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La rivoluzione di Caravaggio. A Roma la collezione Longhi IMMAGINI IN ANTEPRIMA

Il tempo di Caravaggio. Allestimento della mostra Il tempo di Caravaggio. Allestimento della mostra. Courtesy Zètema Progetto Cultura
Il tempo di Caravaggio. Allestimento della mostra
Il tempo di Caravaggio. Allestimento della mostra – Courtesy Zètema Progetto Cultura

Doveva essere inaugurata a marzo, invece la mostra “Il tempo di Caravaggio. Capolavori della collezione di Roberto Longhi” – che sarà itinerante dopo la tappa romana – apre oggi nel migliore dei modi la stagione espositiva post lockdown della Capitale ai Musei Capitolini. Immagini in anteprima

Il legame con Roma

Non poteva che esordire a Roma la mostra “Il tempo di Caravaggio” dedicata al cinquantenario della scomparsa di Roberto Longhi (Alba 1890 – Firenze 1970), con una preziosa esposizione del nucleo più significativo della sua collezione.

È proprio a Roma infatti che ha inizio la vicenda di quello che poi diventerà il più importante storico dell’arte italiano del suo secolo, forse il più grande in assoluto nel nostro paese. Sicuramente il più innovativo, capace di rompere idee preconcette al pari di quel Caravaggio che sarà una figura  fondamentale della sua intensa ricerca critica.

Non è l’unico elemento che accomuna i due. Anche la vita brulicante di opportunità della Città Eterna – quella dello splendore della Roma di Caravaggio e dei “caffè intellettuali” del Novecento di Longhi – rappresenterà infatti uno stimolo fondamentale per le rispettive carriere, dove il genio si intravede già in giovanissima età.

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La rivoluzione di Caravaggio (e di Roberto Longhi).

Ha solo 21 anni Roberto Longhi, infatti, quando il 28 dicembre del 1911 discute all’Università di Torino la sua pionieristica tesi di laurea dedicata proprio a Caravaggio. Per capire la portata innovativa del giovane Longhi, è sufficiente ricordare che a quel tempo, come lui stesso ha poi ricordato, il Merisi era “uno dei pittori meno conosciuti della storia dell’arte“.

È di soli tre anni dopo la precisa teorizzazione di quella rivoluzione luministica che rappresenta “la fondazione essenziale su cui imposta la tradizione di nuova plasticità ottenuta in materia pittorica e coll’ausilio della luce“.

Carlo Saraceni Giuditta con la testa di Oloferne 1618 circa Olio su tela, 95,8 x 77,3 cm Firenze, Fondazione di Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi
Carlo Saraceni, Giuditta con la testa di Oloferne, 1618 circa, Olio su tela, 95,8 x 77,3 cm, Firenze, Fondazione di Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi

Tuttavia, è nella grande mostra di Palazzo Reale di Milano del 1951 che il grande critico d’arte consegna definitivamente alla storia dell’arte la figura immortale e per certi versi mitica di Caravaggio, dopo centinaia di anni di oblio seguito a quella rivoluzione che invece aveva caratterizzato tutto il Seicento. Roberto Longhi definisce con forza Caravaggio come il primo pittore dell’età moderna, e non di certo “l’ultimo dei classici rinascimentali”, come intendeva la lettura accademica dominante.

Una mostra passata alla storia non solo per un’affluenza di pubblico impensabile per quei tempi – 500.000 visitatori – ma anche per un colpo da maestro quasi teatrale del critico d’arte, che rivolgendosi direttamente al pubblico delegittimò quella tradizione che interpretava le opere di Caravaggio basandosi sul suo carattere turbolento, per usare un eufemismo. No, non era questa la chiave di lettura secondo Longhi. Il chiaroscuro non era metafora del suo essere inquieto.

Quella pittura diretta, non mediata stilisticamente, non era altro che la drammatica teatralità della vita. Quella vera. Non quella dei santi che si innalzano trionfanti su soffici nuvole nel cielo turchino ma di “gente all’osteria, giocatori d’azzardo, zingare che ti leggon la mano“.

Temi alti non mancano di certo nella produzione pittorica di Michelangelo Merisi – anzi, alcuni dei più grandi capolavori sono proprio in tema religioso – ma i santi e le madonne del Caravaggio sono vecchi stanchi e donne del popolo, sono di anima e carne.

