Tra le numerose attività di questa Fase due che hanno potuto finalmente riaprire al pubblico ci sono anche i musei. Non tutti hanno potuto e/o voluto farlo dal primo giorno di via libera (lo scorso 18 maggio): le restrizioni e le nuove regole d’accesso impediscono un ritorno alla normalità. Ogni istituzione si è dovuta così adattare ai necessari parametri governativi per garantire una fruizione sicura dei propri spazi e delle proprie opere. Ma non è solo il distanziamento sociale la grande sfida dei nostri musei, molti altri aspetti dovranno essere ripensati, ricalibrati, cambiati. Ne abbiamo parlato con Maria Cristina Rodeschini, Direttrice dell’Accademia Carrara di Bergamo.
Com’è stato finalmente riaprire il museo al pubblico? Prime impressioni e feedback dalla ripartenza.
Prima di tutto una grande emozione, manifestata da tutti. Era triste vedere il cancello del museo chiuso. Mi chiedevano notizie con partecipata insistenza anche gli abitanti del quartiere. Una signora mi ha fermato per chiedermi: ‘Quando riaprite? Senza la Carrara mi sembra manchi qualcosa.’ Un messaggio semplice, ma di sentita appartenenza e un museo per essere vivo deve suscitare innanzitutto questo sentimento.
Come si può ripensare l’idea di accessibilità? Come cambierà il rapporto tra museo e fruitore? Come sono organizzate le “nuove” visite nel suo museo? Come saranno rimodulati gli spazi e il percorso espositivo?
L’epidemia ha effettivamente cambiato il rapporto con il pubblico: gli ingressi sono ora contingentati. Le 28 sale del museo che disegnano un ricco percorso dal Rinascimento all’800 – alcune sale, la maggior parte, sono di grandi/ medie dimensioni, ma altre di circa 15 metri quadrati – consentono una presenza contemporanea di una decina di visitatori al massimo, per scendere a due persone nelle sale più piccole riuscendo così a rispettare la distanza di sicurezza.
Tra i dispositivi adottati -mascherina, misurazione della temperatura, disinfettante per le mani- vi è anche un braccialetto da indossare, di cui viene fornito ogni visitatore, che segnala con una vibrazione la vicinanza di un’altra persona. Abbiamo ritenuto di adottarlo per alleggerire il visitatore dalla distrazione del controllo visivo di altre persone che indubbiamente avrebbe disturbato l’osservazione: l’atto del vedere un’opera d’arte ha bisogno di un tempo dedicato, di concentrazione, di attenzione.
Meno numeri, più valore. Meno quantità, più qualità. Radicalizzazione sul territorio e rapporto con la comunità di cui fanno parte. Come sarà il nuovo museo d’arte (sia in senso lato che in senso stretto della sua istituzione)?
Da questo punto di vista la visita al museo in un certo senso ha guadagnato. Inutile sottolineare che il calo dei visitatori non ci soddisfa, e d’altra parte un museo poco frequentato tradisce una delle sue funzioni primarie – far conoscere ad un vasto pubblico i beni culturali che conserva. Credo sia molto importante – oltre alla specificità della Carrara di essere il museo del collezionismo per eccellenza (non bisogna dimenticare che tutte le opere del museo sono state donate alla collettività da intenditori d’arte), che il museo si misuri continuamente con le presenze artistiche della città e dei suoi territori.
Bergamo ha anche una grande tradizione d’arte con magistrali artisti che hanno lasciato esempi interessantissimi tuttora situati nei luoghi per i quali sono stati creati – e dunque la Carrara è anche un museo di territorio in entusiasmante e inderogabile dialogo con esso. Per fare un esempio Lorenzo Lotto, che visse tredici anni a Bergamo, ha costellato la città di dipinti. Le grandi pale per le chiese costituiscono un itinerario in città di straordinario risalto, completato da spettacolari presenze nel territorio. Uno per tutti il ciclo di affreschi dell’Oratorio Suardi di Trescore Balneario, che merita di per se stesso un viaggio. La relazione muse- città-territorio genera un rapporto di dare/avere particolarmente ricco di benefici.
L’utilizzo della comunicazione digitale e della condivisione di progetti online è stato cruciale, ma è parso altresì evidente che la fruizione fisica delle opere, degli ambienti, delle architetture non è in alcun modo sostituibile. Come possono essere integrate al meglio questi due livelli in modo che le specificità del digitale siano sfruttate come una ulteriore proposta museale?
Il rapporto diretto con l’opera d’arte non è in discussione. Gli strumenti digitali sono stati di grande utilità e conforto a museo chiuso e comunque sono oggi imprescindibili per diffondere la conoscenza del museo e del patrimonio che conserva, per coinvolgere il pubblico soprattutto giovanile, particolarmente interessato e abituato all’uso dei social network.
Una conquista dalla quale è impossibile prescindere. La pandemia e il confinamento in casa ha spinto l’acceleratore su questo fronte. La Carrara aveva già molto investito in questa direzione e dunque ha potuto godere e gode di indubitabili vantaggi.
Il governo sembra un essersi un po’ dimenticato delle istituzioni e dei professionisti del mondo dell’arte nonché degli artisti. L’attenzione è sempre parsa più rivolta al mondo dello spettacolo. Ritiene che si sia fatto abbastanza per aiutare anche il complesso e variegato panorama museale e i relativi lavoratori? Dal suo punto di vista, di cosa ci sarebbe bisogno?
Devo dire che ho notato subito questa attenzione rivolta al mondo dello spettacolo, un ambito che oggettivamente ha molto seguito tra il pubblico. Ho ammirato la scesa in campo di attori e musicisti che hanno, con la loro notorietà, acceso con tempestività l’attenzione sull’argomento. I musei avrebbero potuto mobilitare a loro favore dei testimonial popolari, non mi sembra sia ancora accaduto con una certa forza. Le migliaia di musei italiani, piccoli, medi e grandi, i luoghi monumentali, sono una risorsa estremamente importante per il turismo e dunque non sono da sottovalutare.
Credo che una campagna nazionale e internazionale di comunicazione sia fondamentale e dovrebbe essere lanciata dal governo. Il sostegno economico, anche a fondo perduto, per i progetti espositivi colpiti dall’epidemia che ha gravemente danneggiato realtà medie come la nostra, dovrebbe trovare una speciale attenzione da parte dello Stato. Nostro compito sarà quello di cercare anche risorse aggiuntive in ambito privato.