Elegante e affascinante come sempre Umberto Orsini nelle vesti del Costruttore Solness. Al Teatro Modena di Sampierdarena fino al 23 febbraio 2020
Quella del costruttore Solness è una storia di assassinii, di vertigine, di desideri, di paura della vecchiaia e di timore della gioventù altrui. Il protagonista del dramma che Ibsen scrisse nel 1892 è un architetto, un imprenditore di successo, che ha raggiunto ciò che si era prefisso nella sua ambizione e razionalità, senza ottenere però soddisfazione e felicità. La perdita dei figli e la malattia della moglie sono causa di rimorsi e tristezza. Inoltre prova paura, vive nel terrore che i giovani possano soppiantarlo in quanto anch’egli raggiunse il successo in gioventù attraverso l’inganno.
La storia di quest’uomo maturo e inquieto interpretato magistralmente da un Umberto Orsini che non perde il suo fascino malgrado il passare degli anni, s’intreccia con i desideri e la vitalità di Hilde (Lucia Lavia), una ragazza reale o immaginaria che incita il costruttore a realizzare il regno di una principessa e a superare la paura dell’altezza.
Il rirtorno di questa giovane fanciulla nella sua città, ma soprattutto nella sua vita, sconvolge Solness, ma arriva propizio. Fino a quel momento il costruttore aveva provato terrore riguardo la possibilità di perdere il suo potere a causa dell’arrivo di un qualche ipotetico giovane che avrebbe potuto prendere il suo posto, ma la freschezza e l’amore sincero di quella che era una bambina e adesso è una giovane donna gli fa capire che bisogna lasciarsi andare, sempre e comunque. Non vale la pena di tenere dentro di sè paure, rancori, rimorsi. Bisogna parlare, confidarsi, tirare fuori tutto ciò che si ha dentro, bello o brutto che sia, e volare lontano costruendo, più che case reali, castelli in aria.
Ed ecco che Solness si fa travolgere da un turbinio di emozioni, che gli “restituiranno” la giovinezza perduta e sfumata rapidamente, per condurlo in fine alla morte che è quasi una liberazione. Rispetto al testo originale o alle altre messe in scena, la riscrittura di Serra e Orsini accentua il dramma di Solness attraverso una direzione essenziale. Le entrate in scena degli attori sono lente, lunghi i silenzi, puliti i movimenti, che spesso vedono gli stessi attori impegnati negli spostamenti di oggetti e strutture scenografiche.
La scenografia mobile è grigia ed imponente. Gli alti pannelli si chiudono in spazi angusti e si riaprono in nuove composizioni, metafora che ci riporta al labirinto in cui è facile perdersi, ma in cui perdersi spesso rappresenta anche una via di fuga. I giochi di luce in cui predomina una cupa penombra sono raffinati e di effetto, certo che per lo spettatore è un po’ faticoso vedere chiaramente le espressioni dei volti dei protagonisti per un’ora e mezza di spettacolo. Questo l’unico neo del lavoro di Serra.
Ma l’interpretazione di Orsini, elegante e solenne, certo non ha bisogno di faretti abbaglianti. Il suo Solness rimanda la giusta ambiguità che è nell’animo di chi convive tra sensi di colpa e proiezioni di un futuro illusorio.
Anche la giovane Hilde interpretata da Lucia Lavia piace ed affascina da subito. Tanta la somiglianza di Lucia con la madre Monica Guerritore quando fece la sua prima comparsa in teatro nel Giardino dei Ciliegi di Cechov con la regia di Giorgio Strehler. Stesso fisico, stesso portamento, stessi capelli, stesso sorriso della madre, il che basta a garantirle successo.
Ma il cast della messa in scena di Serra è tutto eccellente, da Renata Palminiello (la moglie Aline), a Pietro Micci (il dottor Herald), ed ancora Chiara Degani (Kaja), Salvo Drago (Ragnar) e Flavio Bonacci (Knut Brovik).
Lo spettacolo prodotto dalla Compagnia Orsini e Teatro Stabile dell’Umbria è in scena al Teatro Modena di Sampierdarena fino a domenica 23 febbraio 2020.
Il costruttore Solness
di Henrik Ibsen