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Un ricordo e una dedica. La grande pittura nascosta nelle fotografie di Bob Krieger

Un ricordo commosso di Bob Krieger il grande fotografo italiano scomparso improvvisamente a Santo Domingo il 7 maggio 2020. 

Conoscevo da poco Bob Krieger. Eppure l’ho conosciuto molto. Ai primi di marzo del 2019 andai nella sua casa di Milano per vedere alcune sue opere e decidere insieme quali avremmo potuto esporre durante la IV edizione della fiera WopArt a Lugano. Rimasi a parlare con lui quasi tre ore. Al termine delle quali mi chiese una cosa inaspettata. Di lì a poco avrebbe inaugurato una sua mostra personale milanese a palazzo Mirandola intitolata “Bob Krieger imagine. Living through fashion and music. ’60 ’70’ 80 ’90”.

Il catalogo della sua ultima mostra milanese

Bob mi disse che il catalogo andava in stampa di lì a qualche giorno. Ridendo, nella sua compostezza naturalmente aristocratica mi guardò e disse: “Il catalogo si apre con una dichiarazione del sindaco. Vorrei chiuderlo con un tuo scritto sulla mia arte”. Presi la cosa come un gioco. Ma poi alla sera mi venne l’ansia. In passato mi era capitato di scrivere articoli su Helmut Newton, Patrick Demarchelier o Robert Mapplethorpe. Ma questa volta era diverso. Avevo respirato con Bob le sensazioni e la sua fervida immaginazione davanti ai suoi lavori. E mi chiedeva di chiudere il catalogo di una sua mostra. Avessi saputo allora che sarebbe stata la sua ultima milanese mi sarei paralizzato.

La pittura nelle fotografie di Krieger

Come potevo io, amante assoluto della pittura, descrivere l’intenso amore per l’arte d’un fotografo? Decisi di scrivere di getto sul ricordo delle sensazioni che avevo ricevuto. Scrissi che avevo visto “tutta la storia della pittura preraffaellita negli scatti di gruppo realizzati nella residenza romana di Valentino. L’ispirazione dei ritratti di Tamara de Lempicka nei servizi dedicati alle collezioni di Versace alla fine degli anni Settanta. O la raffinatissima eleganza dei ritratti parigini di Boldini nelle foto della stupefacente bellezza di Dalila Di Lazzaro vestita da Lancetti, come nella mitica Carol Alt immortalata nell’abito di Gucci negli anni Ottanta. Per non dire d’uno scatto in bianco e nero della super modella statunitense Joan Severance (incredibilmente bella ancora oggi a sessant’anni) che pare la replica fotografica dell’olio “Fanciulla sdraiata” ancora di Boldini.

Da Gauguin a Jeff Koons, passando per Afro e Warhol

Mentre la nobile Melba Ruffo di Calabria vestita da Trussardi potrebbe tranquillamente ispirare una scultura di Jeff Koons. E i rullini degli anni Novanta con le collezioni di Dolce & Gabbana mischiano il Gauguin tahitiano agli esiti magistrali di tanta pittura informale europea del secondo Novecento (da Afro a Birolli sino a de Staël). Se poi vi devo parlare delle fotografie che Krieger ha scattato a Linda Evangelista o alle cinque modelle più famose degli anni Ottanta, il riferimento a Warhol rischia l’ovvietà”. Terminai lo scritto con una citazione di Wilde che mi sembrava tagliata come un abito sartoriale per Bob e i suoi lavori: “L’arte trova la propria perfezione in se stessa e non al di fuori. Essa è un velo piuttosto che uno specchio. Ha fiori che nessuna foresta conosce, uccelli che nessuna selva alberga. Crea e distrugge i mondi e può tirare la luna giù dal cielo con un filo scarlatto. Sono sue le forme più vere che il vero, suoi i grandi archetipi dei quali le cose esistenti non ci sembrano che copie imperfette”.

Un abbraccio a Bob con lo splendore nelle parole di Vasco Pratolini

Ora, alla notizia della sua scomparsa, consapevolmente desiderata e da lui compiuta, vorrei dedicargli queste splendide parole di Vasco Pratolini scritte ne “La costanza della ragione”, che sembrano il migliore abbraccio ch’io possa dedicargli:

“I suoi Poeti, cosa gli avevano insegnato? Essi vissero con un’idea. Furono soldati e teatranti, diplomatici e miliziani, contadini e ingegneri. Si chiamavano Lorca e Majakoswki quelli che lui più amava. Conobbero l’estati e il dolore, cantarono il sangue e la rosa, i grattacieli e gli ulivi, la metropoli e il mare, le macchine, la betulla e il maggese. Si fecero uccidere o si uccisero. Ma sarebbe stato lui senza i suoi Poeti? Essi erano di macigno e di galestro, trasparenti e d’acciaio. L’amore dell’uomo li ha bruciati. Come ogni creatura che della propria costanza si è fatta una ragione, ne portarono addosso le pene e i deliri, le contraddizioni che prevaricano verità e giustizia, i vizi che travolgono le innocenze. E i miti, che incarcerano la libertà. Crollarono sotto il peso del mondo, dopo averlo sospinto di un passo verso la salvazione”.

A Bob Krieger, 7 maggio 2020

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