Brivido caldo. Una storia contemporanea del neo-noir, in libreria il volume di Pier Maria Bocchi che fa luce sui meccanismi di rappresentazione di uno dei generi più vitali del cinema contemporaneo, da Basic Instinct a L’amore bugiardo – Gone Girl
Di recente è stato aggiunto al catalogo Netflix un documentario in tre puntate, Giù le mani dai gatti: caccia a un killer online (Don’t F ** k With Cats: Hunting An Internet Killer). Il true crime di Mark Lewis racconta la storia di Luka Magnotta, aspirante modello, aspirante attore, a tutti gli effetti escort, porno star e assassino canadese. Magnotta ha iniziato a postando online video in cui uccideva gattini (scatenando l’ira del web) per poi arrivare a postare un video in cui uccideva una persona… (spoiler a seguire). Il motivo? Voleva essere Catherine Tramell, la femme fatale per eccellenza del cinema anni ’90.
Il neo-noir come genere capace di parlare della realtà? Questa la tesi da cui parte l’analisi che Pier Maria Bocchi fa in Brivido Caldo – una storia contemporanea del neo-noir (edizioni Rubbettino). Secondo l’autore, nel panorama del cinema contemporaneo è stato proprio questo genere (negli ultimi 20 anni circa) quello in grado di intercettare le questioni più urgenti del reale, specchio della società con l’efficacia che aveva avuto negli anni ’80 l’horror.
Per farlo Bocchi esplora questo genere / fenomeno in cinque capitoli tematici, riuscendo così a rendere un quadro completo delle tematiche e dei linguaggi senza aderire a un’analisi meramente cronologica o storiografica. Parte dalla fenomenologia della femme fatale, per poi indagare il volto e il corpo di un genere sentimentale, proseguendo la ricognizione sul dato spaziale e i luoghi del crimine.
Noir genere o stile? Una questione annosa, la bibliografia sull’argomento è vastissima. La storia del noir e del neo-noir è legata indelebilmente alla critica del noir e del neo-noir. I punti salienti di questa (doppia) storia sono affrontati in un’efficacissima introduzione, che per i neofiti sarà illuminante: un breve excursus sugli episodi che hanno segnato gli snodi principali nella definizione di un genere e, soprattutto, il passaggio da un genere (il noir) all’altro (il neo-noir), passando per opere fondamentali come L’infernale Quinlan (Touch of Evil, 1958) di Orson Welles e Senza un attimo di tregua (Point Blank, 1967) di John Boorman, ritenuti veri e propri spartiacque tra il prima e il dopo, tra un’epoca e l’altra.
Quella del noir resta comunque, per semplificare, una vicenda strettamente connessa con il destino di Hollywood: con il tramonto dello studio system abbiamo la fine del noir classico e con l’avvento della New Hollywood e della generazione dei nuovi autori e cineasti dell’epoca l’avvio di un noir reloaded, in cui l’iconografica i tòpoi classici del genere vengono aggiornati e (ri)elaborati.
Tra i casi di neo-noir per eccellenza viene citato, ad esempio, Brivido caldo (Body Heat, 1981) di Lawrence Kasdan, considerato «il più puro e preciso neo-noir di sempre», che proprio di un classico per antonomasia è remake (potenziato), quella portata sullo schermo da Kasdan (già sceneggiatore di Guerre stellari – L’Impero colpisce ancora e I predatori dell’arca perduta, e da lì a poco regista de Il grande freddo, 1983) è la storia di La Fiamma del Peccato (Double Indemnity, 1944) portata al successo da Billy Wilder (che nell’alveo del noir ha alcuni tra i suoi titoli più riusciti di sempre).
Ma quello di Brivido Caldo non è un mero aggiornamento anni ’80 di una vecchia storia, è piuttosto un vero e proprio «risorgimento» poiché «attraverso un processo di necessaria storicizzazione si dimostra opera esemplare di un’epoca d i un modo di vivere». Lo stesso accade con Basic Instinct (1992) di Paul Verhoeven. Se Brivido caldo dà il titolo al volume l’ormai (nuovo) classico con Sharon Stone e Michael Douglas fa invece da fil rouge attraverso i capitoli, ognuno introdotto da una scena chiave del film. E qui torniamo a Catherine Tramell (la Sharon Stone senza biancheria), che diventa archetipo della nuova donna (letteralmente) fatale che offre il proprio sesso in cinemascope per attentare alla virilità di un maschio maschio schiavo del culto dell’io (quello reduce della Reaganomics).
Come spiega Bocchi nell’introduzione «l’obiettivo di questo libro è dunque valutare il neo-noir non come un de-genere cinefilo, elementare riesternazione di moduli espressivi d’altri tempi e galleria di marchi prototipici, ma alla luce degli scenari politici e socia-culturali contemporanei, nel tentativo di adeguare le sue formule e e le sue immagini alle istanze del mondo e dell’industria oggi».
Ovvero, inquadrarlo come un genere “sensibile”, capace di attingere dalla realtà e di rispondere alla realtà stessa. Il neo-noir così si nutre del cinema classico non per gioia di un semplice gusto postmoderno, citazionistico e ironico, ma per aggiornarne i linguaggi e i luoghi alle esigenze della contemporaneità. Lo fa Lynch (che in realtà, come sottolinea Bocchi fa un genere tutto suo), che da Un bacio e una pistola (Kiss Me Deadly, 1955) di Robert Aldrich – noir dell’epoca classica ma che già all’epoca si presentava come impresentabile e geniale anti-noir – saprà cogliere i semi per dar vita a due pellicole fondamentali del cinema contemporaneo, Strade perdute (1997) e Mulholland Drive (2001).
Brivido Caldo – una storia contemporanea del neo-noir si configura quindi come una guida d’eccezione attraverso le luci e (soprattutto, ovviamente) le ombre di un genere tanto vitale quanto (troppo spesso) snobbato: un’analisi lucida e puntuale su come il cinema sappia parlare del reale anche attraverso il postmoderno, che (tra l’altro) aiuterà a rivalutare diversi titoli fino a ora ingiustamente confinati nel cestone da 3 € dell’autogrill.