Outsiders 2, un libro alla scoperta delle vite avventurose e disperate di artisti geniali «dimenticati e dispersi»
Siete stufi delle solite Fride e dei soliti Warhol? Sapete già tutti dei geni del Rinascimento e del Futurismo? Nessun problema, di artisti geniali che non sono finiti nelle pagine più importanti della Storia dell’arte ce ne sono a bizzeffe. Tra questi molte donne, ostracizzate da una cultura maschilista secolare, molti altri veri e propri outsider, personaggi ai margini della società, oppure figuri ritenuti un po’ loschi e dalle posizioni culturali o religiose un po’ scomode (tra loro satanisti e streghe, per esempio).
Alfredo Accatino ne ha raccolti 50 in questo volume (seguito della prima fortunata antologia Outsiders, Giunti edizioni) per far loro giustizia, tutti con storie difficili da dimenticare (molte sarebbero materiale perfetto per brillanti biopic hollywodiani da far firmare a Tim Burton o Baz Luhrmann). Ognuno di loro ha dovuto lottare per difendere la propria creatività e superare pregiudizi e vessazioni di carattere, sociale, religioso, sessuale.
Qualcuno di loro sicuramente è noto ai più (pochi comunque, Bettie Page, Gorky e De Staël), ma rappresentano comunque un’unicità per quanto riguarda la particolarità delle loro esperienze artistiche e per le zone d’ombre che hanno punteggiato le loro vite. Gli altri invece… «Dimenticati e dispersi».
La conoscete Hilma af Klint? Forse sì, tra tutti i protagonisti di Outsiders 2 è forse quella meglio rivalutata dalla critica in questi anni, con importanti mostre anche al Guggenheim di New York o all’Hamburger Bahnhof di Berlino. È stata una delle pioniere dell’astrattismo, artista svedese appassionata di biologia e botanica ricercava nella struttura cellulare il mistero della trascendenza e dava forma, grazie a questi suoi studi, a quadri astratti luminosi e misteriosi. In Personal Shopper, film di Olivier Assayas del 2016, è l’artista che ossessiona la protagonista, Kristen Stewart.
E Austin Osman Spare? Una promessa della pittura inglese a cavaliere tra fine ‘800 e inizio ‘900. Peccato che fosse un occultista. Non era l’unico, certo, ma nella sua storia si intrecciano personaggi come Aleister Crowley, alpinista satanista che si faceva chiamare La Grande Bestia 666, o l’ultima sopravvissuta alla caccia alle streghe di Salem, Mrs. Paterson, sua maestra nelle arti occulte e amante. E Rosaleen Norton? Lei invece, nata in Nuova Zelanda, era convinta di essere una strega.
Hannah Höch invece? Tra i protagonista del Dada fu denigrata dai suoi stessi colleghi (quelli maschi), che non le riconobbero mai lo status di artista, per loro era solo «una brava ragazza», insomma, una utile per servire in tavola. Eppure fu una pioniera e una delle grandi interpreti della tecnica del fotomontaggio. Fu prima compagna di Hausmann, ebbe poi una relazione “privata” con la scrittrice olandese Til Brugman, tacciata di lesbismo le sarà impedito per anni di esporre. In seguito arriva un’altra storia d’amore, con Kurt Matthies, pianista e uomo d’affari, che accusato di pederastia finirà condannato dai nazisti alla castrazione. Il loro amore complicato finisce poco dopo. Lei continuerà a creare arte fino alla morte, ma isolata dal resto del mondo.
Alberto Martini, che si ispirava ai pittori nordici e alle atmosfere magiche (fatate?, stregate?!) di Füssli e William Blake, è stato un artista tanto creativo e unico quanto snobbato dalla critica del tempo. Più apprezzato all’estero che in Italia (dove dopo il declino del Futurismo stava sorgendo il Novecento sarfattiano), Martini fu illustratore ricercato (sia nel senso di raffinato sia nel senso di richiesto), il suo stile era perfetto per i libri del mistero del terrore di Edgar Allan Poe o per opere fantasmatiche come l’Amleto o il Macbeth. Simbolico, macabro e romantico non si integrerà mai nella cultura artistica italiana, dove – tra le altre cose – era considerato uno iettatore.
Quello che spesso accomuna le storie di questi artisti (ma, in effetti non solo loro) è il finale: miseria e oblio. Esemplare la parabola di Vito Timmel, promettente artista attivo tra Trieste e Vienna, molto influenzato dagli artisti della Secessione – in particolare da Klimt (per forza!). Dopo un’intensa attività artistica e espositiva in tutta Italia e due relazioni fallite, negli anni ’30 inizia la sua deriva umana. Alcolista cronico, instabile e fragile di nervi finirà la sua esistenza in manicomio, debilitato dalla malattia tanto quanto dalle “cure” ricevute. Quello di San Giovanni a Triste, dove Timmel fu detenuto e morì, fu il primo manicomio chiuso da Basaglia, il primo al mondo chiuso per motivi di ordine etico.
Quella di Accatino ha il grande pregio di essere un’indagine sentimentale, ricostruisce i tormenti di questi artisti senza una reale pretesa critica, restituendo loro lo status di “persone”, così facendo riesce però a mettere in luce le grandi contraddizioni che ruotano al mondo dell’arte e della critica. Amerete tutte queste storie e tutti i loro protagonisti, e alla fine vorrete sicuramente saperne di più.