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Lucca spalanca le mura alla fotografia: al via la quarta edizione di Photolux Festival

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A Lucca torna Photolux Festival, la biennale che getta uno sguardo limpido sul panorama fotografico internazionale. Dal 16 novembre all’8 dicembre 2019, 20 mostre diffuse per la città e un ricco palinsesto di eventi che ruota attorno al tema Mondi | New Worlds.

Superare i muri, conquistare nuovi mondi. Questo lo spunto da cui prendono il via le mostre in scena nella città d’arte toscana in occasione della quarta edizione di Photolux Festival. Diretta da Enrico Stefanelli, la biennale internazionale di fotografia lucchese prende il titolo di Mondi|New Worlds, sfidandosi a raccontare le vicende che hanno segnato il secolo scorso, volgendo lo sguardo verso il futuro. Un tema quantomai attuale: quello del desiderio umano, profondo e primordiale, di spingersi oltre i limiti, le barriere, i muri. Storie che parlano di conquiste, di rivoluzioni, di percorsi verso il cambiamento, di slancio versò la volontà di cambiare il passato per costruire un mondo migliore.

Dmitry Markov, dalla serie #Drafts | courtesy VisionQuest gallery

A celebrare il 50° anniversario del primo uomo sulla Luna, la collettiva 02:56 AM. To the Moon and Back presso il Palazzo delle Esposizioni della Fondazione Banca del Monte di Lucca. Una selezione di immagini dall’archivio NASA e opere di autori quali Antonio Biasiucci, Vincent Fournier, Maja Rata, Penelope Umbrico e altri. E ancora, installazioni, sculture e opere di arte visive plastiche che hanno guardato alla Spazio, e più in particolare alla Luna, a formare un viaggio esperienziale che rilegge la storia dell’uomo e gli sforzi che ne hanno cambiato il percorso.

Graziano Panfili, dalla serie “Alienation” | © Graziano Panfili

A Palazzo Ducale è protagonista la celeberrima Magnum Photos, il cui archivio è declinato secondo i significati del termine Rivoluzione. Magnum Revolution documenta oltre sessant’anni di storia attraverso l’obiettivo di alcuni fra i più importanti reporter del Novecento, da Josef Koudelka a Susan Meiselas, dal culmine della Guerra Fredda con la rivolta ungherese del ’56 alle vicende più attuali dell’era di Twitter.

Josef Koudelka, Cecoslovacchia, Praga, agosto 1968. L’invasione delle truppe del Patto di
Varsavia | © Josef Koudelka/Magnum Photos

Abbas | The Iranian Revolution 1979, a cura di Enrico Stefanelli in collaborazione con Magnum Photos, racconta la rivoluzione iraniana vista dal fotografo Magnum Abbas (Khash, Iran, 1944), che ha documentato il Paese durante gli avvenimenti che segnarono la caduta dello scià di Persia, Reza Pahlavi, e la salita al potere dell’Ayatollah Khomeini.

L’Iran è anche al centro di Inerzia e forza: una seconda rivoluzione, a cura di Simindokht Dehghani, in collaborazione con AG Galerie di Teheran. Una mostra che rivolge uno sguardo approfondito sulla fotografia contemporanea in Iran, il cui capostipite è Bahman Jalali (1945-2010), tra le voci più autorevoli di un passaggio dalla fotografia documentaria all’estetica contemporanea.

Abbas Attar, Iran, Teheran, 25 gennaio 1979 | © Abbas/Magnum Photo

Sempre Palazzo Ducale dedica due focus alla Russia. Il primo è il reportage The April Thesis di Davide Monteleone (Potenza, 1974) che, a poco più di cento anni dalla Rivoluzione di ottobre, costruisce una cronologia delle due settimane della vita di Lenin precedenti a quegli eventi che hanno cambiato la storia della Russia e del mondo intero. L’altro, #Draft, presenta il lavoro di Dmitry Markov (Pushkino, Russia, 1982) che documenta la vita quotidiana della città di Pskov. Markov scatta le sue fotografie utilizzando uno smartphone che poi condivide su Instagram. Sono immagini che ritraggono persone emarginate, ai confini della società.

Davide Monteleone, The April Thesis | © Davide Monteleone

E ancora, la mostra di Vincent Delbrouck (Bruxelles, 1975) restituisce un’immagine reale di quello che è l’isola di Cuba oggi. A Photolux Festival, l’artista belga presenta Champù. The youth of la Vibora, una serie di ritratti di adolescenti appartenenti alla generazione nata in quello che viene chiamato “periodo speciale”, ovvero negli anni immediatamente successivi alla caduta del Muro di Berlino e al collasso dell’Unione Sovietica, che hanno portato a una seria carenza di cibo e di beni di consumo.

Vincent Delbrouck, Leslie, December 2018, dalla serie “Champu. The Youth of La Vibora” | ©Vincent Delbrouck

A conclusione del percorso a Palazzo Ducale, la proiezione delle immagini che racconta la storia del Prix Pictet dal 2008 a oggi e di quelle dei finalisti dell’edizione 2019. Il premio, fondato nel 2008 dal Pictet Group, è oggi riconosciuto come uno tra i più prestigiosi riconoscimentiper la fotografiaal mondo. Ogni anno, concentra l’attenzione su un tema che promuove la discussione e il dibattito su questioni legate alla sostenibilità. Quello di quest’anno è Hope, speranza.

