Com’è cambiata la vita degli artisti durante la quarantena? Come sono mutate le loro abitudini, il loro sentire, il loro lavoro?
L’aria sospesa, gli spazi dilatati, i silenzi, il fluire sordo del tempo. L’attesa pervasa di un chiarore surreale e indefinito che scandisce le vite della quarantena. Abbiamo chiesto a una serie di artisti di raccontarci lo scorrere del tempo dalle proprie case, trasformate in temporanei atelier. La vita di un artista ai tempi della pandemia.
I tempi di Davide Serpetti
Come passi la giornata, dove e come dipingi ora?
Innanzitutto mi ritengo per una volta fortunato a vivere e lavorare attualmente in Abruzzo perché, se c’è una cosa che siamo bravi a fare noi abruzzesi dell’entroterra, è quella di saperci isolare dal resto del mondo, le montagne fanno il lavoro sporco per noi. Anche noi abbiamo registrato casi di covid 19 ma la situazione non è certo disperata come nella pianura padana.
Per il resto, passo la giornata cucinando e lavorando al computer di giorno, guardando film di sera, scappando in studio indisturbato la notte. Il mio studio è a pochi chilometri da casa, ho bisogno della macchina per raggiungerlo, quindi anche con mascherina e autocertificazione c’è sempre il rischio che possa essere fermato dalla polizia e che facciano storie, anche se non divido lo studio con nessuno e viaggio da solo.
Al momento ho iniziato a realizzare piccole sculture che rielaborano alcuni miei concetti di chimera. Inoltre mi sono ritrovato a dipingere delle grandi tele che prendono qualcosa dal romanticismo tedesco. Sto dando più attenzione al paesaggio, a cosa accade dietro alla mia idea di soggetto.
Tempo, Spazio, Suono. Concetti ricalibrati, relativi, riformulati…
Leggere, scrivere, riflettere, altro…
Di solito riesco a leggere come vorrei solo d’estate, però al momento mi sono riservato un “momento lettura” poco prima di andare a dormire. Sto leggendo Just Kids di Patti Smith, Chiacchiere di un imbrattatele di Gauguin e rileggendo Q dei Wu-ming.
Spero che questa quarantena ci migliori, nelle relazioni sociali, nei rapporti interpersonali. Con meno soldi in tasca e qualche mese di reclusione in spalla forse impareremo tutti a essere più umili e bisognosi di un vero dialogo, che va oltre Whatsapp, FaceTime e Instagram. Sono figlio degli anni ’90, ho avuto un assaggio del mondo-pre-internet e a volte lo rimpiango, anche se adesso mi ritrovo a essere totalmente dipendente dal cellulare. Ecco, mi auguro che torni ancora a sfiorarci quello stupore, eccitazione, clamore del rivedere un amico dopo tanto tempo, riabbracciare i nostri cari non dando per scontato la nostra temporanea permanenza su questo pianeta, cose così. Me lo auguro con tutto il cuore. Per auguraci la fine del capitalismo invece ci vorrà ben più di una quarantena.
Prima cosa che farai quando finisce la quarantena?
Andrò a trovare degli amici.