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Ci ha lasciati Gilbert Garcin, il “signor nessuno” diventato fotografo a 70 anni

© Gilbert Garcin

Non è mai troppo tardi per diventare un artista. Questo e altro ci insegna la storia di Gilbert Garcin, che ha avviato la propria carriera artistica dopo essere andato in pensione, a 65 anni. Entrato in contatto con il fotomontaggio durante uno stage ad Arles, ne ha fatto il fulcro della sua opera, diventando lui stesso protagonista delle proprie composizioni. Il fotografo francese si è spento a Marsiglia lo scorso 17 aprile, all’età di 90 anni.

L’ironia di Jacques Tati, i personaggi di Magritte, l’etereità di Ionesco. Paesaggi lunari, poetici, fatalisti. Immagini essenziali che pongono l’uomo qualunque di fronte ai rebus dell’esistere. Gilbert Garcin era animato da una incontenibile necessità di comunicare temi importanti, ma aveva la capacità di non prendersi mai troppo sul serio. Le sue fotografie mettono in scena un monsieur tout le monde hors du temps (uomo qualunque fuori dal tempo) che dà vita ad allegorie dolciamare delle condizione umana.

© Gilbert Garcin

Dall’alto della sua vecchiaia, di una vita ormai consumata, come caselle su cui apporre una crocetta (gli studi, la carriera, la famiglia) Gilbert Garcin ha posato lo sguardo sui grandi temi esistenziali, quelli da cui fuggiamo per mezzo di una quotidianità satura d’impegni. Nato a Marsiglia nel 1929, dopo una laurea in economia ha diretto un’azienda specializzata nell’illuminazione per appartamenti. Superata la soglia dei 65, Garcin si è scoperto terrorizzato dal vuoto della pensione: così, a cuor leggero, ha partecipato a un seminario guidato dai fotografi Pascal Dolémieux, Michel Séméniako e Arnaud Claass nella cornice di Les Rencontres d’Arles. Mai avrebbe immaginato che sarebbe stato l’inizio di una seconda vita, di una carriera che avrebbe inscritto il suo nome nel panorama fotografico internazionale.

© Gilbert Garcin

In quell’occasione scopre il fotomontaggio, tecnica che diventa il fulcro della sua opera. Inizia così a fotografare se stesso, dando vita a un alter ego da collocare in un’infinità di situazioni bizzarre e surreali. Il suo Mister G., presto affiancato dalla moglie Monique, altro non è che un autoscatto in bianco e nero ritagliato e incollato su supporto rigido, poi fotografo all’interno di scenografie in miniatura composte all’interno del suo studio a La Ciotat. Eccolo allora passeggiare con un lembo di cielo sottobraccio, simbolo di una libertà improvvisa e spaventosa. Oppure, cancellare a colpi di strappo l’esistenza, che si riduce a un tratto nero che scorre confuso su una superficie bianca. Allo stesso modo, eccolo che rimuove le proprie orme attraverso il mulino dell’oblio, segno che non resterà nulla del nostro passaggio su questa terra. L’uomo, e poi la donna: i due, uniti nella vita, ma presto costretti a separarsi di fronte a un destino che non risparmia niente e nessuno.

© Gilbert Garcin

Trompe l’oeil artigianali realizzati con mezzi modesti, eppure di grande impatto. Garcin, nato nell’era dei primi 35mm e diventato fotografo ai tempi del digitale, ha scelto di mantenere un rapporto tattile con gli oggetti invece di imparare a manipolare i pixels. Il risultato è una fotografia dal look antico, più che vintage. Un universo personale unico frutto, tra l’altro, del suo isolamento rispetto mondo dell’arte, condizione che gli ha permesso di creare in maniera libera da preconcetti. Le opere di Garcin sono state esposte in tutto il mondo e sono rappresentate in numerose collezioni. Tra queste, la Maison Européenne de la Photographie (Parigi), Fonds National pour l’Art Contemporain (Parigi), Veendam Artotheque (Paesi Bassi), Collezione West (Filadelfia) e Titze Collection (Vienna). A dare la notizia della sua morte, lo scorso 17 aprile, è il sito di Les Rencontres d’Arles, che lo ha ricordato con un documentario a lui dedicato nel 2018:

 

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