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Scrigni d’amore: cassoni nuziali del ‘400 tra lusso ed exempla virtutis

Tiziano Vecellio, Venere di Urbino, Galleria degli Uffizi, 1538
Tiziano Vecellio, Venere di Urbino, Galleria degli Uffizi, 1538

L’esposizione L’Autunno del Medioevo in Umbria. Cofani nuziali in gesso dorato una bottega perugina dimenticata, tenutasi alla Galleria Nazionale dell’Umbria, è stata un’occasione unica per ripercorrere la tradizione dei cassoni nuziali e l’arte ad essi legata.

Era il 1538 quando Guidobaldo della Rovere commissionava a Tiziano il celeberrimo quadro della “Venere”. Il futuro signore di Urbino aveva 24 anni quando decise di prendere in sposa Giulia Varano, diventata in seguito duchessa di Camerino e che all’epoca, di anni, ne aveva solo 10. Così il quadro, commissionato in un momento in cui i due giovani avevano da poco suggellato la loro unione, andava a veicolare importanti messaggi riconducibili alla sfera sessuale e riproduttiva legata al rito sacro del matrimonio.

Nel dipinto di Tiziano la Venere si staglia in primo piano potente e audace. Il letto su cui troneggia maliziosa sembra un invito a consumare un rapporto carnale nel tentativo vano di cogliere l’essenza della vita stessa. Alla potente carica erotica comunicata dal nudo femminile fa da contrappunto la scena intima e domestica delineata sullo sfondo: due ancelle sistemano le ricche vesti che ben si addicono ad una sposa di alto lignaggio e che le donne veneziane solevano conservare in cassoni finemente intagliati. Eppure, la pratica di custodire corredi entro queste raffinate “capsae” non era di certo nuova ma traeva le sue origini dalla cultura egizia e romana e andò a consolidarsi sempre di più nella Firenze repubblicana Tre-Quattrocentesca. Il cassone veniva esposto alla cittadinanza in un percorso che, dalla dimora di origine, veniva portato in pubblica processione fino alla nuova casa dove avrebbe trovato insediamento la sposa. Era il cosiddetto rito della “domunductio”: l’oggetto di arte mobile, come in una sorta di parata trionfale, andava ad attestare in modo visibile e palpabile il prestigio politico ed economico delle famiglie nobiliari.

Jacopo del Sellaio, Biagio d’Antonio Tucci, Cassone Morelli, Courtauld Institute, London, 1472

La scelta dei soggetti giocava quindi un ruolo determinante. Se l’interno del cassone si rivelava uno scrigno dove vi erano custoditi mille tesori (si trovavano libri di preghiere, immagini sacre, stoffe, preziosi monili), le tematiche raffigurate nella parte posteriore (coperchio, fianchi, retro) erano tra le più variegate.

Bisogna tenere infatti in considerazione che, alla fine del ‘300, la diffusione di temi eruditi, dei classici latini e del loro successivo volgarizzamento aveva fatto sì che la pittura all’antica fosse declinata in direzione volutamente didascalica. Perentoria l’indicazione di Leon Battista Alberti nel suo Discorso sulle immagini sacre:

Negli ambienti ove ci si unisce con la moglie raccomandiamo di dipingere esclusivamente forme umane nobilissime e bellissime: ciò-dicono-ha grande importanza per la bontà del concepimento e la bellezza della futura prole

Ed è così che i cassoni si popolano di eroine elette ad exempla virtutis in grado, con le loro azioni, di esortare le novelle spose alla fedeltà coniugale; non meno raramente troviamo episodi desunti da opere come l’Eneide di Virgilio, le Metamorfosi di Ovidio, i Trionfi del Petrarca in grado di incitare ad azioni valorose. Sporadiche, invece, le storie attinenti al Vecchio e Nuovo Testamento. Che la scelta delle immagini attingesse ad un repertorio sacro o profano l’obiettivo era comunque duplice e allo stesso tempo univoco: esaltare le virtù e condannare i vizi creando un complesso gioco narrativo che affidava all’immagine tutta la sua potenza evocativa.

Sandro Botticelli, Ostalgi degli Onesti, primo episodio, Museo del Prado, Madrid, 1483

Un’ occasione per radunare e mettere a confronto questi oggetti così rari e preziosi è stata offerta recentemente dalla Galleria Nazionale dell’Umbria. La mostra L’Autunno del Medioevo in Umbria. Cofani nuziali in gesso dorato una bottega perugina dimenticata, curata da Andrea de Marchi e Matteo Mazzalupi e conclusasi nel gennaio scorso, ha avuto come obiettivo quello di ricreare l’intimità delle alcove nelle quali questi cofani nuziali erano conservati; il percorso, volutamente labirintico, vede la creazione di piccole stanze dove, vicino al prezioso oggetto d’arredamento, vengono esposti, come sospesi, dei teli stampati atti a ricreare ed esaltare la preziosità dei tessuti dipinti delle opere esposte.

Perugia si conferma così, oltre Firenze, importante centro vitale per la creazione dei cassoni e in generale per lo sviluppo dell’arte gotica. La volontà di ricreare l’effetto brulicante di vita, dato dalla raffigurazione di preziosi dettagli quali la sontuosità delle vesti dell’epoca, è affidato a botteghe che vedono nomi importanti quali quello di Giovanni di Tommasino Crivelli e ad artisti di levatura minore quali Mariano d’Antonio e Benedetto Bonfigli.

Un viaggio in un’epoca di transizione dove l’occhio del visitatore è stregato dagli ori e dagli smalti preziosi della stagione tardo gotica e al contempo dalla ricerca di naturalismo e dal caldo cromatismo scaturiti dall’imminente arrivo della primavera rinascimentale. Un viaggio atto a ricostruire un’atmosfera favolosa che il visitatore nostalgico ha potuto rivivere attingendo a quel repertorio di oggetti e di immagini che solo l’arte è in grado di rievocare.

Artista perugino della metà del sec. XV, Cassone, Londra, Victoria and Albert Museum, esposto alla mostra L’Autunno del Medioevo

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