Anna Rosati e le sue riflessioni di artista “reclusa” al tempo del Coronavirus. Diari letterari tra confessioni e speranze, intimi e riflessivi
Non era mai successo. Nemmeno il coprifuoco della Guerra Mondiale era così rigido: tutti a casa, mattina, sera, notte. E non era mai successo che il rapporto, il contatto con l’”altro”, imprescindibile regola del vivere contemporaneo, diventasse il nostro peggior nemico. Ci voleva un pericolo invisibile, ancor più minaccioso proprio perché impalpabile, per costringerci a fare qualcosa che ormai non facciamo più: guardarci dentro. Vivere solo con noi stessi. Un riallineamento delle coscienze, che ci permette – o forse ci costringe – a rivedere certe cose con un’ottica diversa, più “pura”. Alcuni artisti italiani lo fanno con i lettori di ArtsLife: diari letterari tra confessioni e speranze, intimi e riflessivi, un ripensamento dell’arte come scelta di vita sociale. Ecco il contributo di Anna Rosati…
Sospensione del tempo
L’emergenza sanitaria ancora in corso ha modificato la scansione del nostro vivere, delle nostre giornate, creando una singolare sensazione di sospensione in cui il silenzio della città ha modificato, giorno dopo giorno, la percezione del presente, originando una atmosfera sempre più raccolta, rarefatta.
In questo apparente immobilismo temporale, in cui improvvisamente si sono modificati i nostri punti di riferimento non solo spaziali, ma anche concettuali, ho voluto immergermi nuovamente in alcuni dei miei progetti più recenti, riconsiderandoli alla luce di queste nuove possibili proiezioni dell’esistenza.
Ripenso, tra tutti, a “Odissea dell’Abbandono”, esposto nell’Auditorium di San Bernardino a Morcone nel 2019, nell’ambito della rassegna “Imago Murgantia – Emergenze Artistiche” curata da Massimo Mattioli e Azzurra Immediato. Il concetto sul quale allora Mattioli aveva posto con forza l’attenzione, e che mi aveva particolarmente colpita, era quello di una vera e propria “emergenza” per l’arte, e mai come in questi giorni l’assunto di quel tema porta con sé la richiesta di una possibile soluzione, urgente e precisa. Molto mi lega a “Odissea dell’Abbandono”, perché riesce a trasmettere metaforicamente un pensiero antico che resta pur sempre attuale; si tratta del peregrinare infinito di un Ulisse contemporaneo, costantemente alla ricerca del proprio Io, ma che approda, a sua insaputa, in un universo silenzioso, sospeso e straniante in cui sopravvivono soltanto resti di imponenti oggetti di plastica abbandonati, trasformati dal passaggio del tempo in paradossali archeologie architettoniche. Ho voluto narrare quelle forme astratte del silenzio con inquadrature essenziali e colorazioni particolari per dare a queste immagini un’altra consistenza, restituendo anche cromaticamente lo smarrimento, la forma del vuoto.
In effetti credo che assenza e solitudine siano oggi più che mai le condizioni del nostro presente al tempo del virus, in cui l’uomo/Ulisse è di nuovo alla ricerca del proprio io e al tempo stesso attraversa sentieri reconditi, tentando di sconfiggere un nuovo mostro “invisibile”.
La memoria storica, il concetto di catalogazione concettuale e i recenti cambiamenti dovuti all’emergenza sanitaria hanno restituito al mio sguardo anche un nuovo capitolo legato a una ricerca, che porto avanti già da molti anni, sul quartiere in cui vivo a Bologna: un progetto che presto troverà la sua naturale evoluzione trasformandosi in un libro. Il principio di cambiamento, la dimensione inconscia dell’archivio, sono alcuni dei motivi di interesse che hanno dato inizio al progetto “Km 0”. Una ricerca che si è sviluppata negli anni attraverso l’osservazione attenta del mio quartiere – Porto – luogo particolare a metà strada fra un antico passato, legato all’identità fluviale di Bologna, e un presente che ne vede il continuo sviluppo culturale.
Angoli, edifici, personaggi, sono parte fondante della sua intera identità che appare ogni giorno in continuo e instancabile cambiamento, mutata da importanti interventi di riqualificazione che ne trasformano inevitabilmente il tessuto architettonico e sociale.
