Uno spazio angusto, qualche rivista banale, un telefono cellulare e del cibo (spesso non proprio invitante). Nina Katchadourian, artista interdisciplinare americana, si è sbizzarrita con poco per ingannare l’attesa durante i voli aerei. E le opere d’arte che ne sono generate l’hanno resa molto popolare. La sua storia nella web serie di Arte in italiano Ginnastica culturale.
Quanto tempo perdiamo per volare da un luogo a un altro? C’è chi, per ingannare l’attesa, legge un libro, chi preferisce giocare a candycrush, chi si addormenta durante il decollo e si risveglia all’atterraggio. L’artista americana Nina Katchadourian, che non sopporta stare lontana dal suo studio troppo a lungo, ha scelto di mettere a frutto i tempi morti per produrre arte dal nulla (o quasi). A 10mila metri di altitudine, stretta nello spazio angusto di un sedile aereo, o in piedi nel WC, unico luogo che garantisce un minimo di privacy, ha creato opere semplici ma d’impatto. Mischiando e giocando con i pochi elementi a disposizione, dal cuscinetto per dormire alla carta igienica, ha dato vita a immagini ironiche, immortalate con il cellulare. Segno che una mente creativa ha bisogno di poco o niente per fare arte. Tra tutto, quello che l’ha resa popolare sono i Lavatory Self-Portraits in the Flemish Style, una serie di autoritratti scattati nei bagni che richiamo la pittura fiamminga, antesignani della sfida lanciata dal Getty durante il lockdown.
Nina Katchadourian è nata nel 1968 a Stanford in California, da padre armeno e madre finlandese. Artista interdisciplinare, la sua pratica spazia dal video alla performance, passando per la scultura, il suono, la fotografia e progetti di arte pubblica. In generale, ogni sua opera è intrisa di una buona dose di umorismo: l’artista scardina in maniera acuta e ironica i processi naturali per ribaltare la prospettiva dell’osservatore. Nel corso della sua carriera ha esposto in musei e istituzioni in giro per il mondo, dalla Serpentine Gallery al Palais de Tokyo, dall’ Istanbul Museum of Modern Art al MoMA PS1. Con l’opera Accent Elimination, inclusa nel Padiglione dell’Armenia alla Biennale di Venezia nel 2015, ha vinto il Leone d’oro al miglior partecipante.