Vox Lux: genesi e rigenesi di una popstar americana. Natalie Portman e Jude Law protagonisti del nuovo film di Brady Corbet, al cinema dal 12 settembre
Dopo il suo brillante esordio con L’Infanzia di un Capo arriva nei cinema italiani il secondo lungometraggio di Brady Corbet, Vox Lux, presentato l’anno scorso alla Mostra del Cinema di Venezia e ben accolto da diversi festival cinematografici in giro per il mondo, da Toronto a Londra, passando per Lisbona e Singapore. Un vero e proprio tour, come quelli compiuti della protagonista, la popstar Celeste, interpretata nella prima parte del film da Raffey Cassidy poi da Natalie Portman.
Vox Lux si apre su un profondo preludio musicale di Scott Walker, musicista e compositore scomparso lo scorso marzo e già autore della colonna sonora de L’Infanzia di un Capo. È l’inverno del 1999 a Staten Island, dalla notte emerge la figura esile e nervosa di un ragazzo che la mattina seguente vedremo entrare in classe con gli occhi bistrati per aprire il fuoco sui suoi compagni di scuola, tra cui la tredicenne Celeste, che prova a far ragionare Cullen Active – così il ragazzo vuole che gli altri lo chiamino, un diretto riferimento al termine legale active shooter, usato negli Stati Uniti per riferirsi a massacratori ponderati, per esempio gli autori della strage alla Columbine High School, in Colorado, che Corbet cita esplicitamente durante questa terribile sequenza iniziale – invitandolo a pregare insieme a lei. Cullen Active le sparerà a bruciapelo, colpendola al collo e provocandole gravi ma non permanenti danni all’apparato cerebrospinale.
Durante la commemorazione dedicata alle vittime della strage, Celeste si esibisce insieme alla sorella Ellie in un brano toccante e memorabile, un inno trasversale che sembra parlare proprio a tutti: Wrapped Up – scritto, come tutti gli altri brani cantati da Celeste nel film, dalla cantautrice australiana Sia – è l’inizio, la genesi per citare il primo dei due atti in cui Corbet ha suddiviso Vox Lux, della carriera di Celeste nell’industria musicale. Si occuperanno di lei un giovane manager, interpretato da Jude Law (che sfoggia qui una voce graffiata e profonda, molto Nashville) e la pubblicista Josie (Jennifer Ehle). Celeste andrà in Europa per realizzare il suo primo disco e poi a Los Angeles per girare il suo primo videoclip Hologram (Smoke and Mirrors), che uscirà poco dopo gli attentati dell’11 settembre.
Anche il secondo atto Rigenesi si apre con una sparatoria: siamo nel 2017, alla vigilia di un concerto-evento di Celeste a Staten Island (luogo dove tutto è iniziato), l’opinione pubblica è scossa dalla notizia di un gruppo di terroristi con addosso maschere molto simili a quelle indossate da Celeste nel videoclip di Hologram che hanno aperto il fuoco su uno stabilimento balneare in Croazia. La notizia mette molta pressione addosso a Celeste (ora interpretata da Natalie Portman), già impegnata a fronteggiare gli scandali del passato (guida in stato di ebbrezza, un incidente d’auto che ha ferito un passante), una vita sentimentale disastrosa e il rapporto con la figlia Albertine (che nel gioco delle parti orchestrato da Corbet è anch’essa interpretata da Raffey Cassidy).
In Vox Lux Brady Corbet lavora con dedizione alla sua visione del coming of age a stelle e strisce, Celeste è figlia di quel fiume carsico di violenza e orrore che scorre sotto le casette unifamiliari della provincia americana, anestetizzata dal benessere suburbano e sovrastata dalle visioni iridescenti della cultura pop.
Lo sguardo rotondo, fragile e determinato di Celeste è l’incarnazione ultima del good good boy della letteratura americana contemporanea, un’esile tredicenne che trova la sua cifra nella tragedia e nel sangue, riuscendo a comunicare il suo dolore a un’intera comunità, quella statunitense, ancora lontana dal regolamentare e ridimensionare la gratuità e la facile accessibilità alle armi, nonostante il numero esorbitante di vittime e gli appelli e le invocazioni che quotidianamente arrivano da ogni parte, non per ultima quella di God Control di Madonna.
Celeste ha tredici anni, sembra fragile e diafana ma è determinata quando le si para di fronte l’opportunità di usare il suo talento per far fortuna «non voglio che la gente pensi troppo, voglio che stia bene», è così che Celeste nasconde le sue ferite con un iconico nastro al collo e prova a fare lo stesso con le nostre attraverso la sua musica.
Brady Corbet mescola i generi, soprattutto nel primo atto – il più bello – in cui assistiamo alla nascita di Celeste come artista e come donna. L’obiettivo privato della camera otto millimetri, il diario, il videogiornale, il footage, sono questi i linguaggi cinematografici che Corbet intreccia con naturalezza per comporre il coming of age di Celeste, per poi chiudere il primo atto con una meravigliosa sequenza onirica, pop e notturna, allo stesso tempo aerea e claustrofobica. Qui Celeste è a letto con un musicista indie che le dorme a fianco, dietro di loro un’enorme finestra mostra lo scorrere delle luci notturne di Los Angeles, lei racconta all’orecchio del ragazzo (e a favore di camera) di un incubo terribile e ricorrente: un tunnel senza fine in cui incontra diversi simulacri di sé stessa ma senza volto. Poco dopo vedremo le immagini di Hologram – girato il giorno dopo – in cui una lunga galleria è attraversata da una moto in corsa sotto luci livide che riflettono i glitter della maschera di Celeste, maschera indosso anche ai ballerini che la circondano e ballano con lei.
Vox Lux prodotto dagli stessi Jude Law, Sia e Natalie Portman, è nella prima parte un racconto vivido e preciso, la nascita di una popstar che s’intreccia e riecheggia nelle pericolose contraddizioni di un paese, gli Stati Uniti dall’avvento del nuovo millennio all’11 settembre. Un racconto che si muove sulle orchestrazioni monumentali di Scott Walker e ha persino una voce narrante: quella sardonica e per nulla accondiscendente di Willem Dafoe. La pellicola si perde un po’ nel secondo atto, con i primi piani sulle turbe e le nevrastenie della Celeste adulta, pop star consumata. Natalie Portman demistifica, andando sui toni più alti, il suo Cigno Nero (il backstage dove Celeste ha il suo breakdown è lo stesso del film di Darren Aronofsky) ma tutto ciò rende più liso e sfrangiato l’immaginario creato da Corbet nella prima parte.
Vox Lux ritrova la cifra del suo racconto durante il finale, sulle magnifiche sequenze del concerto di Celeste, che si esibisce sui brani di tutta una carriera, inni catchy (scritti da Sia come nel caso di Wrapped Up) che celebrano l’indipendenza, la libertà di espressione e l’amore.