Domani è un altro giorno, si vedrà. La crisi pandemica si è abbattuta (anche) sul sistema dell’arte italiano e ha reso incerto “il domani” dei professionisti del settore. Dalle fiere alle case d’asta fino a gallerie e musei, il covid-19 ha destabilizzato gli attori del sistema, che hanno riprogrammato (e dovranno ripianificare) i loro progetti, ricalibrandone proposte ed esigenze per uscire dal pantano della crisi del coronavirus il prima possibile. Magari più forti e consapevoli. Dopo un primo periodo di riassestamento, è ormai acclarata l’impossibilità che tutto torni come prima (almeno fino alla scoperta di un vaccino). Devono cambiare i paradigmi in atto fino a due mesi fa. Diventa dunque importante reagire e farlo nel migliore dei modi. Dall’implementazione e inaugurazione dei più disparati strumenti online, alle nuove strategie di vendita. Dalle vetrine digitali ai tour virtuali. Per far fronte il più rapidamente possibile a probabili nuovi scenari e al conseguente cambiamento (necessario e naturale) di alcune dinamiche.
Come i galleristi affrontano e affronteranno la crisi? Quali strumenti hanno messo in campo? Quali sono i loro programmi e le loro previsioni per il post-pandemia?
Abbiamo chiesto a Moshe Tabibnia, fondatore della Galleria BUILDING, di parlarci dei propri progetti presenti e futuri, di raccontarci delle strategie (digitali e non) messe in atto per sopperire alla crisi e delle previsioni di scenari post-pandemia che potrebbero emergere nel mondo dell’arte.
Come possiamo constatare in questi giorni, questo periodo sta cambiando tutti noi, sia nel modo di essere che di lavorare, soprattutto ci ha spinti a pensare sempre in maniera parallela.
Il lavoro di BUILDING rimane quello che abbiamo sempre svolto, ma ne abbiamo riadattato le dinamiche: tutto è stato riorganizzato in modo da essere attivi il più possibile da remoto, di cercare di limitare gli spostamenti e i contatti fra persone. Per il prossimo futuro, per esempio, sospenderemo gli opening, e tenderemo a prediligere opere e progetti che non richiedono grandi viaggi o movimentazioni impegnative. Forse tutto questo porterà le gallerie, di riflesso, a concentrarsi sugli artisti locali. E poi ancora stiamo iniziando a focalizzarci su opere che sono esperibili anche da lontano, talks digitali piuttosto che lectures in galleria.
Questa pausa forzata, tuttavia, ha avuto alcuni aspetti positivi, poiché ci ha spinti a mettere in atto modifiche sia negli strumenti di comunicazione che nella nostra proposta culturale: abbiamo avuto modo di elaborare dei progetti che avevamo in cantiere da tanto ma che non avevamo il tempo di sviluppare dettagliatamente, stiamo adattando il nostro sito alle esigenze del futuro e abbiamo creato una programmazione molto strutturata sui nostri social, che prima usavamo come una semplice cassa di risonanza per i progetti della galleria. Ora abbiamo creato dei format specifici attraverso cui divulgare nuovi contenuti, per esempio Art Updates From…, dove amici, curatori e artisti condividono con noi i loro progetti e le loro riflessioni, oppure BUILDING Takeover, un format per cui le nostre pagine social vengono messe a disposizione di varie persone del mondo dell’arte che si possono raccontare attraverso di noi. Il primo è stato Nicola Trezzi, direttore del CCA di Tel Aviv, i prossimi saranno l’artista Yuval Avital, la giornalista Sabrina Donadel e così via… abbiamo deciso di promuovere attraverso i social anche l’attività editoriale di BUILDING, che è anche casa editrice.
Fra poco, inoltre, lanceremo un nuovo progetto, totalmente virtuale ma che prevede la partecipazione attiva e materiale degli artisti. Tale progetto non sarà un riempitivo per questo periodo, bensì a lungo termine, un vero e proprio quarto spazio BUILDING – oltre a BUILDING, la vetrina BUILDINGBOX e l’hangar di prossima apertura, BUILDINGHUB – ma totalmente surreale, una BUILDING immaginaria a completa disposizione della creazione e della mente degli artisti.
