In libreria Le Trentasei vedute del monte Fuji di Hokusai in un’edizione speciale nel solco della tradizione Orihon
L’artista giapponese più famoso e celebrato al mondo, l’opera d’arte che ha rivoluzionato l’estetica occidentale dell’arte contemporanea: Le Trentasei vedute del monte Fuji di Hokusai arrivano in libreria in un’edizione speciale (Edizioni L’Ippocampo), un cofanetto pensato per godere al massimo della bellezza e della poetica di questa serie di stampe d’arte.
Quando, all’inizio degli anni Trenta dell’Ottocento pubblica quest’opera, Makushita Hokusai tocca l’apice della sua carriera e rivoluziona l’arte della stampa ukiyo-e. Un’opera d’arte che diventerà fondamentale anche per la cultura occidentale, influenzando artisti, creativi e artigiani, aprendo un orizzonte fino ad allora inedito e originalissimo per le arti visive.
Per molti, Hokusai è considerato l’artista giapponese che più di ogni altro ha influenzato la storia dell’arte moderna occidentale.
Le Trentasei vedute del monte Fuji (La Grande Onda in special modo) è un’opera così famosa da essere stata copiata e riprodotta almenotanto quanto la Monna Lisa di Leonardo. Con la sua arte Hokusai ha ispirato artisti come Monet, Van Gogh e Picasso.
La celebre serie presenta il monte Fuji da una molteplicità di punti di vista e inquadrature, ora solitario e maestoso, ora appena delineato su un lontano orizzonte. Il vulcano sacro è sempre indifferente all’attività degli uomini, che a Hokusai piace rappresentare impegnati nei loro lavori quotidiani. Si erge solitario ma in simbiosi con l’ambiente, tranquillo e benigno, o alle prese con una natura magnifica e spietata.
Alcuni esemplari della 2° veduta, Il Fuji con il sereno – più comunemente conosciuta come Il Fuji Rosso – sono tra le opere più costose di Hokusai vendute all’asta, buttate per oltre un milione di dollari.
In libreria arriva un cofanetto con la serie integrale delle trentasei vedute, con a corredo un libretto che descrive ogni stampa. Grazie a questa edizione che raccoglie tutte le stampe in un unico, lunghissimo, foglio piegato a fisarmonica – nel solco dell’antica tradizione Orihon – è possibile ammirare la varietà dei modelli rappresentativi di Hokusai, che tenendo sempre il Monte Fuji come riferimento indaga il rapporto tra la natura e l’uomo.
Un’intensità di visione raggiunta anche, in parte, grazie all’apertura del Giappone al mondo occidentale. Hokusai e il suo editore difatti faranno ampio uso, per rendere al meglio la propria visione del mondo, del blu di Prussia, importato dall’Olanda e utilizzato a Edo a partire dal 1829.
«Sin dalle età di sei anni ho amato dipingere qualsiasi forma di cosa. All’età di cinquanta ho disegnato qualcosa di buono, ma fino a quel che ho raffigurato a settant’anni non c’è nulla degno di considerazione. A settantatré ho un po’ intuito l’essenza della struttura della natura, uccelli, pesci, animali, insetti, alberi, erbe. A ottant’anni avrò sviluppato questa capacità ancora oltre mentre a novanta riuscirò a raggiungere il segreto della pittura. A cento anni avrò forse veramente raggiunto la dimensione del divino. Quando ne avrò centodieci, anche solo un punto o una linea saranno dotati di vita propria. Prego quelli tra loro signori che godranno di lunga vita di controllare se quanto sostengo si rivelerà infondato. Scrivo questo in tarda età. Usavo chiamarmi Hokusai, ma oggi mi firmo “Manji il vecchio pazzo per la pittura”»
Manji il vecchio pazzo per la pittura, 1834, prefazione alle “Cento vedute del monte Fuji”