….the Illuminating Gas è la sinestetica mostra che HangarBicocca ha allestito a Milano. Protagoniste le opere luminose e colme di riferimenti letterari, musicali e artistici di Cerith Wyn Evans. Fino al 23 febbraio 2020.
Cerith Wyn Evans (LIanelli, Galles, Regno Unito, 1958; vive e lavora tra Londra e Norwich) è ironico e coltissimo. «Ero un secchione da bambino. Non riuscivo ad essere presente nel mondo. Avevo una devozione per i libri», racconta partecipe ai giornalisti. L’artista concettuale, celebre per il suo “cinema espanso” anti-narrativo e – dagli anni Novanta – per le installazioni site-specific di luce e suono, fin da ragazzo, era così innamorato dell’arte sperimentale, da “arrivare fino a qui”. Alla grandiosa personale – la più grande esposizione di 24 opere mai realizzata – ….the Illuminating Gas, curata da Roberta Tenconi e Vicente Todolì per Pirelli HangarBicocca.
Nel 2018 Cerith Wyn Evans vince il premio Hepworth per la scultura, quello che considera – in una sincera e divertita confessione – uno “stupido” trofeo. La scultura per lui è una pratica non sense “simile a versare una bottiglia di limonata nell’oceano”, in pieno spirito Fluxus.
HangarBicocca è tornato a splendere come è accaduto per le mostre di artisti che, prima di Cerith Wyn Evans, si sono confrontati con lo spazio, la luce e le ombre, le immagini in movimento e il suono; Lucio Fontana con i suoi cruciali ambienti/environments e Philippe Parreno nell’estatica mostra Hypothesis, curata da Andrea Lissoni nel 2015. Con Evans la luce si fa soprattutto tempo, nella sua dilatazione, manipolazione, sospensione e messa in crisi. Con un particolare faro puntato sulla decostruzione dei meccanismi convenzionali di visione e sull’opera-mondo che racchiude un percorso (parkour) non lineare, ma morbido e aperto in cui attivare relazioni uniche e personali con l’architettura. Ci si può librare zigzagando con improvvisi scatti erratici della testa e degli occhi. Confrontandosi – nell’enigma dello spazio – con il movimento, la durata e il ritmo.
I principali riferimenti artistici dell’arte del Novecento, che si insinuano ed emergono frequentemente, nella pratica di Cerith Wyn Evans sono tre Marcel: Marcel Duchamp, Marcel Proust e Marcel Broodthaers. Ma l’ambito dei richiami e delle citazioni è molto più vasto e attraversa lo scibile umano del XX e XXI secolo. Dalla drammaturgia del teatro Nō, Evans traspone i movimenti coreografici in disegni di luce al neon per la serie Neon Forms (after Noh) del 2015-2019. Dal cinema Pasoliniano, attinge spunti per la parte grafica, testuale e installativa delle opere. Ai musicisti contemporanei come Russel Haswell e Florian Hecker si accosta – anche con importanti collaborazioni – per esplorare l’idea di una composizione astratta e sintetica, per indagare l’irrepetibilità dell’esperienza in termini di visione e ascolto.
L’inconsistenza del gas che illumina (a cui si rifà il titolo della mostra) riconduce ad un’idea non retinica dell’arte, mentre il suono dell’opera Composition for 37 Flutes è “una forma di intuizione che guida il visitatore all’interno di una passeggiata”. Agisce come un simulacro, ti viene incontro come una vera epifania. Le navate e il cubo di HangarBicocca parlano. Una lingua allusiva, viscerale, appassionata. Una meditazione piena di stupore e gratitudine sotto forma non solo di luce, ma anche di vuoto e buio. Evans la descrive come “lettera d’amore allo spazio” che contiene molteplici codici e ampie contaminazioni sinestetiche. A partire dall’opera – il cui titolo racchiude poesia concreta e nozioni di fisica quantistica – StarStarStar/Steer (totransversephoton) 2019.
Sette colonne luminose, sospese a pochi centimetri da terra, si attivano a ritmo lento e alterno assecondando un impulso luminoso. Fluttuano tra lo stato di trasparenza – in cui si intuiscono componenti e materiali – e una condizione talmente abbagliante da trasformarsi in esseri invisibili. Il loro pulsare “cardiaco” sollecita anche i silenziosi e imponenti abitanti di HangarBicocca, i Sette Palazzi Celesti di Anselm Kiefer. ….the Illuminating Gas ha l’enorme potere di riaccendere la vivacità e la dinamica dello spazio espositivo, facendo saltare le coordinate spazio-tempo, amplificando il dedalo di immagini e i densi strati di senso in mitologie di un futuro prossimo.
*Neon Forms (after Noh I), 2015
Neon bianco/White neon
353 x 302 x 212 cm
Courtesy White Cube. Foto Agostino Osio