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Arte balsamo della psiche. La quarantena degli artisti, Vera Portatadino

Vera Portatadino, autoritratto in quarantena Vera Portatadino, autoritratto in quarantena
Vera Portatadino, autoritratto in quarantena
Vera Portatadino, autoritratto in quarantena

Com’è cambiata la vita degli artisti durante la quarantena? Come sono mutate le loro abitudini, il loro sentire, il loro lavoro?

L’aria sospesa, gli spazi dilatati, i silenzi, il fluire sordo del tempo. L’attesa pervasa di un chiarore surreale e indefinito che scandisce le vite della quarantena. Abbiamo chiesto a una serie di artisti di raccontarci lo scorrere del tempo dalle proprie case, trasformate in temporanei atelier. La vita di un artista ai tempi della pandemia.

I tempi di Vera Portatadino

Come passi la giornata, dove e come dipingi ora?

Gran parte del mio tempo è impegnato nella cura di mia figlia di 10 mesi e di mio fratello, che soffre di una disabilità psicofisica importante. Abbiamo una routine molto precisa: la preparazione dei pasti, il gioco, il bagnetto, la nanna… . Tra queste attività mi organizzo per dedicare il resto alla contemplazione della natura, al disegno, alla pittura, alle passeggiate in giardino, al riposo, per quanto possibile. Di notte, con Tea, ancora si dorme poco. Faccio i salti mortali, non posso sprecare nemmeno un minuto.

Questo è un tempo prezioso. La quarantena infatti, quella dura, l’ho vissuta tra novembre e gennaio a Milano. Neomamma, 10 ore al giorno da sola con una neonata in città, in un piccolo appartamento, senza l’aiuto di nessuno. Per me da fine febbraio è stato come cominciare a respirare aria nuova, come fossi in residenza, sebbene la fatica non manchi. Mi sono trasferita per questo periodo nel Varesotto dai miei genitori, i quali da fine febbraio hanno prudentemente tenuto a casa mio fratello, interrompendo le sue attività quotidiane presso un centro diurno. Ciò ha scatenato uno tzunami emotivo in lui e così, sono restata con loro, a dare una mano. Se la quarantena è risultata difficilmente sopportabile per i più, dobbiamo immaginare la fatica delle persone come lui e delle loro famiglie, spesso sole senza aiuto. I miei genitori sono anziani. Se non avessero il nostro aiuto, mi domando come avrebbero fatto. Come se la stanno cavando le altre famiglie in queste condizioni? Fortunatamente noi qui abbiamo un bellissimo giardino, la vista del lago di Varese, la natura.

Per quanto riguarda la pratica artistica, ho iniziato a lavorare subito, improvvisando una sorta di studio all’ingresso della casa, in un piccolo portico e sfruttando, come dicevo, ogni minuto disponibile. I primi di marzo, Giada Pellicari mi ha invitato a partecipare al suo progetto “Artists in Quarantine“, (https://www.instagram.com/artistsinquarantine/) una mostra, forse la prima, su Instagram, cominciata il giorno stesso del lockdown lombardo. Ho dipinto tre quadri a olio in tempo record, appositamente per questo progetto e poi mi sono concentrata sul disegno, prima per il progetto The Colouring Book di Milano Art Guide, su invito di Rossella Farinotti e poi en plein air non appena sono arrivate le prime giornate calde. Il rapporto tra uomo e natura è sempre stato al centro della mia ricerca. Le fioriture si sono succedute con potenza e bellezza tali da rapirmi e da esigere da me una pratica rapida di studio e contemplazione di una primavera che sbocciava nonostante tutto il dramma e la fatica a cui la popolazione veniva sottoposta. È stata una manifestazione violenta della bellezza: la morte e poi la vita e poi ancora la morte…e la vita.

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Vera-Portatadino,-Beauty-is-in-the-eye-of-the-beholder,-2020,-oil-on-canvas,-30-x-40-cm

Ho voluto realizzare dei disegni, molto liberamente, senza preoccuparmi troppo dell’esito e anche delle possibili derive dalla mia pratica consueta. L’ho colta come davvero un’occasione di libertà, per quanto imprigionata. Ho deciso di aderire anche ad una campagna nata in UK, su Instagram, “#artistssupportpledge”, che qui non ha molto attecchito, ma che ha mobilitato artisti di ogni sorta, più e meno professionisti, più e meno noti, a proporre in vendita opere ad un costo modesto, creando un sistema quasi mutalistico di sostegno tra artisti: raggiunta una certa cifra l’artista si impegna a comprare un’opera offerta da un altro artista nella stessa campagna. Sui social ho infatti messo in vendita disegni su carta realizzati in quarantena, devolvendo inoltre il 20% del ricavato a un’impresa sociale africana, Wakilaré, fondata da un altro mio fratello, che vive in Guinea, Africa Occidentale. Wakilaré insegna un mestiere ai disabili che sono costretti in strada a mendicare. Realizzano scarpe, borse, accessori fatti a mano ed ora cercano di adoperarsi per realizzare mascherine. Se noi, con i nostri apparati statali e non, siamo stati messi in ginocchio da questo virus, nei paesi più poveri l’esito può rivelarsi esponenzialmente più disastroso, senza che ci sia un sistema sanitario e di welfare adeguato.