E poi musici, fiori e frutta, perché tra le innovazioni di Caravaggio va annoverata anche la prima rappresentazione “alta” di soggetti fino a quel momento ritenuti solo decorativi. Nasce infatti con Caravaggio (anche) il genere della natura morta o “Still Life”. E nel “Ragazzo morso da un ramarro”, presente in mostra, non si può che notare come la meticolosa cura dei dettagli della natura morta – la caraffa trasparente e i fiori- la renda soggetto e non semplice oggetto dell’intera composizione.

A dir poco da brividi la descrizione di Caravaggio che Longhi propone ai visitatori della mostra del 1951:

“Il Caravaggio, in luogo dell’ultimo pittore del Rinascimento, sarà piuttosto il primo dell’età moderna: conclusione che ad alcuni potrà sembrare ovvia, ma non sarà sentita a fondo finché non s’intenda il peso delle sue implicazioni mentali e di costume che, proprio perché riguardano un’età sempre aperta e in crescenza, suonano intensamente attuali. Il pubblico cerchi dunque di leggere “naturalmente” un pittore che ha cercato di essere “naturale”, comprensibile; umano più che umanistico; in una parola, popolare”

Il tempo di Caravaggio. Allestimento della mostra. Courtesy Zètema Progetto Cultura

Il tempo di Caravaggio. Allestimento della mostra. Courtesy Zètema Progetto Cultura

I caravaggeschi

Non solo Caravaggio. Occupano una parte fondamentale dei suoi studi anche quelli che per comodità definiamo “Caravaggeschi”, ossia quegli artisti – alcuni di primissimo piano, altri meno noti al grande pubblico – che subirono la fascinazione della rivoluzione figurativa dell’artista lombardo. In realtà non si può parlare di una vera e propria scuola, quanto di “una cerchia”.

Filippo di Liagno, detto Filippo Napoletano Bivacco notturno al chiaro di luna 1614-1617 circa Olio su lavagna, cm 24,5 x 33 Firenze, Fondazione di Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi
Filippo di Liagno, detto Filippo Napoletano, Bivacco notturno al chiaro di luna, 1614-1617 circa, Olio su lavagna, cm 24,5 x 33, Firenze, Fondazione di Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi

Ognuno infatti prenderà una sua strada, ed è proprio questo uno dei temi portanti della mostra che non solo pone in evidenza il Longhi collezionista ma anche le diverse strade intraprese dai vari artisti per i quali Caravaggio ha rappresentato soprattutto un nuovo sguardo: “suggerì un atteggiamento, provocò un consenso in altri spiriti liberi, non definì una poetica di regola fissa; e insomma, come non aveva avuto maestri, non ebbe scolari”.

Il percorso espositivo

E proprio questa citazione di Roberto Longhi il leitmotiv di questo viaggio fluido nelle varie componenti della rivoluzione caravaggesca che investì tutta l’Europa. L’esposizione evidenzia anche gli artisti e non solo le opere.

Aprono questo viaggio quattro tavolette di Lorenzo Lotto e due dipinti di Battista del Moro e Bartolomeo Passarotti che stanno a rappresentare l’humus culturale del manierismo lombardo e veneto nel quale si formò il giovane Merisi.

Il tempo di Caravaggio. Allestimento della mostra. Courtesy Zètema Progetto Cultura
Il tempo di Caravaggio. Allestimento della mostra. Courtesy Zètema Progetto Cultura

Al centro del progetto espositivo, trionfa la conturbante teatralità del “Ragazzo morso da un ramarro” (1596-1597) di Caravaggio. Acquistato da Longhi alla fine degli anni Venti. Nella sala introduttiva dedicata alla figura del critico intellettuale e della Fondazione da lui istituita a favore dei giovani talenti, troverete un disegno a carboncino della sola figura del ragazzo, tratto dallo stesso Longhi.

Come spiega la nota curatoriale, “si tratta di un d’après, dal foglio a grandezza quasi naturale, che non solo dimostra l’abilità di disegnatore dello storico dell’arte, ma che soprattutto ne attesta la perfetta comprensione dell’organizzazione luminosa del dipinto che aveva davanti agli occhi”.

