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Il fermento di una nuova generazione di artisti italiani. Un ritratto della contemporaneità a 14 mani, a Milano

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Il 5 febbraio 2020 la galleria meneghina Federica Schiavo ha inaugurato A Healthy Dose of Confusion before the Bang, una collettiva di sette giovani artisti che sono “l’espressione di un fermento, tutto italiano, di una nuova generazione”. La mostra, visitabile su appuntamento sino al 31 marzo 2020, non ruota attorno ad alcun tema, ma è piuttosto un ritratto della contemporaneità a quattordici mani.

Finalmente una galleria d’arte prestigiosa che non si limita a guardar crescere i propri figli ormai adolescenti, ma che si butta coraggiosamente in nuove gestazioni. Tramite una serie di Studio-Visit, le galleriste Federica Schiavo, Anna Abbà e Chiara Zoppelli hanno selezionato sette giovani artisti: Andrea Bocca (Crema, 1996), Federico Cantale (Milano, 1996), Andrea Noviello (Roma, 1996), Leonardo Pellicanò (Roma, 1994), Sara Ravelli (Crema, 1993), Giulio Scalisi (Salemi, 1992), Agnese Smaldone (Milano, 1996).

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Come ci spiega Andrea Bocca la mostra è frutto di una serie di incontri stimolanti con gli artisti della galleria Andrea Sala (Como, 1976) e Patrick Tuttofuoco (Milano, 1974), che ha condotto i giovani creativi a prendere maggior consapevolezza della propria ricerca. La mostra, come suggerisce il titolo Healthy Dose of Confusion before the Bang, scommette, appunto, sulla nuova generazione, forse ancora giustamente acerba, ma carica di potenziale. Il primo artista in ordine alfabetico è proprio Andrea Bocca, originario della pianura Padana – un luogo teso tra natura e industria -, che per l’occasione espone la scultura a muro Untitled (Spaceship) (2019). È una coltre di nebbia biografica quella che il giovane cremasco ha trasformato in un fondale di cemento su cui si erge, quasi sospeso, un grande bassorilievo in PVC bianco e specchiante, dalle forme razionali. A collegare i due componenti scultorei ci pensano due denti veri e arrugginiti di un’escavatrice, prelevati da una delle numerose ex cave di estrazione presenti sul territorio.

Gli escavatori sono dei macchinari giganti e potenzialmente pericolosi che popolano la mia terra d’origine. Da sempre ho provato una sensazione ambivalente nel guardarli: da un lato ti respingono, dall’altro ne sei affascinato come potresti esserlo di un dinosauro o di un animale mitologico.

Il bassorilievo specchiante è frutto di una progettazione in 2D di una comune escavatrice e la sua successiva trasposizione in PVC. Resi tridimensionali dal disegno e poi riportati a una nuova tridimensionalità, i connotati di Untitled (Spaceship) si palesano agli spettatori come fisionomie aliene.

Dalle forme altrettanto ambigue è la scultura presentata da Andrea Noviello Sugar Sleep (2019), poggiata sul pavimento della galleria. Si tratta di un cranio animale che l’artista ha riempito di silicone per poi fonderlo in bronzo. Se gli archeologici dischiudono i fossili per studiarne conformazione, periodo e luogo d’origine, Noviello ne serra le cavità, approdando a una sagoma inedita.

La figura che ho ottenuto al finale è sempre in balia del gesto, non si tratta di inventare una nuova forma o di indagare la trasformazione di un fossile dopo il riempimento dello stesso con del materiale liquido, ma è tutto incentrato sull’azione di serrare le cavità di un corpo, chiuderlo verso l’interno.

Eppure, osservando con attenzione Sugar Sleep, vi rimane comunque una parvenza animale, come se la memoria di quello che la scultura era, prima di divenire tale, rimanesse incastonata nelle imperfezioni della fusione in bronzo.

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Il tema dell’animalità è presente anche nella ricerca di Sara Ravelli, fungendo però da espediente per indagare il meccanismo predatore-preda tipico, seppur con diverse sfumature, di ogni relazione umana. Brandelli animali scolpiti in peltro sono abbandonati su cuscini ortopedici dai colori kitsch, che fungono da oggetti salvifici e addolciscono le fattezze contundenti delle scultore. Douzing Morning (2020) è la fotografia del momento di difesa da parte della preda, pregno di lotta, dolore, fatica e tanfo di morte. Anche Giulio Scalisi approfondisce le logiche comportamentali dell’essere, nel suo caso riconducendolo a un mero prodotto del tempo. We hold on to things, not realizing they are already gone (2020) è la stampa 3D di una mano, delle stesse dimensioni di quella dell’artista, contenente un omuncolo dall’espressione estremamente mansueta, ma, forse proprio per questo, altrettanto inquietante. Per Scalisi, dunque, le scelte dell’uomo altro non dipendono che da circostanze esterne, come se il grande burattinaio che è il mondo influenzasse perennemente le nostre coscienze.