A prescindere da quello che stiamo facendo in galleria, però, è inevitabile che il nostro futuro sarà orientato verso il distanziamento sociale, che ci porterà ad avere bisogno di più gratificazione attorno a noi, nelle nostre case.
Se il mercato dell’arte avrà la capacità di adeguarsi in modo intelligente potrebbe anche vedere un incremento di interesse. Se dovremo mantenere questa tendenza a stare in casa per questioni di sicurezza, questo diventerà sempre più il nostro modo di vivere, e vorremo quindi essere circondati dalla bellezza e da opere che ci gratificano. Io stesso agirei così, e fruirei delle mie opere d’arte molto di più, perché non avrei la possibilità di essere tranquillo negli spazi comuni dove di solito viene esposta l’arte. Questa può essere una delle tante letture.
Per quanto riguarda il cambiamento del gusto, l’arte è l’arte… forse potrebbe verificarsi una tendenza verso il meno profondo, la gente potrebbe voler essere più leggera, spensierata e preferire opere colorate o rasserenanti… ma in fondo anche adesso ci sono gusti e tipi di arte diversi, il gusto dipende dalla profondità di ognuno di noi.
In generale penso che dovremo attorniarci di più arte possibile, per avere sempre la possibilità di ammirare qualcosa di bello ed esserne sollevati. Il futuro potrebbe essere questo, e sarebbe una conseguenza logica, visto che dovremmo limitare viaggi e uscite. Il mercato dell’arte d’altronde è sempre stato un terreno complesso. A questo proposito non mi dispiace che questa situazione possa far sì che l’attenzione si sposti dalle fiere verso le gallerie e le loro attività, il contrario di quello che stava succedendo negli ultimi tempi. Infatti, non credo che questa situazione porterà ad una forte flessione dei prezzi del mercato, ma sicuramente eliminerà molte di quelle dinamiche di inflazione delle opere e degli artisti, dettate da trend temporanei.
La sospensione delle fiere e la situazione nel suo complesso avranno ripercussioni anche sulle gallerie, siamo già testimoni del fatto che molto si sta dirigendo verso l’online, e le dinamiche di lavoro potrebbero sempre più trasformarsi di conseguenza: per esempio, visto che le persone viaggeranno di meno, sarà necessario che la galleria faccia viaggiare di più le opere verso i potenziali acquirenti.
Io penso che saremo costretti a sviluppare delle nuove sensibilità, segnate dall’incertezza e dalla consapevolezza della fragilità della nostra esistenza nonostante tutto, che potranno risvegliare una nuova attenzione verso l’arte. Credo che da questa situazione difficile l’arte potrà uscire meglio di prima, dopo che avrà superato la fase iniziale della messa in atto di un nuovo linguaggio e dopo essersi assestata sui nuovi meccanismi che richiederà la logistica (come raggiungere i clienti, come far viaggiare le opere, come farle vedere a distanza…).
Mi domando anche quale sarà il futuro dei musei… se non si può vivere senza arte, come io credo, la tendenza dovrebbe essere avere più arte a disposizione e volerla avere attorno a noi, e i musei esisteranno sempre, saranno sempre custodi della nostra memoria e forse proprio per questo diventeranno istituzioni ancora più preziose ed elitarie.
C’è una cosa che però rimarrà concreta. Il rapporto di fiducia fra galleria e collezionista: tale rapporto si rafforzerà, invece che ridursi e sgretolarsi. È probabile che permarrà ancora per molto questa tendenza a viaggiare meno, a vedere meno in prima persona… e quindi ci dovremo fidare di più, aiutandoci e sostenendoci a vicenda. Forse questo tornerà a favorire un vero spirito di collaborazione fra le istituzioni della cultura e fra le gallerie, purtroppo molto spesso in competizione fra loro, ma da oggi più forti che mai se unite.
Moshe Tabibnia