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Achille Bonito Oliva. Da ABO a BOA: se un grande dell’arte ha fatto il suo tempo

É ora di dargli un giro ad Abo: e sia Boa. Si può nuotare nell’attuale Sistema Arte senza aggrapparsi alla Boa? Su questo annoso argomento Ernesto Jannini – interessante artista dalle radici Dada – interviene nel dibattito aperto da ArtsLife, formulando assai giuste argomentazioni, ma affermando il timore di  venire equivocato. Ma da chi, poi? Non si preoccupi il trasparente Jannini: il Serpente Boa le critiche più feroci le inghiotte tutte intere, in quanto indispensabile nutrimento del suo continuo recitativo di scrivente a ruota libera.

Ernesto Jannini osserva tra l’altro che Boa trascina con sé il germe della “semplificazione” riducendo la complessità del reale artistico (…) in un “recinto” coincidente con il sistema/mercato” mentre in realtà si tratta di “un groviglio a cui accostarsi con più umiltà e onestà intellettuale”. Dunque ho pochissimo da aggiungere alle parole di Jannini. Ma mi tolgo uno sfizio.

Da una parte guardo tre immagini che ritraggono Boa nelle sue migliori incarnazioni. Dall’altra ho recuperato un’immagine fotografica datata 1964, che rappresenta una cena tra intellettuali italiani e francesi. La didascalia li cita tutti: sono mediamente dei quarantenni ben consapevoli che la loro libertà creativa – musica, letteratura, e filosofia – vada difesa senza compromessi. Il convivio del 1964 celebrava a Venezia la prima mondiale della Fabbrica illuminata di Luigi Nono, eseguita al teatro della Fenice – un’opera per soprano e nastro magnetico a quattro piste su testi di Giuliano Scabia e Cesare PaveseDue poesie a T. del 1946, pubblicate dall’Einaudi.

Venezia, 15 settembre 1964, dopo la prima esecuzione de La Fabbrica Illuminata (Da sinistra: Nuria Schoenbeg, Italo Calvino, Luigi Nono, Giuliano Scabia, Luigi Pestalozza, Cichita Calvino, Martine Cadieu, Jean Paul Sartre, Rossana Rossanda, Massimo Mila) © Fondazione Archivio Luigi Nono Onlus
Venezia, 15 settembre 1964, dopo la prima esecuzione de La Fabbrica, Illuminata (Da sinistra: Nuria Schoenbeg, Italo Calvino, Luigi Nono, Giuliano Scabia, Luigi Pestalozza, Cichita Calvino, Martine Cadieu, Jean Paul Sartre, Rossana Rossanda, Massimo Mila) © Fondazione Archivio Luigi Nono Onlus

Da qui anche la presenza di Italo Calvino, direttore editoriale della casa editrice torinese. Si trattava di un brano scenico commissionato dalla RAI per il concerto inaugurale del Premio Italia, che denunciava la pesantissima situazione dai lavoratori dell’Italsider di Cornigliano. Sul luogo erano stati mandati tecnici che avevano registrato la tortura dei suoni assordanti. Nono e Scabia aveva raccolto e registrato le voci e le parole degli operai. Infine, nello Studio di Fonologia della Rai di Milano, il compositore aveva aggiunto al materiale raccolto ed elaborato elettronicamente alcune atonalità canore affidate al mezzosoprano Carla Henius. In quel momento così fertile e pieno di presagi felici e anche funesti, a nessuno sarebbe mai venuto in mente di dire che l’Arte è morta.

Le immagini che invece ritraggono Boa non sono neppure confrontabili. Nel suo universo parallelo – ma pieno di denaro – gigioneggia in modo del tutto autoreferenziale. Tenta sempre e ancora di uccidere l’Arte. Non essere d’accordo con lui è per me un vanto. È un atto di amore per la vita. Un omaggio a tutti coloro che, con tutti i mezzi possibili, si affidano alla creatività e all’inventiva. L’Albero della Conoscenza è ancora lì per noi peccatori impenitenti, che del Serpente Boa se ne infischiano allegramente.

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