Questa non è una coincidenza, ma una consolidata spiacevole abitudine…
Ero seduto a pranzo a un tavolo dell’Arcadia, un accogliente ristorante sotto le ampie volte di vetro, ormai opacizzate dal tempo e dallo smog, della Galleria Subalpina, a Torino. Una squadra di colleghi giornalisti era con me al seguito di Achille Bonito Oliva, maître-à-penser del Movimento della Transavanguardia. Reduci dall’anteprima per la stampa dell’esposizione Aborigena – antologica di pittori australiani viventi curata appunto da Achille Bonito Oliva – eravamo ospiti dei proprietari di Palazzo Bricherasio, da poco diventato spazio espositivo di prestigio, e dove si era celebrato l’evento.
Ognuno di noi aveva il posto assegnato attorno a una grande tavola ovale, e io avevo trovato il mio proprio accanto a Bonito Oliva, che aveva l’aria di essere arrivato lì per sbaglio. Prima che venisse servito l’antipasto, avevo pensato bene di rompere il ghiaccio e, rivolgendomi a lui, avevo tentato di metterlo al corrente del simpatico episodio che qui ho già raccontato nella puntata precedente – dove lo storico dell’arte Giulio Carlo Argan, a proposito di un artista della Neo Avanguardia e di uno scritto da pubblicare su BolaffiArte, mi aveva consigliato di rivolgermi al giovane critico d’arte Achille Bonito Oliva, considerandolo più adatto a decifrare quel linguaggio così criptico.
Ricordo bene come ho introdotto il discorso: “Achille, sai cosa mi ha detto Argan di te?”. Ma per tutta risposta il mio interlocutore mi ha lanciato uno sguardo rabbioso – ancora oggi non so perché, o forse a causa di qualche passata ruggine con l’illustre storico – e mi ha impedito di proseguire ringhiando: “Taci tu, sporco ebreo!”. Di colpo mi sono alzato, per ritrovarmi da solo sulla porta del ristorante, dato che nessuno della tavolata sembrava aver sentito. (Se pensate che questa ultima osservazione sia un pensiero cattivo, ebbene, è proprio così!). Mi ha raggiunto invece Bonito Oliva, e mi ha detto: “Levi, ma io scherzavo!”. Devo dire che non ho apprezzato molto il suo umorismo. Tornando a casa, a digiuno, ho dato due monete a un anziano “vù cumprà”, che mi ha sorriso.