IN ARRIVO A MILANO: L’altra individualità. Pittura e figurazione nell’epoca dell’evanescenza, una mostra che propone una mappatura della nuova pittura figurativa italiana, concentrandosi sulla generazione nata tra la fine degli anni Settanta e gli inizi degli anni Novanta. Una selezione di 23 artisti che, pur nelle loro differenze, guardano alla pittura senza cedere all’informale, riportando al centro dell’attenzione la figura come qualcosa di ritrovato, restituito dopo una lunga assenza. La mostra inaugurerà il 29 ottobre 2020 da State Of Milano (Via Seneca 4, zona Porta Romana), a cura di Domenico Russo Andrea Tinterri e Luca Zuccala.
Parola a Giacomo Modolo
Cosa significa, oggi, lavorare sulla pittura?
Al di là di qualche miglioramento tecnico sui materiali, non è mai cambiato nulla: c’è il pennello, il colore, e il supporto. Questo mi fa guardare la storia della pittura in modo coeso.
Dipingere significa proporre la realtà in una chiave di lettura alternativa a quella di massa. Con mezzi semplici. Per me, significa cercare di mettere in gioco delle sensibilità che il contemporaneo non ci permette di applicare alla vita e nei rapporti quotidiani.
Quali sono i riferimenti culturali che influenzano e definiscono la tua ricerca?
Sicuramente la musica , principalmente un certo tipo di punk e hardcore . Fin da piccolo mi ha permesso di osservare la realtà con senso critico e sviluppare attenzioni per i dettagli e i margini delle cose. A incentivare questo aspetto cinema e letteratura russa (anche contemporanea) hanno fatto il resto.
Qual è, dal tuo punto di osservazione, lo stato dell’arte contemporanea italiana (hai tutto il diritto di scavalcare il confine geografico)?
La pittura è in gran forma e consapevolmente contemporanea. Sintomo è l’accesso globale a informazioni, immagini e culture. Un giovane che vuole cominciare questo percorso, rispetto a pochi anni fa, può partire con importanti consapevolezze. Ad ogni modo questi dovrebbero essere valori aggiunti alla propria dimensione culturale senza soppiantarla. La tempesta di immagini alla quale tutti noi siamo soggetti quotidianamente può avere anche aspetti negativi sia nella produzione artistica, che nella critica. Nel primo caso con il rischio di omologarsi, nel secondo di scadere in giudizi superficiali.
La mostra “l’altra individualità” riunisce venti artisti, due generazioni di ricerca, per far emergere le linee comuni di una nuova pittura figurativa. Che rapporti hai con gli altri protagonisti dell’esposizione e quali sono, dal tuo punto di vista, i legami che possono unire i diversi artisti presenti, al di là del linguaggio utilizzato?
Quello che ci unisce è la pittura in se, che non è cosa scontata. È un’attitudine che non credo possa essere separata dalla vita, io come dipingo mi comporto. Al di là delle tematiche la figura (o la forma) è materia, qualcosa che si crea e si annulla, si rigenera fino a compiersi in ciò che non esiste ma che misteriosamente riconosciamo.