Per me è sempre stata istintiva la necessità di cogliere attimi irripetibili, situazioni che solo mediante la fotografia avranno la possibilità di lasciare traccia, o di scandire un percorso urbanistico e collettivo segnato dallo scorrere del tempo e dalla convivenza tra passato, presente e futuro. Ed è su questo che oggi si sofferma maggiormente il mio pensiero, mi chiedo cioè quali tracce lascerà la comparsa del virus, quali mutazioni produrrà, quale epocale cambiamento antropologico investirà le nostre esistenze.
Nella mia ininterrotta ricerca rivolta al quartiere ho voluto, ad un certo punto, coinvolgere una collega fotografa residente a Londra, proponendole una visione parallela dei nostri rispettivi ambiti di residenza, una sorta di dialogo visivo tra Bologna e Londra, attraverso la fotocamera dei nostri smartphones, proprio perché strumenti strettamente legati all’immediatezza e alla comunicazione.
Nel 2017 il progetto “Km 0 Bologna/Londra” è stato esposto a Benevento, inaugurando la stagione espositiva di ARCOS – Museo di Arte Contemporanea Sannio, e grazie alla visionarietà del direttore Ferdinando Creta e alla cura di Azzurra Immediato, è stata anche la prima mostra realizzata con smartphone ad approdare in una importante sede istituzionale pubblica.
Nel 2019 “Il canto della durata” fu il concetto sul quale Giuseppe Leone invitò alcuni artisti a riflettere all’interno di “VinArte”, rassegna artistica da lui ideata nella splendida cornice di Guardia Sanframondi (Bn) in cui, nella sezione di Fotografia curata da Azzurra Immediato, esposi un progetto a cui tengo particolarmente, “Tempus Spiritus”.
In esso ho scelto di indagare, con uno sguardo particolarmente intimo, gli spazi della Certosa Monumentale di Bologna, mantenendo un sottile confine tra esperienza esteriore e interiore e cogliendo, nell’inesorabile fluire del tempo, indefiniti segnali di precarietà: “Il ruolo di vita come ‘infinito apparato effimero’ ha generato nell’uomo la necessità di costruire architetture e simbologie atte a accogliere e trattenere ciò che passa, inafferrabilmente” si leggeva nel catalogo e, pensando alla parola “canto” accostata alla “durata” ho creato una narrazione in cui venisse rappresentato il tempo dello spirito, lì dove il corpo è trasmutato in altro eppure ancora si esprime tramite un melos (canto, appunto) inteso come litania, ponte tangibile verso l’inesplorato, il non detto, l’altrove.
Mai come ora il tempo dello spirito trova un collegamento con il tempo incerto della nostra esistenza, e credo che la fotografia oggi sia un importante mezzo di riflessione sempre più consapevole per analizzare e comprendere un presente in costante evoluzione.
Una ricerca a cui mi dedico già da molti anni è quella del progetto “Cattedrali Urbane”, in cui lo spazio della città esiste e funziona solo come metafora, perché in questo caso ciò che mi interessa è l’idea di poter utilizzare sempre la medesima struttura architettonica, come topos concettuale, ripetendola, adattandola, cercando in ogni singolo scatto emozioni diverse. Attraverso alterazioni e sperimentazioni cromatiche metto in risalto alcune domande personali relative al concetto di elemento spaziale creato per accogliere l’uomo, rivelando, attraverso la sua forma archetipa e il suo contenuto affettivo, anche ciò che non esiste, mettendo quindi in dubbio gli stessi ambienti e le stesse linee architettoniche iniziali. Ogni immagine che produco è diversa, unica; pur ripetendo il medesimo soggetto, a volte anche la medesima inquadratura, stravolgo l’idea di fotografia documentale concettuale, poiché questo vuole essere prima di tutto un racconto visivo che costringe, trasfigurandolo, a decifrare – attraverso un profondo coinvolgimento emotivo – il concetto stesso di “casa”, come forma originaria della memoria del luogo urbano. Sto lavorando alla realizzazione di un libro, un oggetto particolare, che presto verrà alla luce e che proprio nella “sospensione” di questo nostro tempo sta attingendo nutrimento nuovo.
Per il futuro ho in serbo altri progetti fotografici, alcuni si sono fermati momentaneamente a causa della pandemia e quindi si realizzeranno non appena sarà possibile. Da qualche tempo sto lavorando insieme ad Azzurra Immediato, curatrice, e ad altri colleghi fotografi ad un progetto editoriale di cui seguirò anche la progettazione grafica; per ora stiamo organizzando la parte creativa, ma spero che avremo occasione per parlarne molto presto.
Anna Rosati