André Kertész è il protagonista della retrospettiva estiva dello Jeu de Paume di Parigi. Le iconiche fotografie dell’artista ne tratteggiano l’intera parabola creativa.
Uno dei grandi fotografi del ventesimo secolo, André Kertész (Budapest, 1894 – New York, 1985) ha lasciato un prolifico corpus di lavori che racchiude più di settant’anni (1912–1984) di attività, la quale confluisce in una miscela intima e poetica che vede la sua sorgente nella cultura ungherese. The Art of Poise: André Kertész, in mostra alla La Galleria nazionale dello Jeu de Paume di Parigi fino al 27 ottobre, ripercorre questa singolare carriera. Ad emergere sono le composizioni che portano il segno dei movimenti artistici d’avanguardia d’Europa: dalle prime sperimentazioni ungheresi dell’artista, alle fotografie con cui esplode il suo talento in Francia, fino agli anni di New York dove raggiunse il massimo livello di riconoscimento internazionale.
Gli inizi nel paese natale furono cruciali per questo artista autodidatta, il cui approccio realistico era lontano dallo stile di pittura inflessibile del movimento pittorico caro ai suoi mentori ungheresi. Arruolato nell’esercito austro-ungarico, Kertész ha impresso con la sua macchina fotografica la quotidiana vita militare, plasmando nel processo una poesia del momento libera da drammaticità e talenti dell’eroismo. Incoraggiato dalla critica positiva al suo lavoro decide di diventare un professionista.
Gli artisti, molti dei quali provenienti dall’Est Europa, al tempo si dirigevano tutti verso Parigi e Kertész arrivò nell’ottobre 1925. Muovendosi in ambienti letterari e artistici all’avanguardia, ha spesso indirizzato l’obiettivo fotografico verso gli amici ungheresi, gli studi di artisti, la vita di strada, dei parchi e dei giardini della città. Sempre a Parigi, nel 1933 si imbarca nelle sue famose serie di nudi distorti e deformati da specchi da luna park, producendo immagini anamorfiche simili nello spirito dell’opera di Pablo Picasso, Jean Arp ed Henry Moore.
Nel 1936 Kertész e sua moglie Elizabeth partirono per New York, dove trova un breve incarico per Keystone, la più grande agenzia fotografica del mondo. Deve lottare, tuttavia, per ritagliarsi un posto per sè in un contesto le cui richieste erano molto diverse da quelle dei suoi anni di Parigi: mostre presso la Galleria PM (1937) e il Art Institute of Chicago (1946) e la sua pubblicazione libro Il giorno di Parigi (1945) non sono abbastanza per stabilizzarlo come una figura d’avanguardia di immediato riferimento. La definitiva consacrazione arriva quando riprende in mano i negativi dell’epoca ungherese e parigina, indirizzandoli verso esposizioni personali e retrospettive, come quella organizzata dalla Biblioteca nazionale francese di Parigi e dal MoMA di New York.