In generale, è un momento di ispirazione per me. La mia opera ha da tempo a che fare con pensieri legati a scenari post-umani, paesaggi costellati da reperti naturali e reliquie di una vita dominata da tecnologia e scienza. Penso ad esempio a i lavori in cui ho dipinto guanti monouso, di quelli che utilizzano nei laboratori scientifici. Li ho raffigurati fluttuanti in campiture di colore, ambienti reali o virtuali, suoli desolati terrestri o marziani, insieme a strumenti sempre di laboratorio, come vetrini e pipette, e a dettagli botanici, rimanenze di una natura distante, ma sempre più desiderata. Ho lungamente pensato a questi guanti e questi oggetti, come una sorta di simbolo contemporaneo di un’umanità intenta a manipolare la natura, il DNA, l’RNA, ora i virus. Li immaginavo nei miei quadri, ritrovati da uno sguardo post-apocalittico, come una sorta di indizio di quello che la vita umana un tempo era. E poi, ho dipinto molte scene di prati rigogliosi e lussureggianti, costellati da bacche, boccioli, erbe deliziose dove piedi e mani liberavano il proprio desiderio. La mia ultima personale si intitolava: “Anima Alzati Apriti” e invitava a riflettere sul bisogno inalienabile di bellezza e di natura, proprio dell’essere umano. Ora più che mai continuo per questa strada. Mi domando se anche i più scettici sul bisogno di una svolta ecologista, si siano messi in discussione, dopo tanta privazione di aria fresca e verde.
Vera Portatadino, Be Careful, 2020 april, chalks on paper, 24 x 30cm- webres
Vera Portatadino, Be Careful, 2020 april, chalks on paper, 24 x 30cm
Tempo, Spazio, Suono. Concetti ricalibrati, relativi, riformulati…

Il tempo è diventato il tempo del sole che sorge e del sole che tramonta. Quando la luce del primo mattino entra dalle fessure delle tapparelle, Tea, mia figlia, si sveglia e ci sveglia e comincia la nostra giornata. Quando il sole comincia a scendere all’orizzonte e la luce si fa oro, si smette di lavorare, si fa una passeggiata in giardino per salutare il giorno che muore. Ci si prepara per la sera.

Il tempo è tornato ad essere un tempo naturale. Il suono è quello degli uccelli all’alba e dei grilli all’imbrunire.

Questo momento è prezioso per poter ripensare il nostro rapporto con la natura. Abbiamo assunto dei ritmi e delle abitudini fuorvianti per così tanto tempo. Viaggiare ore per andare al lavoro, dedicare solo il tempo del riposo notturno allo spazio domestico, dare per scontato che la natura fosse sempre disponibile e al nostro servizio, utile per essere sfruttata ma non così essenziale alla nostra felicità. Viviamo in città sovraffollate, in appartamenti piccoli e bui, senza rapporti con i propri vicini. Sembra una tiritera, ma la realtà ha smascherato ancora una volta la criticità di questa scelta o questa necessità, per così dire, dettata dal nostro “stile di vita” contemporaneo.

Vera-Portatadino,-now-our-lives-are-changin-fast,-2018,-oil-on-canvas,-190-x-160-cm- private collection, photo by Cosimo Filippini
Vera-Portatadino,-now-our-lives-are-changin-fast,-2018,-oil-on-canvas,-190-x-160-cm- private collection, photo by Cosimo Filippini
Leggere, scrivere, riflettere, altro…

Credo di avere risposto a questa domanda nelle due precedenti. Aggiungerei soltanto che c’è più tempo per le relazioni famigliari. La convivenza quotidiana con i miei famigliari, pur nelle difficoltà, rimette in luce la positività di una vita “comunitaria” non soli con se stessi, insomma. Ci si aiuta, ci si confronta, ci si mette anche molto in discussione. Penso sia più dura la vita da soli, in città, al buio, senza alberi, con tanto inquinamento, sebbene con molto più tempo per sé.

Dopo cena, quando mia figlia dorme, mi piace sedermi a fianco di mio marito a guardare un film o a lavorare, mentre lui legge un libro.
Prima cosa che farai quando finisce la quarantena?

Sarò felice di rivedere tutti i miei amici.

Anima Alzati Apriti, 2019, oil on linen, 120 x 150 cm
Anima Alzati Apriti, 2019, oil on linen, 120 x 150 cm

 

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