Napoli e Palermo sono sempre state legate da un sottile fil rouge, non solo per ragioni storiche, ma anche perché sono due città fucina di artisti di notevole valenza, dotati di straordinaria sensibilità e creatività. E proprio dalla città siciliana arrivano a Napoli una selezione di immagini di stampe vintage di Letizia Battaglia, fotografa di fama mondiale, un corpus di istantanee in mostra nelle sale dei Magazzini Fotografici di Yvonne De Rosa, fino all’8 marzo 2020.
Per questa esposizione la fotoreporter ha personalmente scelto dal suo archivio una serie di immagini simbolo che rivelano il contesto sociale e politico degli ultimi cinquanta anni, in grado di immergere i visitatori in quei luoghi e in quelle situazioni: foto storiche e giornalistiche, ritratti che raccontano gli anni di piombo a Palermo, una sensibilità in grado di documentare gli effetti dell’azione della mafia sulla società e di cogliere le radicate problematiche della condizione femminile, attraverso gli sguardi delle donne e delle bambine da lei ritratte.
Fondatrice a Palermo del Centro Internazionale di Fotografia, le sue istantanee, spesso in un vivido e nitido bianco e nero, si prefiggono di raccontare il mondo reale, senza artifici e senza filtri, in una terra in cui si è costruita l’indipendenza e la libertà. Sono immagini crude e dolorose, che hanno come obiettivo l’impegno civile quale fattore di cambiamento, mettendo il suo talento e la sua passione al servizio di cause diverse: dalla questione femminile, ai problemi ambientali, ai diritti dei carcerati, in veste di fotografa, regista, editrice e ambientalista.
Letizia Battaglia é stata la prima fotografa italiana a lavorare per un giornale, L’Ora di Palermo nel 1969, fondando successivamente con Franco Zecchini l’Informazione fotografica nel 1974, frequentata da Josef Koudelka e Ferdinando Scianna. Prima donna europea a vincere il premio Eugene Smith nel 1985, riconoscimento internazionale istituito per ricordare il fotografo di Life, a cui segue il premio, il Mother Johnson Achievement for Life, le è stato tributato nel 1999.
Nella prima sala della mostra si notano i suoi scatti da cronista degli anni ’70, Omicidio targato Palermo (1975) e Omicidio di notte (1981), ritroviamo immortalati i delitti che l’hanno resa simbolo della lotta contro la mafia e l’omertà che ne alimentava il potere: i reati spietati, il sangue sulla strada e i parenti in lacrime. La Battaglia era impegnata a correre da una parte all’altra della città documentando gli eventi di cronaca nera, costretta a fotografare facendosi largo tra la folla, tra urla e confusione, chiedendo alla polizia di avvicinarsi alla scena della strage, scattando talvolta in poche frazioni di secondo. Aumentano in quegli anni i fatti di sangue che colpiscono non solo i mafiosi, ma anche i rappresentanti dello Stato. Toccante e riflessiva la foto che ritrae Il Giudice Giovanni Falcone ai funerali del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa ucciso dalla mafia nel 1982. Una criminalità che diventa fonte di ispirazione per le nuove generazioni. Emblematica è l’istantanea Il gioco del killer (1981), nei pressi della chiesa di Santa Chiara a Palermo che ritrae un ragazzino con una finta pistola nell’atto di esplodere un colpo, con il volto coperto per non farsi identificare; una mimesi ludica dei sicari della mafia. Arresti eccellenti e confisca dei beni. E’ in questo modo che lo Stato afferma la propria forza e manifesta la sua presenza: un esempio è la foto che immortala la cattura del boss Leoluca Bagarella nel 1980.
Attraverso le sue immagini Letizia Battaglia racconta non solo la mafia e la sua efferatezza, ma anche la città di Palermo e la sua gente, la lotta silenziosa e fiera di chi si sente abbandonato dalle istituzioni al proprio destino e non vuole rassegnarsi. Di notevole impatto visivo sono le immagini di Donna piange la sua miseria (1980), La bambina con il pane, Quartiere Kalsa (1979) e La bambina al buio (1980), in cui emergono delle condizioni di vita precarie, tra povertà e degrado.
Una particolare attenzione è rivolta anche alla fauna, in Celebrazione di San Giusto. Il cavallo si è rotto la gamba nella corsa, sarà abbattuto in giornata. Intanto la corsa continua (1981), dove è evidente il monito della fotografa nei confronti di una manifestazione che costringe l’animale ad una sofferenza emotiva e fisica per un discutibile gradimento del pubblico.
Chiudono il percorso espositivo la serie Rielaborazioni del 2004 e del 2008, fotografie ricontestualizzate attraverso la sovrapposizione dell’immagine storica con una attuale, un modus operandi in cui filtra un nuovo messaggio da lasciare ai posteri. Cambia la lettura della scena: annulla l’evento di cronaca e inserisce alcuni elementi che ne ribaltano la percezione, ne evidenzia la vita, la natura e la bellezza. In Rielaborazione. Il gelsomino (2004), reinterpreta lo scenario dell’omicidio. La figura femminile nuda che regge i fiori si pone come ideale di salvezza, è in netto contrasto con il cadavere sullo sfondo, una dicotomia tra la vita e la morte, tra presente e passato.