“La fotografia non è certo una risposta ai problemi della società, ma è pur sempre un modo efficace di comunicare esperienze e sentimenti”. Parola del maestro Elliot Erwitt, presente all’anteprima di Family, in scena fino al 15 marzo 2020 al Mudec di Milano.
Dalle scene intime grondanti di dolcezza, come quelle in cui il fotografo posa lo sguardo sulla moglie nell’atto di allattare la figlia appena nata, agli eventi emblematici della storia umana, come il ritratto di Jackie che nasconde le lacrime dietro al velo nero durante i funerali di JFK. 60 scatti, selezionati personalmente da Elliott Erwitt con il supporto della curatrice Biba Giacchetti, compongono l’album di famiglia della storia del nostro secolo, un mosaico di immagini a restituire diverse fra le infinte sfaccettature di un concetto tanto indefinito quanto universale come quello di famiglia.
Dal 16 ottobre al 15 marzo 2020, il Mudec ospita la mostra “Elliott Erwitt. Family”, promossa dal Comune di Milano-Cultura e prodotta da 24 ORE Cultura-Gruppo 24 ORE, in collaborazione con SUDEST57 e con il contributo di Lavazza, impegnata nel mondo della fotografia fin dal primo Calendario Lavazza del 1993. Un’esposizione inedita, appositamente studiata per il museo meneghino, che racconta settant’anni di storia della famiglia, intesa non come legami di sangue ma come gli affetti di cui ognuno di noi sceglie di circondarsi, dagli amici agli animali domestici. Senza farsi scoraggiare da lunghe ore di volo e jet lag, il maestro Elliott Erwitt, ormai novantunenne, ha partecipato alla presentazione della mostra portando con sé tutta l’ironia e l’umiltà che contraddistinguono il suo carattere nonché la sua arte “Sono felicissimo che ci siano così tante persone qui, a vedere le mie opere, è davvero un onore. In questo momento così delicato della storia dell’umanità, la fotografia non è certo la risposta ai problemi della società, ma è pur sempre un modo efficace di comunicare esperienze e sentimenti. Le mie foto non sono in vano, dunque. Fare il fotografo è il mestiere più bello del mondo. E vieni anche pagato per farlo.”
Se le parole non sono in grado di definire con esattezza il termine famiglia, la fotografia è capace di coglierne le sembianze senza limiti di nessun tipo. In mostra, accanto ad alcune fotografie, oltre alla didascalia figura un aneddoto legato all’immagine, al contesto in cui è stata scattata o ai soggetti rappresentati. Se alcuni scatti sono frutto di una vera e propria messa in scena, come il popolarissimo ritratto parigino del cane che salta accanto al padrone del 1989, altre sono puramente figlie del caso, come l’immagine della ragazza brasiliana incinta che serve il caffè in un bar di Milano, poi inserita nel celebre Calendario Lavazza 2000.
A un certo punto della conferenza, Erwitt accenna alcune parole in italiano “Sono stato a Milano molto tempo fa…“. Forse non tutti sanno, infatti, che l’artista nacque a Parigi nel 1928 da genitori russi emigrati, per poi trascorrere i primi anni di vita a Milano. All’età di 10 anni, dovette abbandonare la città a cause delle leggi razziali. Alla domanda “Come scatta le sue fotografie?”, Erwitt risponde “Non c’è una regola per scattare. A volte scatto bene, ma la maggior parte delle fotografie che faccio vengono male. Bisogna guardare, osservare, trovare qualcosa, elaborare un modo comunicativo di rappresentarlo e poi scattare. In questo momento sto lavorando a un libro che penso sarà un grande traguardo: racchiude tutte le foto mancate della mia vita. Le ho tenute tutte. Ho esaminato i miei archivi e ne ho estratto foto che forse possono essere di valore”.
Informazioni
Dal 16 ottobre 2019 al 15 marzo 2020
Lun 14:30 – 19:30 | Mar, Mer, Ven, Dom 09:30 – 19:30 | Gio, Sab 9:30 – 22:30