Filippo de Pisis è l’antologica che il Museo del Novecento di Milano dedica all’artista ferrarese. Pittore, scrittore, critico, botanico: la molteplicità del suo spirito ci conduce, attraverso la mostra, in un territorio di precaria bellezza. Dal 4 ottobre 2019 al 1 marzo 2020.
Affermare che le opere di Filippo de Pisis sono mosse dal vento sarebbe troppo facile e probabilmente improprio. É indubbio però che una certa brezza, a volte leggera e talvolta più intensa, aleggi sempre nelle sue composizioni armoniche. Forse è quello stesso brivido evocativo che nasce al contatto con un testo poetico, dalle parole che si fanno immagine o, come nel caso del pittore ferrarese, dalle immagini che si prestano ad essere tradotte in parole e che generano, soprattutto, un ulteriore visione lirica. I soggetti di de Pisis – le nature morte, i paesaggi, i ritratti, gli scorci cittadini – vibrano dell’intensità interiore di ciò che è mosso dall’emozione. Il fiore che oscilla, i tetti che sobbalzano, gli sguardi indagatori, i petali che esplodono: tutto è animato da una misteriosa euforia. Questa delicata energia spinge l’atmosfera a destarsi e tutto inizia così a fremere di un’inaspettata eccitazione.
La stessa sensazione cresce mano a mano che si procede per il percorso circolare che il Museo del Novecento di Milano ha dedicato alla mostra Fiippo de Pisis. L’eloquenza dei quadri è assoluta protagonista dell’esposizione, scevra di appendici a disturbare l’immagine (salvo le discrete didascalie poste su un gradino ai piedi delle opere). Scelta precisa dei curatori Pier Giovanni Castagnoli e Danka Giacon che pongono parallelamente l’attività pittorica e letteraria di de Pisis, il quale è stato anche fine scrittore e critico (collaborò con Valori Plastici e contribuì alla definizione della poetica metafisica). Le due anime rimangono, ma sono scisse e le sue parole trovano ampio e personale respiro in una sala a loro interamente dedicata. Servirebbe, forse, anche una sala dedicata alla sua passione per la botanica, alla quale si dedicò fin da piccolo con la realizzazione di un vasto e preciso erbario. Indagine che si è riversata nel lavoro pittorico: numerosi i ritratti floreali in cui de Pisis lascia esplodere di colore i petali, costruendone e disfacendone la materia in un qui e ora esemplificativo della sua poetica.
Come racconta l’esposizione, Filippo de Pisis ha affondato il suo sguardo nella semplicità ricavandone l’inestimabile poesia. Partendo da Ferrara, dove entrò in contatto con i fratelli de Chirico, fece esperienza della mobilità e della varietà della vita spostandosi a Parigi, base per i continui ritorni in Italia tra Cortina, Roma, Milano, Venezia (dove visse) fino all’ultimo periodo tristemente trascorso alla clinica psichiatrica di Villa Fiorita, a Brughiero. Trame naturalistiche, cittadine, casalinghe che l’artista ha reso pittoricamente tramite segni veloci, variazioni cromatiche rapide e pallide, matericità carnosa, forme semplificate e impostazioni armoniche. Ricombinando gli elementi a lui più cari (fiori, animali, mare, ortaggi, frutta, occhiali, tavoli, muri, volti, vicoli cittadini) de Pisis ha reso con stile personale una realtà silenziosa ma potente, sottilmente posizionata sul confine dell’irreale.
“Alle volte una penna di pollo, una povera penna polverosa raccolta sulla via e contemplata in un’ora di grazia, può essere stata il tocco spento per la composizione di un buon quadro, una bella natura morta, ripiena di quel segreto spirito che sa di eterno”
Filippo de Pisis
Opere come I Pesci sacri, Natura morta con fiori e funghi, Grande natura morta propongono accostamenti da intendere soggettivamente, che siano sul bilico di un tavolo o su grandi spiagge dai mari sottilissimi. Spesso nubi scure sovrastano tempestosamente scenari silenziosi e sembrano ammonire sulla necessità di riflettere sull’esistenza attorno a noi. I dettagli e il loro assemblaggio (un pò come accade per il metafisico de Chirico, suo dirimpettaio nella mostra di Palazzo Reale) tramutano il consueto verso il sorprendente e allo stesso tempo ne sottolineano il valore essenziale: tutto è precario, instabilmente posizionato, mosso dalla febbre di un attimo, colto nel momento di intima rivelazione. De Pisis ci offre molteplici occasioni, poesie in immagini, varchi verso una bellezza che domani potrebbe non esserci più.
*Filippo de Pisis, Grande natura morta