L’avevamo scritto oramai quasi due mesi fa. Non per visioni mistiche o premonizioni celesti, e neanche perché siamo intelligenti, ma solo e soltanto in funzione di uno stupido e semplice ragionamento logico di buon senso. Qualcosa si è avverato d’allora, Basilea saltata, Biennale saltata, Mia Photo saltata, Biennale di Parigi saltata, Expo Chicago bye bye, Sidney Contemporary bye bye, e così via. Salta di qua, salta di là… non rimane che… miart, la nostra cara fiera di moderno e contemporaneo situata nei padiglioni dell’ex Fiera Milano, quindi accanto al famigerato Ospedale Covid “in fiera”, che stoica e solitaria persegue il suo obiettivo con date confermatissime: 11-13 settembre 2020, preview il 10. Praticamente, l’unica fiera nel panorama mondiale da qua a ottobre, almeno per ora.
Ora, ci chiediamo, e ogni giorno che passa restiamo sempre più basiti, quanto ancora questo agonizzante temporeggiare sul fiera sì, fiera no, fiera come, fiera perché, da parte degli organizzatori debba continuare testardamente. Si prenda atto dello stato delle cose (realtà che è sotto gli occhi di tutti) e si chiarisca molto serenamente (e seriamente) come si intenda procedere, ascoltando gli unici veri protagonisti di ogni manifestazione fieristica: le gallerie. Che con lettere, interviste, commenti, dichiarazioni, continuano a chiedere a gran voce e in maniera trasversale (almeno le decine che abbiamo sentito noi) di agire secondo la logica più ovvia, più basica, più coscienziosa: POSTICIPARE AL 2021. Cosa diamine ci vuole? Quanto tempo si dovrà ancora aspettare? Qualcuno ha ascoltato in rete le conferenze di Art Basel, le dichiarazioni di Dominique Lévy, le anche noiose ma proficue tavole rotonde (virtuali) di galleristi e professionisti internazionali del settore?
Non ci si può nascondere (siamo a fine giugno) dietro l’attesa della venuta del nuovo Amministratore Delegato di Fiera Milano Spa. Per rispetto di chi lavora e porta avanti la baracca, i galleristi in primis nel caso di una fiera. Che dovranno organizzare e (ri)considerare ogni eventuale risposta e proposta in un breve lasso di tempo, considerando la presenza di mesi come luglio e agosto di mezzo. Abbiamo scritto e riscritto le motivazioni di tale (legittima) richiesta: svariate incognite (se qualcuno si ammala e denuncia?), chiusura frontiere, azzardo di investimenti, rischio flop, cautela, problematiche con spostamenti e movimentazioni internazionali, semplice e legittima paura, incertezza diffusa, e via dicendo (cose ripetute milioni di volte in questi mesi che non stiamo a elencare tutte ancora una volta…). Quindi, la soluzione sarebbe una “fiera locale”, nazionale, con qualche sprazzo (forse) di Europa. Ma ripetiamo, ne vale la pena? Vale la pena scommettere su tutto questo a inizio settembre? Ascoltate chi ha quotidianamente il polso del mercato, galleristi, advisor, collezionisti, addetti e compagnia. Cosa dicono loro? Due delle “considerazioni” più condivise dagli appena citati recitano: “Si rischia di sputtanare anni di lavoro” e “Danno di immagine di una fiera in netta crescita”.
Quindi?