La Cappella dell’Università Autonoma di Chapingo, Messico, realizzata da Diego Rivera, presenta alcune importanti similarità con la volta della Cappella Sistina affrescata da Michelangelo. Qui un confronto fra i due artisti e le due opere.
Diego Rivera (1886-1957) è stato uno degli artisti di punta del Movimento muralista messicano. Nato in Messico nel 1922, il Movimento muralista si diede come obiettivo la creazione di un’arte pubblica nazionale per celebrare storia e tradizioni del popolo messicano. I murales messicani realizzati a partire dalla seconda metà degli anni Venti suscitarono in tutto il mondo grande scalpore e ammirazione in quanto, sino a quel momento, se si escludono i grandi cicli di affreschi realizzati in Italia tra XIV e XVI secolo, non si era mai visto nulla di simile.
Nell’arco di una trentina d’anni intere pareti di edifici pubblici, scuole e università, in Messico e nei vicini Stati Uniti, cominciarono ad essere riempite con immagini monumentali che suscitarono un forte impatto emotivo. Oltre a Rivera, anche Josè Clemente Orozco e David Alfaro Siqueiros contribuirono ad accrescere la fama del Movimento. Pur avendo personalità eterogenee, linguaggi differenti e una personale chiave interpretativa degli eventi, tutti e tre questi artisti erano però accomunati, tra le altre cose, dall’essere stati influenzati dai grandi maestri dell’arte italiana: da Giotto a Masaccio, da Ambrogio Lorenzetti a Paolo Uccello, sino a Michelangelo. Ed è proprio dalla tradizione della pittura ad affresco italiana sviluppatasi durante la grande stagione del gotico e proseguita poi sino al Rinascimento, che i muralisti messicani trarranno preziosi insegnamenti per la realizzazione dei propri murales, in alcuni dei quali ci sono espliciti rimandi ai modelli italiani. Tra gli artisti rinascimentali, quello che più di tutti esercitò maggior fascino su Rivera e gli altri muralisti fu Michelangelo.
Tra i murales più noti di Diego Rivera ce ne è in particolare uno che dimostra quanto l’artista messicano, per la sua realizzazione, abbia verosimilmente preso a modello il Buonarroti: si tratta del grande ciclo di affreschi eseguito tra il 1926-27 nella Cappella dell’Università Autonoma di Chapingo (Messico). Un attento osservatore che si trovi per la prima volta ad ammirare l’intero complesso che ospita la Cappella potrebbe innanzitutto cogliere un’evidente somiglianza strutturale tra la Cappella messicana e la Cappella Sistina. Entrambe le cappelle, pur avendo dimensioni differenti, presentano infatti una pianta rettangolare con una copertura a volta a botte interamente decorata. In entrambi i casi, inoltre, si percepisce il tentativo di accordare unità tra architettura e decorazione pittorica, ottenendo in definitiva uno stupefacente risultato d’insieme.
Proseguendo nell’analisi comparativa tra le cappelle, se si confronta l’apparato iconografico della volta della Cappella Sistina, affrescata da Michelangelo all’inizio del Cinquecento, con quello della Cappella di Chapingo, si può notare come protagonista indiscusso di ambedue i cicli pittorici sia l’uomo, rappresentato nella sua naturale nudità, con una fisicità tonica e una muscolatura così pronunciata da conferire ai corpi una parvenza statutaria. Monumentalità, plasticità delle forme, dinamicità dei corpi, tensione espressiva, attenzione meticolosa ai dettagli anatomici, sono alcuni tratti caratteristici dello stile michelangiolesco, ed è quindi altamente probabile che Rivera possa essersi rifatto al genio toscano, avendo visitato Roma e la Cappella Sistina durante il suo primo viaggio in Italia, tra il gennaio 1920 e il luglio 1921. A rendere differenti le immagini di Rivera sono però i tratti fisionomici tipicamente messicani dei corpi, a riprova del fatto che, nella seconda metà degli anni Venti, era già avvenuto, in Messico, quel superamento della tradizione europeizzante che aveva caratterizzato i murales dei primi anni (1922-1924).
Osservando le immagini dipinte da Michelangelo e da Rivera vale la pena soffermarsi anche su un evidente differenza che intercorre tra i due, circa la modalità di rappresentazione dei corpi femminili. Quelli dipinti da Michelangelo tendono, con ogni evidenza, ad assumere una marcata fisicità mascolina, così come dimostrano le numerose sibille affrescate sulla volta della Sistina, che paiono dotate di una massa corporea fin troppo sviluppata per dei corpi femminili o, ancora, si può citare come esempio la Eva protagonista dei riquadri dedicati al Peccato Originale e alla Cacciata dal Paradiso Terrestre, che presenta una corporatura quasi del tutto similare a quella di Adamo. Rivera, da sempre attratto dalla seducente bellezza femminile, era solito servirsi di modelle per dipingere i monumentali nudi che tanto lo hanno reso famoso; e nel caso della Cappella di Chapingo è certo che si sia servito della sua prima moglie Lupe Marín per ritrarre la grande immagine della Terra feconda sulla parete frontale della Cappella, mentre per le altre figure femminili sembra aver utilizzato come modella la fotografa e amica Tina Modotti.
I suoi nudi femminili, diversamente da quelli di Michelangelo, risultano essere estremamente sensuali, caratterizzati da corpi formosi, seni ben pronunciati, ventre arrotondato e lunghi capelli neri sciolti lungo le spalle. Oltre che nella già citata Terra feconda, esempi di nudi femminili si trovano lungo la parete destra della Cappella, nei riquadri intitolati Germinazione, Maturazione e Le forze sotterranee, dove corpi sensuali sono ben inseriti all’interno di uno spazio che si potrebbe definire “surreale”, nel quale si registra una perfetta fusione tra la morbidezza delle linee e i colori caldi. Un sensuale corpo femminile lo si trova dipinto anche all’interno della lunetta posta sulla parete opposta alla Terra feconda: una donna dotata di una non volgare sensualità è ritratta sopita, distesa sul fianco, in una posa del tutto naturale.
A proposito di nudi femminili vale la pena di citare anche un ultimo riquadro che propone un nudo diverso da quelli visti sino ad ora. Il corpo formoso di una donna ci viene infatti mostrato dal dietro, attorniato da tre grottesche figure maschili che rappresentano Clericalismo, Militarismo e Capitalismo, i tre mali che, secondo Rivera, stavano affliggendo il Paese. Il corpo femminile in questo caso allude invece alla condizione di sfruttamento del Messico moderno da parte degli investitori stranieri. Il fatto che all’interno della Cappella messicana siano presenti elementi che alludono chiaramente alla lotta comunista, come il ricorrente simbolo della falce e dal martello o scene che celebrano la Rivoluzione messicana e i suoi eroi o, ancora, che ci siano velati riferimenti ai tre mali che stavano affliggendo il Messico moderno (Clericalismo, Militarismo e Capitalismo), dimostra come il tema sviluppato da Rivera nella Cappella sia storico-politico, diverso quindi da quello religioso che troviamo nella Cappella Sistina. Considerare la Cappella di Chapingo, così come tutti i murales di Rivera, come mera opera d’arte è riduttivo, così come sbagliato sarebbe scindere l’immagine del Rivera uomo da quella del Rivera artista. Non si possono capire i suoi murales senza prima aver compreso la sua persona, i suoi ideali, le sue opinioni sul mondo contemporaneo, poiché tutto questo costituisce il cuore pulsante della sua arte e i suoi monumentali murales ne sono ancora oggi la prova tangibile.