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Dal micro Burri rotante alla Costa Azzurra di Gagosian. Tutto il meglio di FIAC 2019. Parigi in crescita assoluta

Perrotin, JR al Louvre Perrotin, JR al Louvre
Perrotin, JR al Louvre
Perrotin, JR al Louvre

Ci vorrà ancora tempo per la consacrazione totale, ma l’ascesa costante degli ultimi anni di Parigi sul mercato (e tutto quello che gravita e ne concerne) è palese. E la sfida con Londra si infiamma. Grazie anche agli avamposti di gallerie come Zwirner (inaugurata ieri al Marais) che nascono e crescono in giro per la Ville (si parla anche di Hauser, Pace e Lévy Gorvy pronti al salto sulla Senna) e una Brexit latente che spinge la corrente del contemporaneo verso la Tour Eiffel. Letteralmente, visto che questa 46esima edizione di FIAC, la storica fiera d’arte moderna e contemporanea di Parigi (dal 17 al 20 ottobre), dal 2021 graviterà all’ombra della Torre su Champ de Mars, in una mega tensostruttura temporanea già soprannominata Grand Palais Ephémère per la transitoria futura somiglianza. Il Grand Palais, sede in cui è tornata dal 2005, si prepara a un vigoroso (invasivo) restyling per esser un favoloso bonbon a cinque cerchi per le Olimpiadi del 2024.

Qualsiasi sede sarà, resta il fatto che (causa incertezza e prevedibili instabilità economiche al di là della Manica) Parigi si candida prepotentemente a capitale europea del mercato dell’arte, non solo come nume del collezionismo europeo (continentale), ma come magnetica luce che balena le proprie mire a livello globale, puntando a calamitare al principio degli Champs Elysées soprattutto buyer d’oltreoceano (nordamericani) e dell’estremo oriente (in vertiginoso aumento). Problematiche più o meno improrogabili da risolvere in casa della Regina a parte, c’è elettricità nell’aria fresca parigina d’autunno (che ha portato pochissimi giorni fa anche la data certa di apertura del nuovo super museo di Pinault da 170 milioni di euro all’ex Borsa il prossimo giugno). Basti sentire (e soprattutto guardare) l’intenso vocio tra gli stand di quest’anno (mai visti corridoi così traboccanti persone alla preview del 16 ottobre), le vendite decisamente importanti (anche a sei zeri) fin dalle primissime battute appena spalancati i battenti di vetro, porfido e ferro (solitamente Fiac si differenziava da Frieze proprio per la minor frenesia compulsiva all’acquisto) del Palais, nonché lo sciamare circostante verso le casa d’aste Artcurial, Christie’s, Sotheby’s e fiere satelliti collaterali.

199 le gallerie quest’anno di FIAC (da 29 paesi), cresce la percentuale di presenze africane, si consolidano le italiane non alla loro maggior prova (l’anno scorso le nostrane facevano decisamente la voce grossa, oggi meno). Scadente, se qualche appunto si può e deve fare, la traversata delle Tuileries costellata da sculture e installazioni della fuori FIAC “hors les murs”. 23 opere più le 5 sventolanti in Place de la Concorde e la mega zucca giallo nera di Kusama cresciuta a Place Vendome. Un calvario divertente, tracciato da sculture tanto brutte e colorate (la maggior parte) quanto inutili (ma che fanno atmosfera e sono molto instagrammabili, questo sì) che ha la sua consequenziale chiosa verso il basso (e l’impellente conato di vomito) nella tremenda mano che coglie tulipani (più ani che tulipani è bene ricordarlo) di Koons accanto al Petit Palais. L’unica nota positiva è che per quanto sia imponente sia anche abbastanza nascosta. Ma sia chiaro: non dovrebbe esistere una cosa del genere a Parigi.

Finiamo la cavalcata di fango godendoci le mostre di El Greco (retrospettiva a fianco la fiera al Grand Palais) e due piccole perle al Petit Palais, Gemito e un Courbet corpo a corpo con Yan-Pei Ming. Fuori, tra i due Palazzi fratelli, sibila meccanicamente l’appiccicosa installazione (Sucre cristal di Vivienne Roubaud) che spara senza sosta enormi filamenti di zucchero (filato) per la gioia di mamme e bambini, accorsi in massa per l’occasione. Sempre fuori, la pioggia a cascata in direzione orizzontale e contraria continua imperterrita. Entriamo.