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In una visione per certi versi opposta si muove la ricerca pittorica di Leonardo Pellicanò, che concepisce la dimensione interiore dell’essere come qualcosa sì di transitorio, ma indipendente dal mondo esterno. La sua ultima produzione, come dimostrano i dipinti in mostra Out last temple (2019), You don’t know what I am capable of (2019) e Tears tears tears, they leave us behind (2019), è caratterizzata da fondali leggeri che aprono verso grandi spazi, popolati da forme archetipiche e presenze allusive.

Ogni volta che una pennellata incorre nella possibilità di tracciare un’immagine, mi ritraggo. In qualche modo c’è un lavoro di immediatezza e continua trasformazione. Inizio sempre con acqua e colori molto leggeri, per poi far cadere della polvere di ottone. La polvere precipita e l’acqua assorbe, due azioni repentine ma produttive.

In effetti disegnare sull’acqua che cola significa concepire una ricerca che si muove tra un gesto preciso e incombenti casualità, permettendo all’artista di alimentare la sua fobia per le immagini. L’unica figura dai tratti tutto sommato umani è presente nella tela Tears tears tears, they leave us behind, ma è ripiegata su se stessa e inerme: non parrebbe strano allo spettatore vederla prendere vita, cadere come una buccia per la superficie della tela, fino a trapassare a fatica il bordo inferiore e accasciarsi sul ciglio della galleria.

LeonardoPellicano_TheyLeaveUsBehind_2019_140x105cm
Monochrome Till Receipt (White) 1999 Ceal Floyer born 1968 Purchased 2009 http://www.tate.org.uk/art/work/T12894

L’altra artista in mostra che lavora con la pittura è Agnese Smaldone, la quale per l’occasione espone Fitta (2020) e Nausea (2020).

C’è sempre questa palma che ritorna nelle mie pitture. È un personaggio antropomorfo di mia fantasia, un mezzo che uso nel processo pittorico per plasmare immagini.

Come suggeriscono i titoli, i dipinti mettono in scena due sensazioni di sofferenza: una fitta a letto e la nausea di trovarsi per le mani un groviglio di capelli. Le tele sono attorniate da cornici di tessuto che si oppongono per la raffinatezza del materiale alla pennellata naïve della rappresentazione pittorica.

Ho chiesto a mia nonna di vestire la palma, cucire un abito attorno al dipinto che fosse qualcosa di più di una semplice cornice.

In qualche modo il telaio si presenta come un costume di carnevale, che smorza la drammaticità delle situazioni raffigurate.

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AgneseSmaldone_Nausea_2020_AcrylicOnJutaFabric_150x110cm_ph.AndreaRossetti

L’immaginario Pop è ripreso anche dall’ultimo, non per merito, artista in mostra Federico Cantale, che ci da un vero e proprio “assaggio” della sua pratica. Assecondando l’ossessione contemporanea per la cucina, Cantale presenta Minestra di pasta mista con pesci di scoglio e crostacei (2019), una scultura laccata in legno ispirata all’omonimo piatto dello chef Gennaro Esposito.

Scolpire è stato come dare un ordine geometrico a un caos organico. Potrebbe apparire casuale ma in realtà gli elementi sono posizionati con molta precisione lungo una metà della scultura e poi specchiati per ottenere la stessa composizione sull’altro lato. Ho cercato di riprodurre lo stesso stupore che ho provato nell’assaggiare questa pietanza: da lontano sarà sempre un piatto ma da vicino è un dedalo di forme dettagliate, un po’ come la Battaglia di San Romano di Paolo Uccello, che di fatto è uno studio geometrico del caos.

Il piatto, dalle dimensioni superiori di quelle reali, è retto da un piedistallo in legno, che, servo della scultura, sostituisce il braccio del cameriere, al fine di ribadire la natura non commestibile della pietanza.

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WeHoldOnToThingsNotRealizingTheyAreAlreadyGone_2020_3DPrintABS_60X15X25cm

Insomma, A Healthy Dose of Confusion before the Bang è una testimonianza corale delle nuova scena contemporanea, giovane ma orientata e consapevole, che poco sembra avere in comune con la precarietà del nostro tempo.

 

 

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AHealthyDoseOfConfusionBeforeTheBang_ph.AndreaRossetti_InstallationView
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FedericoCantale_MinestraDiPastaMistaConPesciDiScoglioECrostacei_2019_LacqueredWood_73x73x14cm
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AgneseSmaldone_Fitta_2020_AcrylicOnJutaFabric_143,5×114,5cm_ph.AndreaRossetti

 

 

 

 

 

A Healthy Dose of Confusion before the Bang

Galleria Federica Schiavo

Milano

Via Michele Barozzi, 6

5 febbraio- 31 marzo 2020

www.federicaschiavo.com

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