Chissà se il bravo pittore Taddeo di Bartolo (Siena 1362-1422) immaginava che, dopo oltre seicento anni, i suoi magnifici polittici avrebbero fatto impazzire gli storici dell’arte per recuperarne i pezzi.
Era forse il più abile maestro tra fine ‘300-primi vent’anni del ‘400 di questi marchingegni, grandi ancone fatte da più tavole, che potevano raggiungere anche il numero di quaranta, tutte dipinte, recto e a volte verso, e montate ingegnosamente a formare una pala fornita di pinnacoli, cuspidi, basi, predelle. A dedicare con passione e tenacia anni di studio a Taddeo e alle sue opere, decisa a scovarne ogni più piccolo pannello in ogni museo o collezione del mondo è stata Gail E. Solberg, storica dell’arte nordamericana degli Associated Colleges of the Midwest-Florence Program di stanza a Firenze.
In procinto di pubblicare una monografia sul pittore, è stata chiamata da Marco Pierini, direttore della Galleria Nazionale dell’Umbria, a ricomporre un importante polittico di Taddeo del 1403, un tempo nella chiesa di San Francesco al Prato di Perugia, poi smembrato e diviso tra la galleria umbra e musei internazionali. L’idea di fare una mostra sull’opera si è trasformata in una rassegna completa su “Taddeo di Bartolo” a cura della stessa storica (Perugia, Galleria Nazionale dell’Umbria, 7 marzo-7 giugno, chiusa a causa del “coronavirus”, catalogo Silvana Editoriale). Così sono state ricostruite l’intera opera e la personalità di questo pittore poco noto al pubblico, ma di alta qualità, alla pari dei grandi senesi predecessori, Duccio, Simone Martini, Pietro e Ambrogio Lorenzetti. Innovatore e già pronto a cogliere le prime novità del Rinascimento.
Di formazione senese, già “pittore” e frescante negli anni ottanta del ‘300, Taddeo si si sposta con la sua bottega nell’ultimo decennio del secolo verso il nord della Penisola. Incontra artisti e committenti, si aggiorna e trasmette la sua cultura. Allo scoccare del 1400 è di nuovo a Siena a lavorare per ordini religiosi e committenti privati. La mostra ne ripercorre l’attività attraverso un centinaio di tavole, quattro pale d’altare integre di grandi dimensioni, altre presenti con alcuni pezzi e ricostruite idealmente. Prestiti rari e prestigiosi che la galleria umbra ha ricambiato col restauro di venti opere esposte, le cui analisi riflettografiche e dei pigmenti hanno permesso di scoprire ogni segreto del lavoro di Taddeo, dal progetto dell’opera all’uso di modelli, sempre variati, alla realizzazione di tavole dipinte con collaboratori, pittori, legnaioli, maestri iconografi.
Un percorso di fascino attraverso sette sezioni in una galleria trasformata in chiesa ad una navata con una serie di ‘cappelle’ entro cui si snodano le opere. Dagli esordi alla fine, attraverso viaggi e ritorni in patria, dai momenti più alti ai racconti dei dipinti, dagli aspetti innovativi ai metodi.
Interessanti gli esordi rappresentati da due cuspidi con l’Arcangelo Gabriele e la Vergine annunciata provenienti dal più antico polittico superstite di Taddeo, la Pala di Collegalli a cinque scomparti, firmata e datata 1389, ancora molto senese. Stessa cultura nella Madonna col Bambino in trono tra san Giacomo maggiore e san Domenico del 1390 (Torino, Galleria Sabauda), in origine nella chiesa di San Jacopo e Lucia di San Miniato al Tedesco.
I viaggi intrapresi dall’artista in Toscana e in Liguria dal 1390 al 1397 e le soste a Genova, Firenze, Lucca, Pisa permettono scambi e aggiornamenti con altri artisti. Intensa è l’attività pisana testimoniata da parecchie opere, tra cui tre cuspidi del Polittico Casassi per la chiesa di San Paolo all’Orto, del 1395. A Pisa il pittore ha un’attiva bottega, che lavora con carpentieri locali e con la folta schiera di forestieri, tra cui doveva esserci anche il portoghese Alvaro Pirez (cui ArtsLife ha dedicato un articolo qualche giorno fa).
Il centro della mostra è rappresentato dalla ricostruzione del bellissimo e davvero complesso Polittico di San Francesco al Prato di Perugia del 1403. Dipinto su due lati, a sette scomparti, enorme e spettacolare, decorato in ogni millimetro, rappresentava da un lato la Madonna con il Bambino e santi e dall’altro San Francesco con altri santi. Con decine di figure grandi e piccole, tutte con una loro precisa ragione iconografica, non solo è uno degli apici della pittura di Taddeo, ma di tutto il primo ‘400.