Ripartire dopo l’emergenza sanitaria che ha investito l’intero paese e ha inevitabilmente travolto i luoghi della cultura non è semplice né tanto meno scontato; occorre reinventarsi e riconfigurare le modalità di intervento per offrire nuove prospettive e soluzioni innovative, che coinvolgano il territorio e l’intera comunità creativa di riferimento. Il MAMbo si trasforma in centro di produzione interdisciplinare e mette a disposizione di artisti residenti e domiciliati a Bologna i propri spazi, con l’auspicio che il progetto possa aiutarli nel proseguimento delle proprie attività e che il museo possa riappropriarsi della sua identità di luogo deputato alla produzione culturale, necessaria alla città per ripartire, volgendo lo sguardo al futuro.
Un’idea di «museo come raccordo, come luogo di concentrazione in cui ognuno possa portare le proprie conoscenze, le proprie attitudini e le proprie capacità»: queste le parole di Lorenzo Balbi, direttore del MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna che, durante la conferenza stampa del 4 maggio, ha presentato il progetto Nuovo Forno del Pane, illustrandone le potenzialità e i punti chiave.
Da “ex” a “nuovo”. La sede museale perde la preposizione che accompagnava la sua nomenclatura e si rinnova, adattando i suoi spazi e ampliando l’offerta sia per il pubblico che per i professionisti. Così come Francesco Zanardi nel 1915 volle costruire il Forno per rispondere alle necessità della popolazione a “Pane e Alfabeto”, oggi il MAMbo promuove la ripresa della produzione artistica e culturale, rimettendo metaforicamente in moto le fornaci della sua sede. Le ciminiere simbolo dell’edificio, come si può intuire dal logo ideato da Aldo Giannotti, ricominciano a sputare fumo bianco e non lasciano spazio a fraintendimenti: la fucina creativa riprende a funzionare, nonostante il duro colpo subìto a causa della chiusura anticipata delle mostre temporanee (AGAINANDAGAINANDAGAIN, inaugurata a fine gennaio 2020, è stata sospesa a causa del lockdown a fine febbraio) e la posticipazione delle mostre programmate per il resto dell’anno.
Il MAMbo riparte da qui: Lorenzo Balbi, appoggiato dal CdA dell’Istituzione Bologna Musei e dall’Assessorato alla Cultura e Promozione della città, pone le basi per le attività che si svolgeranno nei prossimi mesi presso il museo, annunciando la regolare riapertura della collezione permanente – secondo le modalità e i tempi indicati dal Ministero – e la trasformazione della Sala delle Ciminiere in una vera e propria factory, entro la quale 10-12 artisti selezionati attraverso una open call andranno a lavorare attivamente e a produrre nuove opere. L’applicazione sarà lanciata a metà/fine maggio e le attività all’interno della Sala delle Ciminiere potrebbero iniziare verosimilmente già a partire da metà o fine giugno: ciò che è certo, vista la situazione da cui si riparte, è che le mostre temporanee saranno sospese almeno fino alla fine del 2020. Pertanto, gli artisti potranno progettare e lavorare all’interno del MAMbo per un periodo medio-lungo, con la possibilità di acquisizione di alcune opere da parte del museo stesso.
Il progetto, che vedrà la partecipazione e la collaborazione di numerosi professionisti del settore, enti e fondazioni locali, si muove a sostegno delle categorie particolarmente toccate dalla crisi legata alla pandemia e ospiterà – oltre agli atelier – anche laboratori aperti, come per esempio una sala di registrazione/montaggio video, un laboratorio fotografico, un laboratorio di falegnameria e altri spazi deputati alla creazione artistica.
L’istituzione museale fa sapere che le attività di valorizzazione del patrimonio proseguiranno e che le modalità di fruizione della collezione permanente saranno ampliate attraverso un incremento della produzione di contenuti da destinare alle piattaforme digitali. Soprattutto, grazie ai fondi PON Metro di cui Roberto Grandi aveva già dato notizia (qui un’intervista in cui il Presidente dell’Istituzione Bologna Musei accennava alle risorse e alle applicazioni del PON) e alle partnership con Accademia di Belle Arti e Unibo, si assisterà ad una rimodulazione delle attività di mediazione, che passerà anzitutto attraverso la formazione di nuovi mediatori museali.
La cultura come motore per la ripresa e l’arte come pane per la mente, dunque: in vista di un radicale mutamento anche la comunicazione sarà più agile e variegata. Il progetto Nuovo Forno del Pane sarà dotato di un sito internet e di pagine social dedicate ma, soprattutto, sarà inaugurato un ampio programma di talk, studio visit, open day e lezioni, impostato secondo le modalità consentite per il post-emergenza.