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Le opere cromo-segniche di Luigi Boille arrivano a Roma nella cornice dei Musei di Villa Torlonia. Ora guizzante, ora riflessivo, il suo particolare tratto è in mostra dal 21 giugno al 3 novembre 2019.
Quattro anni fa moriva Luigi Boille (Pordenone, 1926 – Roma, 2015) un pittore europeo che aveva scelto di coltivare con amore e profitto la semenza universale, ecumenica del linguaggio artistico. E Roma – dove ha studiato (prima all’Accademia di Belle Arti e quindi alla Facoltà di Architettura della Sapienza) e vissuto per la maggior parte della sua vita – gli tributa oggi un doveroso omaggio in uno dei suoi luoghi più suggestivi: i Musei di Villa Torlonia.
L’ampia antologica, che si dispiega davanti ai nostri occhi (un’ottantina di quadri circa tra oli e tempere) sullo sfondo asettico di pannelli bianco-latte, getta finalmente luce su un lungo e fecondo itinerario artistico (che va dal 1958 al 2015). Cruciale, decisivo, il trasferimento a Parigi nel ’51 – vi resterà sedici anni – allora fulcro e termometro dell’arte mondiale, dove conobbe il critico e collezionista Michel Tapié, teorico dell’Art Autre (fu lui, tra l’altro, a coniare il termine Art informel) che gli fece fare le prime importanti mostre nelle più prestigiose gallerie parigine; e poi il critico e saggista Pierre Restany, fondatore del Nouveau Réalisme, che lo coinvolse nel gruppo dellaJeune École de Paris.

Negli anni ’60 Giulio Carlo Argan, che ne riconobbe la valentìa si adoperò per farlo ritornare in Italia mediante numerose mostre e alcune partecipazioni a grandi rassegne come la Quadriennale di Roma e la Biennale di Venezia. Vi rientrò definitivamente nel ’65 e trovò – scrive Achille Perilli (il testo è riportato nel catalogo) – “una cultura completamente diversa che era, si può dire, una cultura post-coloniale americana”.
Notiamo, da una visione d’insieme della mostra, che il riconoscibile segno di Boille – la sua può essere considerata, infatti, una pittura segnica o piuttosto, si potrebbe dire, cromo-segnica dato il co-protagonismo del colore nella composizione visiva – sempre guizzante, mistilineo, emotivo, vitale, appare, nelle prime opere, straordinariamente invasivo, occupa ogni anfratto, dilaga sulla tela come sospinto da una forza seminale incoercibile che tradisce o patisce – si direbbe – il pungolo costante di un horror vacui forse attinto, nella memoria, alle preziose ossessioni del turgido barocco romano. Ma nei quadri degli ultimi anni i segni, sempre agili, guizzanti, si diradano, si fanno più meditati, come immersi, o sospesi, in un mistico silenzio del pensiero; o, più materialmente, come se sedimentassero di tanto in tanto, per decantazione, nelle vaste campiture di colore.


*Luigi Boille, Victoire, 1959 olio su tela
Luigi Boille. Luoghi di luce, scrittura del silenzio. Opere 1958 – 2015 a cura di Claudia Terenzi e Bruno Aller.
21 giugno – 3 novembre 2019
Musei di Villa Torlonia – Casino dei Principi
Via Nomentana, 70 – Roma