Queste le migliori cose viste quest’anno in fiera.

Pura raffinatezza. Paula Cooper non ha un filo, una foto, una tela, un chiodo fuori posto. Dialoghi e corrispondenze intessute e racchiuse in sale che si rimbalzano concettualmente l’una con l’altra. E si ammirano. Un frenetico Cecily Brown, denso con figura radente, inchioda il visitatore alla parete e allo stand, spalancando la sua antitesi estetica: ricerca analitica e intimità riflessiva.

Paula Cooper
Paula Cooper
Paula Cooper
Paula Cooper
Paula Cooper
Paula Cooper
Paula Cooper
Paula Cooper

Tutto David Zwirner. Inaugura la nuova mega meravigliosa sede con Pettibon in pieno Marais, mentre in fiera presenta una doppia accoglienza di lusso (Tillmans ecologico-ambientali da una parte, i paesaggi su lino di Lucas Arruda dall’altra) che prepara a un vortice di opere di Sherry Levine nel ventre stand.

David Zwirner.
David Zwirner.
David Zwirner.
David Zwirner.
David Zwirner.
David Zwirner

Estremi angoli sud fiera. Sud-est: sfilata serrata e ordinata di Mimmo Rotella da Cardi, un gran colpo d’occhio e di teatro vista armatura di vetro decorata in ferro che racchiude il tutto, lo stand e la fiera. Sud-ovest: pura coerenza ed eleganza il booth di Thomas Zander (opere di Ruscha, Judd, Dudley, White).

Cardi Fiac 2019
Cardi Fiac 2019
Thomas Zander
Thomas Zander
Thomas Zander
Thomas Zander

Miscela polimaterica (lacca, acrilico, gesso, carbone, acquerello, matita) e palindroma nell’Anagramma poetico di Jitish Kallat (2019) da Templon.

Jitish Kallat (2019) da Templon
Jitish Kallat (2019) da Templon

Morte e mandala. Ritorno (ennesimo e in tutti i sensi) di Damien Hirst con un cosmo concentrico e caleidoscopico di farfalle che si librano cristalizzate nell’oscurità totale (White Cube).

Damien Hirst
Damien Hirst

L’ingresso fiera. L’accoglienza espositiva, vetrina della fiera, è grandiosa. In ordine, da sinistra a destra: Spruth Magers (Longo e Kara Walker), Neugerriemschneider (geografie pittorico mentali intessute da Andreas Erikkson, Texture Mapping), Perrotin (con l’onirico crepaccio trompe l’oeil di JR al Louvre) e Gladstone (con tulipani di Mapplethorpe che fanno il verso ai tulipani di Koons fuori)

 Neugerriemschneider
Neugerriemschneider
Perrotin, JR al Louvre
Perrotin, JR al Louvre
Gladstone
Gladstone
Koons
Koons

Artists on the French Riviera. Stand d’autore di Gagosian. L’atmosfera dei favolosi anni Cinquanta in Costa Azzurra rievocata attraverso Villa Santo Sospir a Saint-Jean-Cap-Ferrat, decorata da Jean Cocteau con illustrazioni a tempera di divinità mitologiche greche. Uno stand bagnato da opere di Calder, Picasso, Giacometti, Yves Klein, Matisse, Picabia.

Gagosian
Gagosian
Gagosian
Gagosian

Combo piatta di pittura e collage. Solo show di Magnus Plessen firmato Mai 36

Solo show di Plessen firmato Mai 36
Solo show di Plessen firmato Mai 36

Granchi di ceramica “immersi” nel magnete. Denso e apocalittico relitto targato Roberto Cuoghi da Chantal Crousel. Ogni essere umano è appeso a quella sottile catenella che pende dall’opera, centro di gravità calamitante lo scenario magnetico in tensione.

Roberto Cuoghi da Chantal Crousel
Roberto Cuoghi da Chantal Crousel

Doppia super chicca di Mazzoleni: micro Burri rotante (con dedica) e Hartung storico del 1958

Burri rotante Mazzoleni
Burri rotante Mazzoleni
Hartung 1958
Hartung 1958

Menzione speciale per Sadie Coles e Kordansky per gli stand totalizzanti

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