Rembrandt alla Galleria Corsini: l’autoritratto come San Paolo, a cura di Alessandro Cosma, è in mostra dal 21 febbraio al 15 giugno 2020 alle Gallerie Nazionali di Arte Antica – Galleria Corsini.
“Quello, in che veramente vale quest’artefice, fu una bizzarrissima maniera, ch’egli si inventò, di intagliare in rame all’acquaforte, ancor questa tutta sua propria, né più usata da altri, né più veduta, cioè, con certi fregi, e freghetti, e tratti irregolari, e senza dintorno, facendo però risultare un chiaro scuro profondo, e di gran forza, ed un gusto pittoresco fino all’ultimo segno; tignendo in alcuni luoghi il campo di nero affatto, e lasciando in altri il bianco della carta, e secondo il colorito, che e’ volle dare agli abiti delle sue figure, o ai vicini, o ai lontani, usando talvolta pochissim’ombra, e talvolta ancora un semplice d’intorno, senz’altro più. E vaglia la verità, il Rembrandt in questo suo particolar modo d’intagliare fu da’ professori dell’arte assai più stimato, che nella pittura, nella quale pare, ch’egli avesse, come sopra dicemmo, più tosto singolarità di fortuna, che d’eccellenza”.
Nel suo Cominciamento e progresso nell’arte dell’intagliare il rame Filippo Baldinucci, illustre letterato fiorentino del Seicento, traccia un singolare profilo di Rembrandt Harmenszoon Van Rijn (Leida 1606- Amsterdam, 1669), evidenziando come la sua fama, in Italia, fosse dovuta segnatamente alla straordinaria qualità della produzione grafica. La piccola mostra che visitiamo alla Galleria Corsini e che chiude idealmente le celebrazioni per i 350 anni dalla morte del grande fiammingo, comprende una selezione di queste preziose e rinomate incisioni all’acquaforte e a puntasecca che fanno da cornice al vero protagonista dell’esposizione: un dipinto della tarda maturità, L’autoritratto come San Paolo proveniente dal Rijksmuseum di Amsterdam.
Sappiamo come Rembrandt nutrisse una passione non comune per gli autoritratti ( se ne contano più di 80). “Siamo in presenza di uno dei quadri più importanti di Rembrandt che oggi, dopo 200 anni, ritorna a casa” – spiega con evidente entusiasmo il curatore Alessandro Cosma – “e che dimostra come lo stile tardo dell’artista, come spesso accade ai grandi maestri (si pensi a Tiziano e a Michelangelo), sia caratterizzato da una pittura fatta di tocco, di colore, di materia. Non più quindi il realismo analitico tipico della tradizione fiamminga, ma una pittura fatta di tanta sostanza materica: basta guardare il viso e il turbante. E poi, la capacità tutta moderna di scegliere come e quando finire un’opera: vediamo qui un viso estremamente caratterizzato e invece una parte dell’abito e della mano appena abbozzata con pochi tocchi di pennello”.
Apprendiamo che il dipinto fu acquistato dal Cardinale Neri Maria Corsini intorno al 1730 e che fece parte per diversi decenni, della sua ricca e poliedrica collezione allogata nelle sale di Palazzo Corsini, prima di essere venduto e di giungere dopo molteplici vicissitudini al prestigioso museo di Amsterdam. Riguardo alla scelta eccezionale di rappresentarsi nelle vesti bibliche del teologo di Tarso è sempre la biografia di Baldinucci a illuminarci quando menziona di passata l’appartenenza di Rembrandt alla setta anabbatista dei Mennoniti: e si sa quanto la Lettera di San Paolo ai Romani sia stata importante per lo sviluppo della dottrina luterana.