Il tempo di Caravaggio. Allestimento della mostra. Courtesy Zètema Progetto Cultura
Il tempo di Caravaggio. Allestimento della mostra – Courtesy Zètema Progetto Cultura

Seguono i capolavori dei cosiddetti pittori caravaggeschi. Si spazia dalle attribuzioni incerte ai grandi nomi come Jusepe de RiberaBattistello Caracciolo, Mattia Preti, Giacinto Brandi, Gerrit van Honthorst, Dirck van BaburenMatthias Stom solo per citare quelli più conosciuti dal grande pubblico.

Matthias Stom (Stomer) Annuncio della nascita di Sansone a Manoach e alla moglie 1630-1632 circa Olio su tela, cm. 99 x 124,8 Firenze, Fondazione di Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi
Matthias Stom (Stomer), Annuncio della nascita di Sansone a Manoach e alla moglie, 1630-1632 circa, Olio su tela, cm. 99 x 124,8, Firenze, Fondazione di Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi

Tra le opere spicca “La Negazione di Pietro”, di Valentin de Boulogne, recentemente esposto al Metropolitan di New York e al Louvre di Parigi. Che riprende l’essenza compositiva della Vocazione di San Matteo di Caravaggio, che ancora oggi richiama migliaia di visitatori nella chiesa di San Luigi dei Francesi a Roma. Longhi considerava l’artista, quello che più di ogni altro aveva dato impulso al cosiddetto “caravaggismo” in Europa. Del pittore amava in particolare “i suoi bruni screpolati sui margini delle cose, fra le strappate dei rossi e degli azzurri; e con la sua torbida tristezza“.

Valentin de Boulogne Negazione di Pietro 1615-1617 circa Olio su tela, cm. 171,5 x 241 cm Firenze, Fondazione di Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi
Valentin de Boulogne, Negazione di Pietro, 1615-1617 circa, Olio su tela, cm. 171,5 x 241 cm, Firenze, Fondazione di Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi

L’allestimento è puntellato di un apparato didascalico molto dettagliato. Non poteva essere altrimenti, per una mostra che vuole essere fruibile per il grande pubblico ma che mantiene anche un certo rigore scientifico. Le opere che troverete in allestimento, infatti,  sono state acquistate dal critico come una sorta di rappresentazione tangibile dei suoi studi. Per questo motivo accanto ad ogni opera troverete non solo precisi riferimenti biografici degli artisti ma anche delle stesse opere d’arte. E non mancheranno ovviamente, le preziose citazioni di Roberto Longhi a contestualizzare il tutto. La particolare illuminazione delle opere enfatizza i chiaroscuri esaltandone la drammatica teatralità.

Jusepe de Ribera San Tommaso 1612 circa Olio su tela, cm. 126 x 97 Firenze, Fondazione di Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi
Jusepe de Ribera, San Tommaso, 1612 circa, Olio su tela, cm. 126 x 97, Firenze, Fondazione di Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi

Impossibile descriverle tutte. Tra le tante segnaliamo le tele raffiguranti gli Apostoli del giovane Jusepe de Ribera e la Deposizione di Cristo di Battistello Caracciolo. Ma anche i scenografici chiaroscuri degli artisti fiamminghi e olandesi.

Giovan Battista Caracciolo, detto Battistello Cristo morto trasportato al sepolcro Primo quarto del XVII secolo Olio su tela, cm. 128 x 164 Firenze, Fondazione di Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi
Giovan Battista Caracciolo, detto Battistello, Cristo morto trasportato al sepolcro, Primo quarto del XVII secolo, Olio su tela, cm. 128 x 164, Firenze, Fondazione di Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi

A chiudere una mostra raffinata e coinvolgente, due capolavori di Mattia Preti  e due bellissime tele di Giacinto Brandi.

Mattia Preti Susanna e i vecchioni 1656-1659 circa Olio su tela, cm. 120 x 170 Firenze, Fondazione di Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi
Mattia Preti, Susanna e i vecchioni, 1656-1659 circa, Olio su tela, cm. 120 x 170, Firenze, Fondazione di Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi

La mostra, allestita fino al 13 settembre 2020, è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e dalla Fondazione Longhi. È curata da Maria Cristina Bandera, Direttore scientifico della Fondazione, organizzata da Civita, mentre il catalogo è di Marsilio Editori.

