sandretto Re Rebaudengo”) o dal nome dell’artista esposto (“Museo Studio Francesco Messina”), spesso accompagnati da elementi grafici; più di recente, anche le sembianze architettoniche dell’edificio dove il museo e/o la mostra sono ospitati, quando è particolarmente riconoscibile sono state adottate come segno distintivo dell’ente espositivo.
Le modalità di sfruttamento dei marchi da parte degli enti e dei musei sono molteplici; innanzitutto, attraverso la concessione del brand in licenza, come nel caso dei gioielli, tessuti e prodotti di arredamento realizzati dal Van Gogh Museum di Amsterdam ispirati alle opere del pittore olandese.
Da anni ormai enti espositivi e musei usufruiscono poi in misura sempre crescente della possibilità di sottoscrivere contratti di sponsorizzazione, mediante i quali concedono i propri marchi a privati che contribuiscono così, in cambio dello sfruttamento del segno distintivo (ad esempio con iniziative di merchandising), alla tutela e alla valorizzazione dei beni dell’istituzione, a volte assumendosi anche gli oneri di ristrutturazione: il più eclatante (anche per gli importi coinvolti) è il caso del Louvre, che ha recentemente concesso nome (e opere) all’omonimo museo di Abu Dhabi.
Presupposto per la tutela del segno distintivo contro possibili usurpazioni da parte di terzi e/o per il suo sfruttamento economico è l’esistenza di un valido diritto di privativa da poter opporre nei confronti di chi intenda utilizzarlo senza autorizzazione.
In Italia, a tal fine, i segni distintivi di una mostra o di un museo possono essere tutelati come marchio sia che siano depositati presso i registri competenti che solamente utilizzati dal titolare (o con il suo consenso); anche se in tal ultimo caso beneficeranno della più limitata tutela accordata ai c.d. marchi di fatto.
A livello legislativo infatti, i marchi dei musei soggiacciono alla normativa prevista dal Codice della Proprietà Industriale; per godere di protezione il marchio deve essere originale, ovvero presentare carattere distintivo (non è tutelabile la mera indicazione delle parole “museo”, “pinacoteca” o “mostra”), deve essere lecito e non indurre in inganno il pubblico, e soprattutto deve essere nuovo, ovvero non già adottato da altri.
Nel caso dei marchi registrati, la durata della registrazione è di 10 anni, rinnovabile per ulteriori pari periodi all’infinito; per quanto riguarda il marchio di fatto, la tutela perdura finché e nei limiti in cui il marchio è usato. Se divenuti famosi, i nomi dei musei possono essere di titolarità solo dell’ente che li amministra e, l’istituzione titolare del brand famoso potrà validamente opporsi all’uso dello stesso segno da parte di un terzo non autorizzato; “Pinacoteca di Brera”, per esempio, potrà così essere registrato solo dalla omonima istituzione, che potrà altresì vietare ogni uso del segno a soggetti che non abbiamo avuto il suo preventivo consenso.
Nel caso di nomi propri, come ad esempio “Guggenheim” la registrazione come marchio presuppone il consenso del soggetto menzionato o dei suoi eredi, se notori o se l’uso può ledere la fama, il credito o il decoro di chi ha/aveva diritto di portare tali nomi.
Nel nostro paese lo sfruttamento dei marchi da parte di enti espositivi e di musei è ancora limitato; pochi risultano al momento i musei che hanno provveduto al deposito di un marchio, basti pensare che “Le Gallerie degli Uffizi” hanno provveduto a depositare il (nuovo) marchio solo di recente (marchio n. 017158114 depositato il 30 agosto 2017).
Malgrado le grandi potenzialità che molti marchi possono avere, poche istituzioni hanno adottato un programma di licensing e, al momento, lo sfruttamento del marchio risulta spesso effettuato (quando è effettuato) direttamente finalizzato alla realizzazione di linee di prodotti brandizzati da vendere all’interno del bookshop legato all’esposizione.
L’adozione di un marchio costituisce tuttavia un passo importante, per un museo, in quanto volto a dotare l’istituzione di un elemento simbolico che ne rappresenti l’insieme di valori nonché il patrimonio di storia e di tradizione di cui il museo si fa portavoce e permette, se correttamente tutelato, di promuovere l’istituzione e, last but not least, di costituire, tramite contratti di licenza e merchandising, un argine alla crisi economica in cui versa il nostro immenso patrimonio culturale consentendo ulteriori fonti di ricavo.
Il presente contributo costituisce un estratto di ART&LAW n. 1 del 2019 su “LA MOSTRA (IM)PERFETTA” di Negri-Clementi Studio Legale Associato.
interessante e da svilippare il Brevetto di un nome di una mostra o di un Luogo pubblico.
a questo punto sar’ brevettabile qualsiasi nome tipo
arte, scultura, dipinto , mostra?????
interessante e da svilippare il Brevetto di un nome di una mostra o di un Luogo pubblico.
a questo punto sar’ brevettabile qualsiasi nome tipo
arte, scultura, dipinto , mostra?????