Due opere di Simone Peterzano vengono riunite alla Pinacoteca di Brera fino al 26 gennaio 2020. L’iniziativa Peterzano sotto l’albero anticipa la mostra Tiziano e Caravaggio in Peterzano, in programma all’Accademia Carrara di Bergamo dal 6 febbraio al 17 maggio 2020.
Allievo di Tiziano e maestro di Caravaggio. Basterebbe questa parentesi che racchiude la vita e l’opera di Simone Peterzano per comprendere l’importanza di questo artista, forse oscurato dal celebre maestro e dall’altrettanto brillante allievo. Ma la sua stessa figura, slegata dall’ingombro degli scomodi vicini, racchiude sufficienti elementi di valore (fu pittore straordinario) e altri invece ambigui (ci sono alcune lacune nella ricostruzione della sua vita, per cui comprendere appieno quali fossero gli influssi artistici che l’hanno impressionato non è semplice) per generare interesse attorno alla sua individualità.
Così dopo essere stato lui a mettersi al servizio di Tiziano e Caravaggio (per esempio, a Peterzano fu dedicata una sala nella mostra The Age of Caravaggio, che nel 1985 a New York consacrò l’importanza di Michelangelo Merisi nella storia dell’arte), questa volta sono loro due a reggere come colonne un’esposizione dedicata al pittore la cui anima creativa è divisa tra Venezia e Milano.
La mostra in questione è Tiziano e Caravaggio in Peterzano, in programma all’Accademia Carrara di Bergamo dal 6 febbraio al 17 maggio 2020. L’atmosfera di speciale attesa che aleggia intorno all’evento è testimoniata da una preziosa anticipazione che ne introduce i valori. Peterzano sotto l’albero porta due tele dell’artista nella Sala della Passione di Brera: Venere con due satiri in un paesaggio – appartenente alla collezione della Pinacoteca – e Angelica e Medoro, di proprietà della Galleria Canesso di Parigi. Le due grandi tele racchiudono l’anima di Peterzano, divisa tra la sensualità e il cromatismo della pittura veneta e la profondità naturalistica tipica di quella lombarda. Così entrambe le scene risiedono avvolte da un’ampia e accogliente vegetazione – che si stringe attorno alle figure per poi viaggiare affondando fino ai limiti del quadro – e condividono un linguaggio erudito, il quale emerge sia dall’ispirazione letteraria che dalla struttura compositiva.
La Venere trova origine nelle Metamorfosi di Ovidio e viene riprodotta da Peterzano abbandonata languida nel sonno, stesa su un drappo che ricorda il Veronese. La grande varietà di stile e suggestioni racchiuse nel dipinto lascia supporre che la tela sia stata realizzata a Milano, dove l’artista godeva di molta autonomia. Se il cromatismo intenso ci riporta a Tiziano, l’inserimento della natura morta in primo piano sembra infatti un tributo a Leonardo. Attorno a Venere, sospesa tra l’indifferenza del sonno e la maliziosità della sua nudità, si muovono due satiri che mangiano e bevono con un’inquietante bramosia negli occhi.
Angelica e Medoro è tratto invece, come si può dedurre dal titolo, dall‘Orlando Furioso di Ariosto e raffigura il momento in cui la principessa si innamora del giovane guerriero ferito, che lei stessa si sta occupando di curare nel mezzo di un bosco ombroso. La miscela di influenze si traduce anche in questo caso in una scena dove il dettaglio dell’ambiente – coronato dal prezioso blu lapislazzuli sullo sfondo – circonda la perfetta anatomia dei corpi, il potere evocativo della loro posizione, l’intensità emotiva dello sguardo che i due innamorati si scambiano.