Chuck Close rappresenta l’anello di congiunzione tra fotografia e mosaico ed è entrato a pieno titolo nella VI edizione della Biennale di Mosaico Contemporaneo 2019. Intervista a Daniele Torcellini, curatore della mostra Chuck Close. Mosaics in corso a Ravenna
Chuck Close. Mosaics al MAR – Museo d’Arte della città di Ravenna presenta una ricca selezione di opere dell’artista statunitense in corso fino al 12 gennaio 2020. Noto sulla scena internazionale dalla fine degli anni ’60, l’artista americano, affetto da prosopagnosia, ha innescato un percorso di ricerca sugli infiniti modi di rappresentare lo stesso soggetto, dal realismo fotografico ai limiti dell’astrazione.
L’esposizione a Ravenna ha richiesto più di due anni di preparazione. La descrive così il curatore Daniele Torcellini: “È divisa in due sezioni diverse perché da un lato contempla la più recente produzione di opere a mosaico in collaborazione con due laboratori, il Mosaika Art and Design e Magnolia Editions con cui Close collabora da diversi anni anche per la produzione degli arazzi ed è una produzione di mosaici che fa seguito all’inaugurazione di Subway Portraits del 1 gennaio del 2017 quando la Second Avenue Line della metropolitana di New York è stata aperta con quattro interventi di arte pubblica e Close ha prodotto 12 pezzi che sono stati installati permanentemente nella stazione della 86esima strada. A seguito di questo progetto Chuck Close ha continuato con il mosaico producendo altre opere in mostra al MAR di Ravenna”.
Continua il curatore: “La prima sezione è la mostra personale di Chuck Close e la seconda offre la documentazione delle vicende e degli esiti del lavoro della metropolitana con fotografie e video. Nella personale con le opere a mosaico di Close sono esposti 15 pezzi molto significativi con sette pezzi a mosaico e otto opere che affiancano i mosaici e in qualche modo testimoniano l’interesse di Close nei confronti delle tecniche extra pittoriche e nella multiformità della sperimentazione. Sono arazzi, un tappeto, una stampa in xilografia, fotografie Polaroid e una particolare stampa effettuata con timbri in feltro”.
“Quello che è accaduto con l’operazione sia della Metropolitana sia con la produzione di questa ultima serie di opere – aggiunge Torcellini – è che il mosaico è stato spinto oltre i suoi limiti con un’attitudine fortemente sperimentale, che è la stessa attitudine sperimentale che Close ha utilizzato in tutta la sua carriera artistica, ridefinendo le forme del ritratto. In questo caso, allo stesso modo è stato fatto per il mosaico sperimentando i materiali e i modi di utilizzare i materiali. Riporta alla luce quella duplice visione a cui Chuck Close è sempre stato interessato, cioè del tutto e delle parti che costituiscono il tutto”. Una caratteristica entro la quale l’artista statunitense ha lavorato per anni adottando la fotografia “ma in modo inedito, come strumento di lavoro, fase di un processo che si conclude con un dipinto e le grandi dimensioni non sono tanto un rimando cinematografico quanto un modo per fare del volto umano una topografia esplorabile pezzo per pezzo. E questa è la caratteristica intrinseca al mosaico”.
Ma da dove è nata l’occasione di portare Close al MAR? “Sono entrato in relazione con Chuck Close attraverso il laboratorio canadese che ha collaborato con lui nella produzione dei mosaici e Close si è interessato in prima battuta con l’idea di presentare e promuovere il loro lavoro e l’operazione della metropolitana a Ravenna, ritenendo la città altamente simbolica. E per chi lavora con mosaico, Ravenna rappresenta comunque un punto di passaggio“.
Nel catalogo, uscito in occasione della mostra, edito da Silvana Editoriale, l’artista, voce tra le più affascinanti del mosaico contemporaneo, descrive il suo processo di lavoro con queste parole: “Da sempre apprezzo i processi lenti. Può volerci anche un anno prima che termini un dipinto. Per la mia prima, piccola stampa d’artista serio e adulto, ho deciso per la mezzatinta, perché nessuno sapeva più realizzarla. Il procedimento è molto lento e cede l’immagine con riluttanza. A mio parere, anche gli arazzi sono interessanti, non perché si tratta di un’attività arcaica, ma perché l’immagine viene costruita. Poi amo il fatto che ci sia una griglia, dove la trama, il filo orizzontale, scivola sotto o sopra l’ordito e il filo verticale e non si tratta di un lavoro rapido. I mosaici producono l’immagine basandosi sull’aspetto dei singoli elementi (pietra, ceramica e così via)”.
- nella foto di apertura
Chuck Close, Lucas/Mosaic 2019, Glass smalti and ceramic combination, 86-5/8 x 72” fabricated by Mosaika Art & Design. Photo courtesy of Mosaika Art and Design