Sette padiglioni, sette macro aree tematiche e oltre seicento progetti: il Maker Faire – The European Edition 2019, ospitato alla Fiera di Roma e appena concluso, si conferma un momento d’ispirazione all’insegna dell’innovazione e della creatività. Novità di quest’anno è la Maker Art, una sezione interamente dedicata al binomio arte e tecnologie, a cura di Valentino Catricalà, che attraversa trasversalmente i diversi padiglioni.
Gli artisti sperimentano, costruiscono, creano tecnologie tramite cui disseminare la propria visione artistica, innovando. Sono sempre più quelli che collaborano con centri di ricerca, dipartimenti scientifici, ingegneri e tecnici, aziende del settore tecnologico. Pier Alfeo, Simone Pappalardo e José Angelino, Matteo Nasini, Maria Grazia Pontorno, Martin Romeo, Lino Strangis, Mat Toan, e tanti altri artisti, nazionali e internazionali, si sono riuniti al Maker Faire 2019 per lavorare a temi come la sostenibilità ambientale, il riscaldamento globale, il rapporto uomo-tecnologia-natura, la società delle immagini, con il proposito di spingere il visitatore a fermarsi, anche solo un secondo, e a riflettere.
Ed è così che, camminando tra gli stand del Maker Faire, ti puoi imbattere in “πton” dei Cod.Act. Un lungo tubo nero di gomma, chiuso ad anello, che si contorce, ondeggia, striscia, rispondendo a degli stimoli sonori provenienti da altoparlanti, sostenuti da quattro persone. In una sorta di danza sempre più inquietante πton sembra cercare, quasi in agonia, una via di fuga tra i visitatori. La creatura è in realtà un’installazione audio, risultato di un esperimento sulla relazione tra la distorsione di una struttura elastica e la sintesi della voce umana.
Basta girare l’angolo per trovarsi in un atelier di robot intenti a ritrarre una figura, ciascuno con prospettive diverse. Questo è “Human Study #1”, di Patrick Tresset: un’installazione performativa dove cinque robot disegnano un modello umano. Come corpo sono dotati di vecchi banchi di scuola su cui è appoggiato il foglio; il braccio sinistro, imbullonato al banco, sorregge invece una penna bic, intrappolata in un movimento incessante. I cinque robot sono simili tra loro, eccetto per gli occhi: c’è chi è dotato di una fotocamera digitale obsoleta, chi di una webcam di bassa qualità…osservano ossessivamente il modello umano, lo “studiano” e lo riproducono meccanicamente sul foglio.
Risate di bambini ti distraggono, le voci provengono da sotto a un gigantesco rullo di erba sintetica. Il “GrassRoller” di Mattia Casalegno è un congegno meccanico la cui unica funzione è quella di rotolare un gigante rullo di erba sintetica sul corpo degli avventori, suscitando sorrisi in chi vi si sottopone.
Al di là del progetto Maker Art, ogni padiglione del Maker Faire è concepito come un micro cosmo di stimoli ed emozioni. Quello più coinvolgente è forse il padiglione 5, con un’intera area dedicata ai laboratori per bambini. Ed eccoli, questi piccoli geni intenti a imparare il coding, la robotica creativa, l’elettronica e il craft design. Tu li fissi meravigliata mentre creano, con straordinaria naturalezza, linguaggi poco prima ignoti regalandoci, a loro insaputa, una performance artistica.