Altro principale polo espositivo di Photolux è lo spazio della Ex-Cavallerizza. Qui viene presentato al pubblico, per la prima volta in Italia, il progetto di Joan Fontcuberta (Barcellona, 1955), Gossan: Mars Mission ambientato a Huelva, la città nel sud-ovest della Spagna che è stata il porto di partenza per le spedizioni verso il Nuovo Mondo, e che oggi spera di prendere parte alla prossima grande avventura dell’umanità: la conquista di Marte.

Joan Fontcuberta, Pausa dell’astronauta nel mar di Teleras, 2018 ,dalla serie “Gossan: Mars Mission” | © Joan Fontcuberta

Il confine tra realtà e finzione è al centro del lavoro del fotografo brasiliano Paulo Coqueiro. In Don’t lie to me, Coquiero segue le vicende di Tito Ferraz, alter ego dell’artista. In un Brasile sommerso dai pettegolezzi, dalle fake-news, da convinzioni senza prove concrete e da una manipolazione dell’opinione pubblica come mai si era vissuta prima, Tito Ferraz è indice dell’era della post-verità, della fragilità della nostra capacità critica e del potere dell’apparenza e della rappresentazione.

La notte più lunga è invece il titolo della mostra che presenta lo straordinario reportage che Dario Mitidieri (Villa d’Agri, 1959) ha realizzato nel 1989 durante la rivolta di piazza Tienanmen a Pechino. A trent’anni di distanza, il lavoro di Dario Mitidieri acquista una nuova importanza, che permette al visitatore di tornare a quei giorni attraverso immagini vivide, scandite da attimi drammatici. L’insieme di questi frammenti diventa racconto, cronaca e testimonianza: osservandoli sembra si possano udire i suoni e le grida, notare i movimenti scomposti, gli sguardi attoniti mentre la notte assiste alla tragedia.

Dario Mitidieri, Pechino, Cina. Un bambino accoglie i soldati cinesi che stanno arrivando in Piazza Tienanmen, solo poche ore prima del massacro | © Dario Mitidieri

La città di Berlino è al centro di due esposizioni che ne ripercorrono la storia recente. Da un lato, Udo Hesse (Troisdorf, Germania, 1955) con East-Berlin presenta il suo reportage realizzato tra il 1981 e il 1983 tra strade della capitale della Germania Est, nel quale documentò la vita quotidiana e alcune occasioni particolari, come le parate del 1° maggio. Dall’altro, Stéphane Duroy (Bizerte, Tunisia, 1948), con Berlin 1980-1990, consegna ai visitatori le immagini degli ultimi anni della storia di Berlino, conclusasi il 9 novembre 1989, con la caduta del Muro.

Udo Hesse, Berlin, Köpenick, 1983, in a café © Udo Hesse

Nella maestosa cornice di Villa BottiniLa rivelazione umana rende omaggio al fotoreporter di guerra Romano Cagnoni, scomparso nel 2018. Dal reportage sul Vietnam del Nord (1965), dove fu l’unico fotografo occidentale ammesso nel territorio ai pluripremiati reportages in Briafa (1968-1970), passando per il Cile prima del Golpe per mano di Pinochet (1971) o la rivoluzione in Romania (1989), 49 fotografie ripercorrono la carriera del fotografo toscano, testimone di drammatici cambiamenti storici e sociali.

Romano Cagnoni, Biafra, 1968 | © Romano Cagnoni

Behind the wall è il titolo della mostra di David Appleby (Londra, 1981) che raccoglie le foto di scena e il ‘dietro le quinte’ di The Wall, la riduzione cinematografica del famoso album dei Pink Floyd. Come afferma lo stesso Appleby, “Queste fotografie rappresentano al meglio i ricordi di quella esperienza, ma non sarebbero diventate una mostra se i 10.000 negativi bianco e nero originali non fossero stati disseppelliti dalla cripta degli Studios di Pinewood, dove sono stati conservati per quasi 30 anni. La storia e l’immaginario di questo film erano talmente potenti che riuscire a catturare quell’atmosfera surreale e sconvolgente è stata per me una meravigliosa sfida”.

A Villa Bottini si trova anche l’installazione digitale che presenta i vincitori del Sony World Photography Award 2019.

David Appleby, Il dottore (Ellis Dale), il professore (Alex McAvoy), la moglie (Eleanor David), la madre (Christine Hargreaves) e il padre (James Laurenson) |© David Appleby

Come di consueto, nella Chiesa di San Cristoforo, sarà allestita la mostra dei vincitori del World Press Photo 2019. Quest’anno la giuria ha selezionato come World Press Photo of the Year 2019 l’immagine del fotografo americano John Moore, Crying girl on the border, che raffigura una bambina di due anni che piange mentre sua madre viene perquisita da un’agente alla frontiera tra Messico e Stati Uniti.

E ancora: mostre collaterali, i workshop, letture portfolio e incontri con i protagonisti della fotografia internazionale.

Per conoscere il programma completo: http://www.photoluxfestival.it/it/

 

* Tra la folla, il vice presidente degli Stati UnitiSpiro T. Agnew (sulla destra) e l’ex presidente degli Stati Uniti Lyndon B. Johnson guardano il razzo Saturn V durante il lancio dell’Apollo 11 | ©NASA Archive

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