Il 3 giugno del 1970 si spegneva a Firenze Roberto Longhi, storico dell’arte, critico d’arte e accademico. Tra i suoi meriti, l’aver cambiato radicalmente il modo di vedere il Rinascimento, la rilettura di Giotto e Masaccio, la riscoperta di Piero della Francesca e la rivalutazione internazionale del Caravaggio. Nel 2008, lo storico dell’arte Enrico Castelnuovo lo ricordava così.
Nato ad Alba nel 1890, da una famiglia della piccola borghesia emiliana, Roberto Longhi fu uno degli storici dell’arte più innovativi e originali del Novecento. Conseguita la maturità classica, si iscrisse all’Università di Torino, dove si laureò con Pietro Toesca nel 1911, discutendo una tesi sul Caravaggio. Poco dopo si diplomò a Roma presso la locale Scuola di Perfezionamento in Storia dell’Arte sotto la guida di Adolfo Venturi, con cui collaborò alla rivista L’Arte.
Nel 1912 fu traduttore italiano dell’Italian Painters of the Renaissance di Bernard Berenson, dopodiché collaborò con diverse testate specializzate in qualità di commediografo, tra cui la Voce di Giuseppe Prezzolini. A Bologna fu docente di Storia dell’Arte, dove insegnò, tra gli altri, a Pier Paolo Pasolini. In seguito fu anche professore a Firenze, dove guidò la formazione di Enrico Castelnuovo, storico dell’arte scomparso nel 2014.