10 maggio: Festa della Mamma. È un’occasione per pensare a un percorso tematico. Titolo ipotetico: Iconografia della mamma, dal Rinascimento all’epoca attuale. I più motivanti di amore per mamma sono comunque quelli edipici del Novecento.
Il percorso può iniziare con una signora borghese di Torino, che dal suo ritratto ci sorride con benevola ironia. Il Ritratto della madre del 1901 di Giacomo Balla è di sapiente fattura; il colore disegna i capelli con tonalità argentee e il volto con sapienti contrappunti tonali. L’eclettico pittore è ancora lontano dal Futurismo e a sua esecuzione rimanda alla scuola piemontese di fine Ottocento.
Il motivo, invece, per il quale Umberto Boccioni ritrae la madre non è solo sentimentale; la composizione è di ambito Divisionista, ha come titolo Controluce, e il corpo materno funziona da modello. L’anno di esecuzione è il 1909, periodo in cui Le Figaro, quotidiano di Parigi, annuncia la nascita in Italia del Movimento Futurista. È un progetto di estetica e di contenuto rivoluzionario e, col senno di poi, Controluce non è poi così lontano dalle successive ricerche futuriste di Boccioni. Il posizionamento formale e cromatico della figura materna è risolutivo al “problema plastico dell’effetto sole, conferendo alla luce la funzione di connettivo tridimensionale dello spazio” (V. scheda filologica di Gianfranco Bruno). Ossia un linguaggio tecnico attinente alla sperimentazione futurista dove – a livello ottico e in modo assoluto e definitivo – luce, volume e spazio approdano alla tridimensionalità.
Il repertorio figurativo realista, col trascorrere dei decenni, si estingue, non solo in Italia, ma anche in Europa e negli Stati Uniti. L’unica ripresa altamente significativa proviene dall’Inghilterra. Nel secondo dopoguerra fanno la loro comparsa nudi straordinari e inquietanti di uomini e di donne. Sono a firma di Lucian Freud. Suo nonno era Sigmund, il padre della Psicanalisi, e Lucian, non a caso quindi, affronta la figura con un’impietosa interpretazione psicologica, e sovente intrisa di erotismo. Alla sua genialità indagatrice non si sottrae lo splendido Ritratto della madre del 1973. Il figlio la interroga in silenzio e lei risponde in silenzio, assente, con gli occhi abbassati. La sua essenza interiore, il figlio la coglie nella malinconia delle pupille. Tuttavia la affronta con distacco, senza empatia, come un oggetto di analisi. Del resto Lucian si comporta sempre così anche con gli altri personaggi che posano per lui durante numerose, lunghe sessioni nel suo studio. Per entrambi i due Freud, il dialogo con l’altro deve quindi procedere a lente tappe. E la mamma, di quel percorso periglioso, è sempre la partenza e l’approdo.