I commenti

Presenti alla conferenza stampa della mostra anche la Sindaca Virginia Raggi, il Vice Sindaco Luca Bergamo, la Sovrintendente Capitolina Maria Vittoria Marini Clarelli, laPresidente della Commissione Cultura Eleonora Guadagno e il  Presidente di Civita Mostre Alberto Rossetti. Oltre, ovviamente, a Maria Cristina Bandera – Direttore scientifico della Fondazione Longhi – e a tutto lo staff che ha curato la mostra, tra i quali ricordiamo Claudio Parisi Presicce.

La Sindaca di Roma non ha nascosto la sua emozione per l’apertura della stagione espositiva post-lockdown:

“Permettetemi di essere molto felice di poter inaugurare oggi una nuova stagione di mostre. Dopo questo duro periodo di lockdown si ricomincia in maniera importante con una mostra dedicata a Caravaggio e ai caravaggeschi. Il periodo del lockdown è stato duro ma con orgoglio devo dire che Roma Capitale ha cercato di offrire ai cittadini una sorta di continuità con i suoi  palinsesti digitali, un’offerta molto gradita tanto che dall’ 11 marzo abbiamo registrato oltre 50 milioni di visualizzazioni. Questo ci fa capire come la cultura sia un asse portante della della nostra città della nostra vita, quindi riaprire oggi con una mostra così importante per noi è sicuramente un segno distintivo del quale siamo orgogliosi”

Le fa eco la Sovrintendente Capitolina Maria Vittoria Marini Clarelli che ha sottolineato il legame tra il critico d’arte e e Roma:

“A 50 anni dalla scomparsa celebriamo con una mostra che è anche molto romana. Il rapporto di Roberto Longhi con Roma è stato intenso e anche molto complesso, finito con una grande delusione per la mancata cattedra all’università La Sapienza ma iniziata con un grande amore che era appunto Caravaggio. In breve tempo diventa uno dei protagonisti della vita culturale della città. E anche quando insegnerà a Firenze,   continuerà ad avere questi rapporti con Roma che la mostra evidenzia”.

Anche la curatrice Maria Cristina Bandera esordisce ponendo l’accento sul fil rouge che lega la città non solo a Caravaggio ma anche a Roberto Longhi:

È molto importante che questa esposizione si svolga a Roma definita da Longhi ‘mirabile teatro’  quindi non ci poteva essere una città più idonea per presentare questa mostra così come non ci poteva essere- usando la stessa metafora- palcoscenico più idoneo dei Musei Capitolini. Questa esposizione raccoglie una selezione di opere della Fondazione Longhi ‘raccolte e non collezionate’  -come precisava lo stesso critico- come riflesso dei suoi interessi e dei suoi studi”

Caravaggio e i caravaggeschi
Angelo Caroselli, Allegoria della vanità, 1620 circa, Olio su tavola, 66 x 61 cm, Firenze, Fondazione di Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi

Informazioni

Il tempo di Caravaggio. Capolavori della collezione di Roberto Longhi

Musei Capitolini – Palazzo Caffarelli

Dal 16 giugno 2020 al 13 settembre 2020

Tutti i giorni ore 9.30 – 19.30 (la biglietteria chiude un’ora prima).

Biglietto “integrato” Mostra + Musei Capitolini per i non residenti a Roma:

€ 15,00 biglietto integrato intero; € 13,00 biglietto integrato ridotto.

Biglietto “integrato” Mostra + Musei Capitolini per i residenti a Roma

€ 14,00 biglietto integrato intero; € 12,00 biglietto integrato ridotto.

Ingresso gratuito per i possessori della “MIC Card” previa prenotazione obbligatoria e gratuita al numero 060608

Preacquisto MIC card online.

Regole da seguire per una visita in sicurezza:

  • L’ingresso prevede la prenotazione obbligatoria con il preacquisto del biglietto sul sito www.museiincomuneroma.it ed è gratuito per i possessori della MIC card, previa prenotazione obbligatoria e gratuita allo 060608.
  • Attesa del proprio turno a distanza di sicurezza (almeno 1 mt).
  • Misurazione temperatura con termoscanner (non è possibile accedere con temperatura uguale o superiore a 37.5).
  • Esibire il biglietto digitale o la stampa cartacea del print@Home senza passare dalla biglietteria
  • È obbligatorio l’uso della mascherina. Vietati gli assembramenti. Distanza di sicurezza (almeno 1 mt), ad eccezione delle famiglie. È disponibile il gel per mani/guanti. Ingresso ai wc contingentato. Si prega di seguire la segnaletica.

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